Imprese

Bollette, nei conti delle utility balzano i crediti commerciali

I prezzi record dell’energia fanno crescere il valore delle morosità nei bilanci

di Jacopo Giliberto

È presto per avere il dettaglio, e molto dipende dalle caratteristiche di ogni singola azienda. Però i bilanci del 2021 e le trimestrali dicono una cosa: insieme con il fatturato, insieme con il circolante, insieme con i prezzi di approvvigionamento dell’energia e di rivendita, per le utility di gas e luce aumenta anche la dimensione del credito a rischio di svaporare.

In altre parole, i prezzi imbizzarriti dell’energia fanno salire anche il valore delle morosità e delle bollette non pagate e sembra crescere anche il numero dei consumatori che saldano in ritardo.

Il Sole24Ore ha chiesto al centro studi Althesys coordinato dall’economista Alessandro Marangoni di confrontare i bilanci presentati in questi giorni dalle maggiori utility quotate in Borsa per leggere in controluce se vi sono evidenze di una crisi dei crediti. «L’aumento dei crediti c’è, si può intuire in particolare nel confronto fra l’ultimo trimestre del 2021 e il primo trimestre del 2022, ma abbiamo rilevato che per ora il fenomeno è contenuto e l’aumento dei crediti non si discosta troppo dalla crescita del valore complessivo», avverte Marangoni.

Pagamenti in ritardo

La prima voce di rincaro è il metano, che per le utility è un prodotto da rivendere ai clienti oppure da usare come combustibile per produrre elettricità.

Oltre all’andamento dei crediti, gli economisti di Althesys hanno confrontato i cosiddetti “giorni cliente”, cioè il tempo medio con cui i clienti pagano le bollette. In genere, per la maggior parte delle utility quotate il dato “giorni cliente” si colloca attorno ai tre mesi, fra i 100 e i 120 giorni, con tempi più brevi per Iren e Ascopiave e decisamente più lunghi per Acsm Agam. Il dato portato al primo trimestre però mostra scostamenti rilevanti.

Coprirsi dal rischio prezzo

«Molto dipende anche dalle politiche commerciali delle diverse aziende», specifica Marangoni di Althesys, «come per esempio dalla scelta di puntare sui piccoli consumatori domestici o sui clienti aziendali». Può farsi sentire anche la scelta di darsi ricoperture dal rischio prezzo. Per esempio, alla presentazione del bilancio la settimana scorsa il gruppo A2A ha detto di avere adottato una strategia prudente, «di stabilizzazione dei margini e di contenimento del rischio connesso alla volatilità dei prezzi con coperture che per le produzioni di energia elettrica a prezzo fisso sono circa il 90% e un generale ricorso alla contrattualistica anticipata sia dell’approvvigionamento sia delle forniture agli operatori all’ingrosso e ai clienti finali», ha detto l’A2A.

Disdette unilaterali

Una politica commerciale che sta lasciando sgomenti molti consumatori è quella, adottata da diverse aziende, di interrompere in modo unilaterale i contratti a prezzo fisso, un vincolo insostenibile per le utility che non si erano garantite a monte con forme di copertura sul rischio prezzo.

«Da gennaio c’è stato un boom di variazioni contrattuali. Nel mercato libero serve molta più trasparenza», Marco Vignola, responsabile del settore energia dell’Unione Nazionale Consumatori.

Gli operatori del credito

Più esposti al rischio morosità potrebbero essere non tanto le famiglie ma soprattutto i clienti industriali, per i quali l’energia diventa una voce di costo insostenibile.

Segnalazioni di rischio credito erano state raccolte dal Sole24Ore in un articolo di Chiara Bussi sull’Unirec mentre impatti gravi sulle marginalità delle aziende consumatrici di energia erano stati visti da Roberto Gabrielli, dirigente di Intesa Sanpaolo, in un articolo di Andrea Marini: «Al momento non abbiamo registrato un aumento delle sofferenze bancarie e della difficoltà delle imprese a ripagare i loro debiti», dice Gabrielli, tuttavia «il vero problema sono i rincari delle materie prime e del prezzo dell’energia».

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