Personale

Pensioni, «quota 100» vietata per i dipendenti della Regione Sicilia

La Corte costituzionale ha rilevato che la «manovra pensionistica» regionale varata lo scorso anno è illegittima

di Dario Immordino

In una fase di grave difficoltà dell'economia nazionale e del sistema di finanza pubblica l'effettività e la consistenza dei diritti di cittadini, imprese e dipendenti pubblici dipendono dalla qualità della attività normativa, amministrativa e finanziaria di regioni ed enti locali e prescinde dalla qualifica formale del regime di autonomia.
Così, a causa di carenze della disciplina regionale, ai dipendenti della Regione Sicilia, che fino a qualche anno fa beneficiavano di un trattamento retributivo e di un regime previdenziale di assoluto privilegio rispetto a quelli dell'amministrazione statale e delle altre regioni, viene negato l'accesso al trattamento anticipato di pensione (cosiddetta "quota 100") riconosciuto ad un'ampia platea di dipendenti pubblici, che consente il collocamento a riposo in relazione alla sommatoria tra il requisito dell'età anagrafica non inferiore a 62 anni e il requisito dell'anzianità contributiva non inferiore a 38 anni.

La Corte costituzionale, con la sentenza 235/2020, ha rilevato che la "manovra pensionistica" regionale varata lo scorso anno è illegittima, perché l'incremento del carico finanziario della spesa per i trattamenti di quiescenza (in ragione della più giovane età dei pensionati) "non sarebbe sostenuto, nel tempo, da adeguate risorse contributive", e il legislatore siciliano non ha approntato una adeguata copertura finanziaria per gli oneri derivanti dall'applicazione del trattamento anticipato di pensione e del finanziamento dell'indennità di fine servizio (che consente ai beneficiari della cosiddetta "quota 100" di poter conseguire detto emolumento in via anticipata rispetto al momento di maturazione dei requisiti ordinari di accesso alla pensione).

La sentenza ribadisce che il principio di equilibrio di bilancio sancito dall'art. 81 della Costituzione costituisce un precetto inderogabile per tutte le amministrazioni pubbliche, ordinarie e speciali, sicché non vale obiettare che l'art. 14 dello Statuto siciliano attribuisce alla Regione competenza legislativa esclusiva sullo stato giuridico ed economico degli impiegati regionali, poiché la stessa norma consente l'esercizio di tali prerogative l'esercizio «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato».

Ciò posto il precetto costituzionale impone una simmetria effettiva, e non meramente formale, fra entrate e spese, motivo per cui non bastano a garantirne il rispetto le generiche clausole di invarianza finanziaria, spesso adottate dalle leggi regionali, in forza delle quali dalle disposizioni adottate «non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio della Regione».

In ragione di ciò la Corte ritiene che a dimostrare la neutralità finanziaria della manovra previdenziale siciliana non basti rilevare genericamente che dall'attuazione del nuovo regime pensionistico regionale non deriverebbero nuovi oneri, ma anzi economie di spesa, poiché la consistenza economica del trattamento di pensione è inferiore rispetto a quello stipendiale, e le disposizioni regionali non prevedono nuove assunzioni che possano incrementare gli oneri di retribuzione del personale.

Simili risparmi di spesa, infatti, devono essere dimostrati attraverso l' indicazione degli effetti finanziari dell'applicazione della cd quota 100 ai dipendenti, ed a tal fine la Relazione tecnica prescritta dall'art. 17 della legge n. 196 del 2009 deve provvedere alla quantificazione delle entrate e degli oneri derivanti da ciascuna disposizione e delle relative coperture, attraverso "un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari e al comparto di riferimento" e, nel caso di clausole di neutralità finanziaria, deve dimostrare l'invarianza dei saldi di finanza pubblica "attraverso l'indicazione dell'entità delle risorse già esistenti nel bilancio e delle relative unità gestionali, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime anche attraverso la loro riprogrammazione".

In ogni caso, per garantire il rispetto del principio di equilibrio finanziario, le norme in materia di impiego e previdenza pubblica dovrebbero essere corredate "quantomeno, da un quadro degli interventi integrati finanziabili, dall'indicazione delle risorse effettivamente disponibili a legislazione vigente, da studi di fattibilità di natura tecnica e finanziaria e dall'articolazione delle singole coperture finanziarie, tenendo conto del costo ipotizzato degli interventi finanziabili e delle risorse già disponibili" (cfr, Corte cost., sentenza n. 227 del 2019).

Il legislatore siciliano, invece, ha omesso l'adozione della relazione tecnica e delle altre "metodologie di copertura" finanziaria delle leggi di spesa obbligatorie anche per le Regioni e dalle Province a statuto speciale, e ciò comporta l'illegittimità delle disposizioni regionali impugnate.

Al di là del profilo formale della inottemperanza ad inderogabili disposizioni legislative l'omissione degli adempimenti concernenti la verifica della copertura finanziaria delle disposizioni determina la violazione sostanziale del principio dell'equilibrio di bilancio, atteso che, in assenza di una precisa quantificazione del costo dei trattamenti pensionistici da erogarsi in forza del nuovo regime, la clausola di invarianza si riduce a una mera formula di stile, priva di concreto riscontro in relazione alla effettiva realtà economica e finanziaria.
Al riguardo la Corte, premesso che deve ritenersi poco credibile che interventi così incisivi nel settore previdenziale (che hanno comportato per lo Stato ingenti oneri finanziari) non determinino alcun effetto sul bilancio regionale, rileva che la sostenibilità del sistema pensionistico regionale (ossia l'equilibrio tra spesa previdenziale ed entrate a copertura della stessa) deve essere assicurata anzitutto all'interno dello stesso sistema, in ragione della contribuzione dei "lavoratori", dato che l'intervento pubblico serve solo ad "integrazione".
Di conseguenza un sistema previdenziale che determina l' aumento del carico finanziario della spesa per i trattamenti di quiescenza (in ragione della più giovane età dei pensionati), in assenza di nuove assunzioni "non sarebbe sostenuto, nel tempo, da adeguate risorse contributive".

Da ciò deriva un disequilibrio finanziario il cui rimedio non potrebbe che essere l'assunzione dei relativi oneri a carico del bilancio regionale, rispetto al quale la norma regionale non indica alcuna copertura finanziaria.

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