Fisco e contabilità

Sul Recovery «cresce il rischio di ritardi» - Il governo taglia i tempi per le modifiche

Per la prima volta arriva dalla Commissione Ue un'esortazione ad accelerare

di Manuela Perrone e Gianni Trovati

«L’attuazione del Pnrr procede, ma con un rischio crescente di ritardi». Per la prima volta, nel Country Report con le Raccomandazioni all’Italia, la Commissione Ue mette nero su bianco il termine «delays». Ritardi, appunto. E aggiunge un’esortazione esplicita ad accelerare: «Andare avanti rapidamente con l’implementazione del Piano e la negoziazione della sua modifica è essenziale, data la natura temporanea della Recovery and Resilience Facility, in vigore fino al 2026. Il negoziato sul capitolo aggiuntivo del RepowerEu è in corso, ma l’Italia non ha trasmesso alcuna proposta ufficiale». Ha, invece, espresso «formalmente» l’interesse ad accedere a prestiti addizionali.

Parole che pesano come pietre e che spiegano la quinta marcia ingranata dal ministro che ha la delega al Pnrr, Raffaele Fitto. Con la doppia mossa degli ultimi giorni: la richiesta inoltrata giovedì scorso ai ministeri di inviare entro la data di ieri le proposte di revisione per ciascun investimento (si veda Il Sole 24 Ore del 24 maggio) e l’annuncio al Question Time alla Camera che, come anticipato su queste pagine, la prossima settimana sarà presentata in Parlamento la relazione semestrale del Governo sullo stato di attuazione del Piano.

Il documento, il primo dell’era Meloni, conterrà la «fotografia aggiornata» della situazione, ossia il quadro dei 151 obiettivi raggiunti finora, tra cui soprattutto i 55 del secondo semestre 2022 legati alla terza rata da 19 miliardi, su cui si è registrato il primo intoppo, in via di risoluzione. «Tutti gli atti e i provvedimenti necessari sono stati già adottati», ha spiegato Fitto, alludendo in prima battuta alle linee guida sulle concessioni portuali, al decreto Mef-Viminale che ha modificato i Piani urbani integrati stralciando gli stadi di Firenze e Venezia, e alla cancellazione di dieci progetti sui sistemi di teleriscaldamento non in linea con le prescrizioni Ue in tema di riduzione del danno ambientale: il pacchetto di correzioni chiesto da Bruxelles nella fase di assessment.

Un processo rigoroso, fatto di “sampling” e verifiche approfondite, destinato ad aumentare in severità in maniera proporzionale al denaro erogato (e all’intensità dell’attenzione degli altri Paesi). Finora, ricorda la Commissione, l’Italia ha già ricevuto 42 miliardi, a cui vanno aggiunti i 24,9 miliardi dell’anticipo incassato ad agosto del 2021. Il pagamento della terza tranche porterà la dote per il nostro Paese a quota 85,9 miliardi.

Ma sono le prossime scadenze a destare allarme: i 27 obiettivi, tra milestone e target, da centrare entro fine giugno e i ben 69 previsti entro dicembre, per due rate da 34 miliardi complessivi. Prima il Governo inoltra la rimodulazione del Piano - è il messaggio di Bruxelles e del Commissario Paolo Gentiloni - prima può decollare e concludersi il negoziato, permettendo all’Italia di non perdere terreno (e tempo) prezioso. La corsa tentata da Fitto per consegnare il “nuovo” Pnrr entro fine mese e avviare la trattativa in coincidenza con la visita dei tecnici Ue a Roma in programma a metà giugno dovrà però vedersela con molte incognite. Non ultima, quella del confronto interno - i bilaterali con le Regioni partiranno la prossima settimana - sullo spostamento di progetti e fondi dal Pnrr alla programmazione 2021-2027 dei fondi di coesione, con le comprensibili resistenze da parte delle amministrazioni regionali e dei Comuni. «Rispetto alle politiche di coesione, il Pnrr sembra un treno ad alta velocità», ha detto ieri Alessandro Canelli, presidente Ifel e delegato finanza locale Anci, presentando il rapporto “La dimensione territoriale nelle politiche di coesione”.

Un dato per tutti: gli avvisi per i Comuni sono stati emanati dopo soli 4 mesi dalla approvazione del Piano a Bruxelles e sono stati già pubblicati bandi per 17,7 miliardi (sui 40 destinati agli enti locali). Nel ciclo 2014-2020 delle politiche di coesione ci sono voluti invece anche tre anni e mezzo perché le Regioni pubblicassero i bandi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©