Imprese

Sicilia, 100 imprese a rischio blocco dei fondi Ue

Sono finite in un limbo e rischiano, in concreto, di retrocedere direttamente all’inferno. Sono imprese siciliane che hanno partecipato ai bandi a valere sui Fondi europei della programmazione 2014-2020, sono state ammesse ai finanziamenti europei e sono state fermate dal lockdown. C’è chi ne ha già contate un centinaio per un valore di finanziamenti di oltre un centinaio di milioni di euro. Ma tutti hanno chiaro che si tratta di stime al ribasso: imprese del turismo e dei servizi connessi con progetti di promozione, aziende di vari settori con programmi di internazionalizzazione, imprese che avevano pianificato interventi su immobili o che avevano avuto finanziamenti per impianti tecnologici. «Paradossale - dice qualcuno - è la situazione sulla misura 3.4.2. interamente destinata all'internazionalizzazione. Quale internazionalizzazione adesso? Quali fiere?» Tutte le aziende sono state fermate dalla sospensione di forniture, di fiere, di consegne a causa della pandemia e oggi sono in ritardo non solo sulla tabella di marcia aziendale ma anche sulle scadenze previste dai vari bandi: «Ci sono evidenti difficoltà a completare i piani di investimenti per oggettiva impossibilità nelle consegne dei beni ma anche per le condizioni di incertezza economica che, in questo momento, governano i mercati internazionali» è il leit motiv tra le imprese.

Gli imprenditori sono molto preoccupati perché rischiano di perdere la capra e di dover restituire i cavoli: rischiano di non poter completare l’intervento finanziato e di dover restituire quanto incassato fin qui per non aver completato il programma. «Ci troviamo in una situazione veramente complicata - dice Alessandro Albanese, vicepresidente vicario di Sicindustria -. Da un lato vi sono queste aziende, e mi arrivano ogni giorno parecchie segnalazioni, che hanno bisogno di più tempo per completare gli investimenti e credo che pochi mesi on bastino affatto. Dall’altro l’assenza di aiuti concreti e fattivi: quella della Regione siciliana è una finanziaria degli incubi non dei sogni come l’ha definita qualcuno. I fondi promessi in concreto non ci sono, li devono riprogrammare. Il combinato disposto Stato-Regione fa paura: alle imprese siciliane, il cui tessuto è fatto soprattutto di Pmi, è arrivato ben poco e io raccolgo ogni giorno malessere e difficoltà».

Per il momento, confermano dall’assessorato regionale alle Attività produttive guidato da Mimmo Turano, sono arrivate poche rinunce dalle aziende che hanno avuto finanziamenti europei. Ma sempre all’assessorato sono consapevoli che il problema potrebbe esplodere dopo l’estate e intanto si stanno attrezzando per capire. Una prima misura avviata è un monitoraggio per comprendere quante sono le aziende finite in questo limbo anche per determinare quale possa essere il provvedimento più giusto per affrontare la situazione e aiutare le imprese. «Intanto - dice il direttore generale del dipartimento Attività produttive Carmelo Frittitta - ho fatto una circolare applicativa delle norme in materia contenute nel decreto Cura Italia (l’articolo 103) che prevedeva la sospensione dal 23 febbraio al 15 maggio. In fase di apprezzamento della giunta regionale è stato aggiunto alla circolare un ulteriore periodo in cui è possibile chiedere la proroga e si arriva al 31 luglio. Senza scendere in dettagli troppo tecnici possiamo dire che, applicando alla proroga concessa il termine di sospensione di cui al Cura Italia, si può arrivare fino alla fine di settembre». Il punto, sottolineato anche dagli imprenditori, è che la sospensione vale per tutti mentre la proroga va chiesta singolarmente dall’azienda interessata a farlo: un meccanismo che possiamo definire perverso perché rischia ancora più di ingolfare gli uffici regionali già in difficoltà in una condizione per così dire normale a causa della mancanza di personale. Anche questo un tema che i vertici della Regione siciliana conoscono benissimo. «La questione intanto - aggiunge  Frittitta - è che dobbiamo capire come intervenire perché nei casi di cui stiamo parlando c’è alla base un bando e quindi è necessario intervenire correttamente. Un’idea potrebbe essere quella di una norma, e dunque un intervento legislativo, che guardi anche in prospettiva e quindi al 2021. Dobbiamo avere chiara la portata del problema ed è per questo che pensiamo al monitoraggio».

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