Urbanistica

In Lombardia quattro miliardi da investire in nuovi poliambulatori

L'iniziativa della vicepresidente Moratti: risorse aggiuntive (in 7 anni) sui 17 miliardi già in bilancio

di Sara Monaci

Un po' in sordina, con le prime linee guida condivise in giunta, parte la riforma della sanità lombarda a firma della vicepresidente (e assessora alla Sanità) della Lombardia Letizia Moratti. Gli obiettivi considerati strategici sono ora la «logica della prossimità e l'integrazione dei tre poli - ospedaliero, sociosanitario e territoriale», mentre occorre «investire in risorse umane, organizzazione e tecnologie». E soprattutto sul piatto ci saranno: 4 miliardi di investimenti nei prossimi 7 anni, oltre al bilancio sanitario che ogni anno assorbe circa 17 miliardi dalle casse regionali (oltre il 70% dell'intero bilancio). È stato al momento rimandato un capitolo complicato: il rapporto fra pubblico e privato. Non si parla ancora della possibilità di introdurre maggiori vincoli per gli operatori privati, sia per quanto riguarda la richiesta di contribuire maggiormente allo smaltimento delle liste d'attesa, sia per quanto riguarda la verifica dei risultati per l'erogazione dei finanziamenti pubblici.

Si legge nel documento intitolato "Lombardia 2021-2023, il futuro è adesso" una chiara ammissione delle lacune mostrate nell'ultimo anno: «La pandemia ha provato fortemente il sistema e ha limitato le cure per le patologie croniche». Inoltre si accusa la spending review nazionale che ha limitato per anni l'utilizzo di risorse umane e gli investimenti. Ecco dunque il possibile nuovo corso secondo Moratti: revisione dei bacini demografici, massimo ogni 100mila abitanti, in sinergia con i Comuni; istituzione dei presidi territoriali, di fatto poliambulatori e residenze di bassa complessità; ripristino di servizi di assistenza domiciliare. Praticamente la Lombardia del 2021 torna a rispolverare i modelli passati, seppur con l'ambizione di implementarli con nuove tecnologie. Si torna, nella sanità immaginata del futuro, ai passati centri di prossimità e ai dottori che visitano a casa. La presa in carico da parte dei medici di medicina generale - la grande lacuna della Legge 23 firmata da Roberto Maroni e attuata dalla giunta Fontana, che ha visto l'adesione volontaria solo del 30% circa dei dottori - viene di nuovo citata come pilastro della nuova riforma sanitaria, ma si parla anche «dell'interprofessionalità di medici, infermieri, tecnici» e di «un fascicolo sanitario elettronico condiviso e telemedicina».

Torniamo alle risorse ipotizzate: 4 miliardi in 7 anni per potenziare il territorio e realizzare nuove strutture per acuti (ospedali), per le nuove tecnologie e per riorganizzare la rete e il patrimonio sanitario (qui si potrebbe intravedere la volontà di raccogliere in fondazioni o altri tipi di società i beni immobili). Nel dettaglio. Le nuove strutture territoriali dovrebbero essere messe in piedi con 700 milioni; un miliardo andrà alla sicurezza e alla messa in sicurezza; 1,5 miliardi per i nuovi ospedali. Seguono poi 350 milioni per la diagnostica, 200 per la sanità digitale; 250 milioni per transizione ecologica e impianti energetici. Per quanto riguarda i rischi epidemici futuri, si parla di «focalizzazione sulla lettura degli alert per monitorare la salute dei cittadini». Ci sarà dunque auspicabilmente un osservatorio statistico, il monitoraggio delle performance degli erogatori di prestazioni sanitarie «finalizzati alla segnalazione precoce di eventi critici». Infine una proposta che la Regione Lombardia lancia al neonato Human Technopole di Milano: la nascita al suo interno di un polo per la produzione di nuove tecnologie biomedicali.

La riforma dunque è allo stato embrionale, ma sembra partita. Per ora ci sono solo linee guida, e non è chiaro i che tempi proseguirà visto che la vaccinazione anti-Covid in questo momento è la priorità assoluta. Potrebbe essere pronta per la fine di marzo. Non mancano le critiche dell'opposizione, che aspettano di condividere gli indirizzi. «La giunta di Attilio Fontana non dà abbastanza importanza alla prevenzione, che non è citata. Non può essere considerato sufficiente un semplice calcolo statistico - dice la democratica Carmela Rozza -. Il problema durante la pandemia è stato l'imbuto che si è creato negli ospedali, dove si riversano sia i pazienti acuti che cronici. La salute invece va organizzata meglio nel territorio, mentre gli acuti, con la diagnostica di alto livello, negli ospedali». Sulla questione economica il centrosinistra sottolinea che mentre si parla di nuovi investimenti ci sono risorse finanziate dal Cipe già dal 2018 ancora non utilizzate.

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