Fisco e contabilità

Debito pubblico, 194 miliardi in più nel 2020

La nota di aggiornamento al Def che ieri ha passato l’esame finale in consiglio dei ministri per l’invio in Parlamento misura i colpi portati dal Covid all’economia e alla finanza pubblica

di Marco Rogari e Gianni Trovati

Quest’anno si chiuderà con un debito pubblico superiore di 193,6 miliardi rispetto alla fine del 2019. All’accoppiata di manovra e Recovery Plan toccherà il compito di avviare la discesa già dal 2021, con una spinta che nei primi mesi sarà integralmente a carico della legge di bilancio italiana. Perché i fondi europei cominceranno a farsi sentire non prima di metà anno.

La Nota di aggiornamento al Def che ieri ha passato l’esame finale in consiglio dei ministri per l’invio in Parlamento misura i colpi portati dal Covid all’economia e alla finanza pubblica. E dettaglia i programmi del governo per ripartire. La spinta iniziale per la ripresa toccherà in gran parte alla manovra, che sarà però concentrata sul rifinanziamento di misure già in vigore (ammortizzatori sociali, riservati ai settori più in crisi, bonus 100 euro, decontribuzione al Sud) oltre che sul rilancio di Impresa 4.0; il Recovery Plan arriverà dopo, e diventerà protagonista dal 2022 quando si sobbarcherà la quota principale dell’espansione affidata alla politica economica.

Il programma è ambizioso, affidato com’è all’obiettivo di circa 45 miliardi di crescita extra nei prossimi tre anni (Sole 24 Ore di venerdì) alimentata anche da un rilancio degli investimenti privati che secondo il quadro macroeconomico programmatico salirebbero del 27% nei prossimi tre anni. Programma ambizioso ma appeso alle incognite crescenti prodotte dalla curva del Covid. Come il Def di aprile, anche la Nota di aggiornamento prova a misurarle costruendo in parallelo al programma ufficiale uno «scenario avverso» caratterizzato da una forte seconda ondata della pandemia. E in questo caso sarebbero dolori, con un Pil al -10,5% quest’anno (contro il -9% della previsione di base) e all’1,8% il prossimo (cioè 3,3 punti sotto il 5,1% del tendenziale ufficiale). In pratica, il rimbalzo sarebbe rimandato di un anno, così come l’inizio della discesa del maxi-debito, e il ritorno del Pil ai livelli pre-Covid arriverebbe a fine 2023.

Lo scenario di base è invece costruito sull’ipotesi di una curva epidemica che resta sotto controllo e di una distribuzione dei vaccini dal primo trimestre 2021, che a metà anno permetterebbe al governo «di allentare la gran parte, se non tutte, le misure restrittive» (pagina 5 del capitolo I della Nadef). E conferma invece l’obiettivo, indicato nelle settimane scorse dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, di chiudere entro il 2022 le voragini aperte dalla pandemia nella produzione di ricchezza.

Il colpo di reni è indispensabile per cominciare a curare in fretta le ferite prodotte dal virus. Che in termini di finanza pubblica si traducono in un peggioramento di 151,3 miliardi del saldo primario rispetto al 2019 (da +1,8% del Pil a -7,3%), determinato da una caduta delle entrate (quelle tributarie si fermano 41,7 miliardi sotto i livelli dell’anno scorso, con una flessione dell’8%) e da un’impennata della spesa (95,1 miliardi in più al netto degli interessi; +11,7%) per gli ammortizzatori sociali e le altre misure anticrisi.

La sua corsa è destinata a ripetersi in parte anche l’anno prossimo per finanziare le spese della manovra coperte in larga parte dai 22,6 miliardi di extradeficit messi in programma. La Nadef affida sei dei nove decimali di crescita aggiuntiva (circa 10 miliardi su 15) previsti per l’anno prossimo alla legge di bilancio: che accanto ai 3,5 miliardi per le «politiche invariate» (missioni di pace e rifinanziamento di fondi) si concentrerà prima di tutto su nuove misure di sostegno all’occupazione e ai redditi, a partire dalla Cig anche se in versione più selettiva, e sulla conferma del bonus 100 euro partito a luglio e dello sconto contributivo del 30% al Sud avviato a ottobre.

Gli altri interventi incroceranno il Recovery Fund, che però avrà tempi più lunghi ed è atteso nel ruolo di protagonista della crescita solo dal 2023 (con 8 decimali di Pil aggiuntivo dopo i 4 attribuitigli nel 2022). La sua partenza effettiva, incognite negoziali europee permettendo, è prevista intorno a metà anno, per cui la manovra dovrà anticipare alcuni interventi: dal rilancio di Industria 4.0 alla nuova spinta per gli investimenti pubblici e privati.

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