Urbanistica

Autostrade, gli aumenti dei pedaggi copriranno il buco sulle manutenzioni

Le manutenzioni necessarie di Aspi costano 20 miliardi in base a quanto stimato da tecnici qualificati che conoscono la rete

di Maurizio Caprino

Chi pagherà per coprire il buco da 40 miliardi che le carenze manutentive hanno lasciato nelle autostrade italiane a pedaggio? Non è chiaro. Non si sa nemmeno se la cifra sarà confermata quando si completeranno le ispezioni approfondite. Ma tutto lascia supporre che buona parte del conto sarà a carico degli utenti. Con buona pace degli annunci della politica che, dopo il crollo del Ponte Morandi, parlava di tagliare sia i profitti dei gestori sia le tariffe. Un nuovo sistema tariffario c’è. Ma, di fronte al degrado e all’assenza di controlli dello Stato, rischia di essere poco incisivo.

Lo si vede nel caso che in questi mesi è sotto i riflettori: quello di Autostrade per l’Italia (Aspi), che gestisce metà della rete - quindi necessita di circa 20 miliardi - ed è al centro della trattativa per l’uscita dei Benetton, cui dovrebbe subentrare per conto dello Stato la Cassa depositi e prestiti (Cdp), affiancata da investitori anche esteri. Ma dubbi nascono anche sul rinnovo della concessione di Astm (gruppo Gavio) per i suoi tratti di A10, A11 e A12, ufficializzato dal ministero delle Infrastrutture (Mit) il 19 novembre.

Il Piano economico finanziario di Aspi

Il 14 ottobre, l’Autorità di regolazione dei trasporti ha dato il suo parere sul Piano economico finanziario (Pef), ad oggi non ancora approvato dal Mit. Da allora è pubblico il «sì» al principio secondo cui anche parte della manutenzione, invece di essere a carico del gestore (incentivandolo a tagliarla, come emerge pure dalle indagini giudiziarie), è remunerata in tariffa. Si tratta della cosiddetta manutenzione evolutiva, che apporta vere e proprie migliorie alle opere a differenza di quella “pura” che si occupa di operazioni ricorrenti come ripristini superficiali e puliture.

Nella manutenzione evolutiva rientrano i lavori per mettere in sicurezza viadotti e gallerie, come richiesto dai nuovi standard Mit. Ma questi ultimi nascono soprattutto per rimediare a cinquant’anni di inerzia del ministero stesso che ha così contribuito al degrado attuale. In pratica rischia di passare per migliorativo anche ciò che è solo recupero di omissioni e quindi sarebbe giusto mettere a carico del gestore invece che degli utenti con rincari dei pedaggi.

Le manutenzioni necessarie di Aspi costano, come detto, 20 miliardi, in base a quanto stimato da tecnici qualificati che conoscono la rete. Aspi propone solo 7 miliardi di qui alla fine concessione nel 2038. Per arrivare ai 20 si dovrebbe perciò attingere ai 3,4 miliardi offerti in “compensazioni” (di fatto dei risarcimenti) da Atlantia, la capogruppo di Aspi di cui i Benetton hanno il 30%, nella trattativa per l’uscita di scena della famiglia. In contemporanea si dovrebbe utilizzare una parte dei 14 miliardi previsti nel Pef come investimenti. Solo che la manutenzione evolutiva (assimilabile agli investimenti) deve spartirsi la cifra con le nuove opere, come Gronda di Genova e quarte corsie.

Difficile dunque quantificare ora la parte di fabbisogno che resta scoperta: dipenderà anche dai futuri controlli su tutta la rete con le nuove metodologie. Man mano si concorderà con il Mit quali lavori saranno da fare. E solo allora si deciderà come coprirli. Visto che al controllo di Aspi dovrebbero subentrare con Cdp investitori privati esteri (Blackstone e Macquarie), andrà loro garantito un profitto soddisfacente. Così si dovrà decidere quanto gravare sui pedaggi, e quindi sugli utenti, e quanto coprire con fondi dello Stato, pesando peraltro su tutti i contribuenti, magari motivando la scelta con la ricostruzione totale di varie opere obsolete.

La concessione di Astm

Se nel caso Aspi si è molto polemizzato sui rincari tariffari annui previsti dal nuovo Pef (1,75%, che ora si sta vedendo di abbassare a 1,67-1,68%, con un taglio di 1-1,5 miliardi nei ricavi fino al 2038), è passato sotto silenzio l’1,91% massimo previsto nel bando della gara appena vinta da Astm (gruppo Gavio), che subentra a se stessa battendo nettamente il suo unico concorrente, il consorzio italo-spagnolo Sis. Hanno infatti disertato anche i francesi, che avrebbero potuto pensare a sinergie di vicinanza. Non un buon risultato, per l’attrattività dell’Italia in generale e per uno dei primi esempi del nuovo sistema, basato non più su proroghe di concessioni ma su gare europee come chiesto dalla dottrina e dalla Ue. Osservando i documenti di gara, emerge che manca la descrizione effettiva dell condizioni struttuarali delle opere nonostante l’età delle autostrade in palio sia considerevole.

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