Urbanistica

Innesti green nelle città: a Prato la prima «urban jungle» ideata da Boeri con Mancuso

Nella città toscana l'archistar e il famoso botanico realizzeranno la prima maxi-rinaturalizzazione urbana

di Mariagrazia Barletta

Reagire al riscaldamento globale iniziando dalle aree urbane, responsabili della produzione dell'80% dell'anidride carbonica, attraverso la creazione di giungle urbane. La città di Prato sta portando avanti un'idea innovativa che punta a ricostituire relazioni più sane tra città, ambiente, risorse e abitanti, a partire dalle piante, intese come colonizzatrici di edifici e strade. La sera di martedì 14 luglio, al centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci è stato presentato alla cittadinanza il progetto «Prato Urban Jungle», che ha coinvolto Stefano Boeri, architetto tra i più attivi nel dibattito sul climate change e sperimentatore di un nuovo rapporto tra città e natura e Stefano Mancuso, scienziato e massimo esperto di neurobiologia vegetale, direttore dell'International laboratory of plant neurobiology (Linv), inserito dal New Yorker tra i «world changer», nonché co-fondatore di Pnat, società spin-off dell'Università di Firenze, appunto coinvolta nel progetto di Prato.

Urban jungle «è un qualcosa di rivoluzionario, che non è mai stato provato prima nel mondo», spiega Mancuso. «Oggi - avverte - abbiamo una sola possibilità ed è fondamentale che venga attuata immediatamente, ossia far sì che le città cambino e diventino un luogo naturale. Quando guardiamo Prato dall'alto non dobbiamo più vedere degli edifici e del verde dovremmo poter vedere soltanto del verde». L'urgenza dell'azione invocata da Stefano Mancuso è ovviamente legata al riscaldamento globale, «un fenomeno – sottolinea - che rappresenta senza dubbio la più grande sfida che abbia mai dovuto affrontare l'umanità». «L'unico futuro che possiamo immaginare - ha aggiunto lo scienziato - è un futuro in cui immediatamente, comprendendo che la questione ambientale è la più importante questione sociale al momento, prendiamo dei provvedimenti». «Il riscaldamento globale lo si combatte da una parte riducendo la produzione di anidride carbonica e quindi facendo quelle politiche che sono ovviamente fondamentali, che riguardano la mobilità, l'efficientamento energetico, l'uso di energie che non siano di origine fossile, ma dall'altra parte bisogna utilizzare ogni spazio possibile per bloccare l'anidride carbonica e le piante sono le uniche capaci di assorbirla dall'atmosfera, fissandola all'interno dei propri corpi».

Quando guardiamo Prato dall'alto non dobbiamo più vedere degli edifici e del verde, dovremmo poter vedere soltanto del verde

Stefano Mancuso Botanico

Il progetto delle giungle urbane, finanziato con 3,8 milioni di euro di fondi europei del bando Urban Innovative Action 2019, mira a ri-naturalizzare alcuni quartieri in modo sostenibile e socialmente inclusivo. Prato diventa un laboratorio sperimentale in cui si testano soluzioni, si analizzano i dati e si generano modelli da diffondere poi in tutta la città. Si parte con tre aree pilota, dove specifiche problematiche vengono affrontate attraverso soluzioni «nature based», studiate per migliorare la qualità ambientale e dell'aria, per agire sulla biodiversità e sulla resilienza.

La «giungla urbana» di Prato firmata da Stefano Boeri e Stefano Mancuso

Le piantagioni previste a Via Turchia intorno agli edifici residenziali pubblici

Render: Stefano Boeri Architetti

La prima giungla urbana si approprierà dell'involucro della sede del gruppo Estra, gestore di servizi energetici, di fornitura di gas ed energia elettrica, che si attesta lungo la Declassata, un'arteria su cui transitano oltre 50mila veicoli al giorno. Verranno creati nuovi spazi verdi intorno all'edificio che, come negli altri progetti, sono pensati in connessione con le altre aree verdi già presenti o previste nel piano di riforestazione elaborato dallo studio Stefano Boeri Architetti. «Gli spazi vegetali se connessi moltiplicano i loro effetti positivi», ha specificato Boeri. L'edificio sarà trasformato da diverse tipologie di facciate verdi, tra cui una autonoma che ingloba un bosco verticale. Un intervento che si interfaccia con i temi dell'isola di calore e dell'introduzione di biodiversità. Il verde e i pannelli fotovoltaici renderanno l'edificio anche meno energivoro. Il verde servirà anche a creare spazi di socializzazione per i dipendenti dell'azienda.

Se connessi, gli spazi vegetali moltiplicano i loro effetti positivi

Stefano Boeri Architetto

Complessivamente saranno introdotti 106 alberi (si stima che assorbiranno 43 tonnellate di CO2 l'anno) e 2500 arbusti. Ci sono poi gli edifici di edilizia popolare di via Turchia (quartiere San Giusto). Qui sarà realizzata una serra progettata da Pnat, che affronta la questione ambientale con prodotti a chilometro zero. «Saranno luoghi di integrazione sociale e si potranno produrre ortaggi in quantità talmente significative da consentire la produzione di reddito», ha affermato Mancuso. Qui Boeri ha progettato altre facciate verdi che utilizzano un sistema di frangisole. I parcheggi saranno demineralizzati, ci saranno giardini e pergolati per favorire la socialità.

La «giungla urbana» di Prato firmata da Stefano Boeri e Stefano Mancuso

Le serre previste a Via Turchia che avvolgeranno edifici residenziali pubblici

Infine, il mercato metropolitano che sta sorgendo in via Giordano nell'ex fabbrica Forti del Macrolotto Zero, un'area oggetto di un importante intervento di riqualificazione. Qui le piante saranno ovunque: all'esterno per mitigare la domanda di energia e all'interno, dove, tra l'altro, saranno inserite le «fabbriche dell'aria», ossia piccoli box vetrati con dentro delle piante che serviranno a depurare l'aria dagli inquinanti. «Mi è stato chiesto quanto diminuirà l'inquinamento della città di Prato grazie alle piante. Diminuirà in maniera infinitesima, questi sono esperimenti, però sono esperimenti che hanno tutti in comune le stesse cose: sono ripetibili, a basso costo e a bassa manutenzione. Sono soluzioni semplici che se e quando verranno diffuse sul territorio, saranno veramente in grado di produrre una città nuova», ha concluso Mancuso.

Il progetto trova le sue radici nel piano operativo della città, anticipato da un importante percorso partecipativo che ha fatto emergere con forza la questione ambientale, e anche in un'idea che ribalta i tradizionali metodi urbanistici, spostando l'attenzione dal costruito al verde. Si tratta di «pensare che la città sia un network di aree, linee e punti verdi, raccordati tra loro, al cui interno sono contenute isole costruite» e di «assegnare alla natura un ruolo anche nei confronti della salute dei cittadini», ha spiegato Valerio Barberis, assessore all'urbanistica e ambiente del Comune toscano. Grazie al contributo di Stefano Mancuso si è partiti dai dati relativi ai benefici legati alla presenza del verde in città (circa 29mila alberi pubblici che eliminano 3.715 Kg di inquinanti ogni anno).

La «giungla urbana» di Prato firmata da Stefano Boeri e Stefano Mancuso

La sede dell'azienda Estra sarà il primo edificio a essere "fagocitato" dalle piante

Render: Stefano Boeri Architetti

«Abbiamo chiesto a Stefano Mancuso di dirci quali sono le specificità e i green benefits degli alberi che sono a Prato rispetto a una vision di medio-lungo periodo che punta a mettere al centro la natura. Fatto questo abbiamo chiesto a Stefano Boeri di elaborare delle strategie, sulla base del piano operativo, che declinassero in azioni il piano operativo e i valori ambientali che venivano dato da Pnat», ha aggiunto l'assessore. Sulla base dell'action plan di ri-forestazione di Boeri, che lavora sulla resilienza e sul tema della salute, sono nate le tre sperimentazioni di «urban jungle». «Penso che questa sia davvero un'anticipazione del futuro, quello che faremo a Prato nei prossimi mesi farà diventare la città, ancora una volta, un laboratorio del contemporaneo», ha commentato Boeri.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©