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Scuola, dalla manovra un doppio assist per chiudere i target Pnrr del 2022

Inserititi nel Ddl gli interventi sull'educare alle materie Stem già dall'infanzia e sui nuovi parametri per le piccole scuole con dirigente

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Oltre ad aggiungere 70 milioni per le paritarie e 24 per il trasporto disabili nell’ambito del mezzo miliardo circa stanziato per il mondo della scuola, la legge di Bilancio 2023 prova a chiudere (quasi) anche la partita 2022 sul Pnrr per il ministero dell’Istruzione. Con un doppio intervento. Da un lato, mette le basi per un maxi piano di potenziamento delle competenze scientifico-tecnologiche (Stem) a cominciare dall’infanzia. Dall’altro, dettaglia la quinta delle sei riforme abilitanti previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, da varare entro dicembre, sull’organizzazione della rete scolastica (il dimensionamento). Che si aggiunge a Its, istituti tecnici e professionali, nuovo sistema di formazione e reclutamento dei docenti, scuola di alta formazione, già emanate con leggi nei mesi scorsi (ma ancora da attuare).

A questo punto, sul fronte riforme, all’appello, per raggiungere il target di fine anno, manca solo l’orientamento. Un tassello, tuttavia, fondamentale visti gli oltre 3 milioni di Neet nella fascia sotto i 36 anni, un mismatch al 46,5%, e una dispersione scolastica in pericoloso aumento.

Appena insediato il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha costituito un gruppo di lavoro sull’orientamento, con l’obiettivo di mettere a terra le linee guida che saranno poi recepite da un decreto ministeriale. Non così lontano, a quanto pare.

La spinta sulle materie Stem

Veniamo a quanto previsto nella manovra 2023. Per quanto riguarda il rilancio delle Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), Viale Trastevere dovrà fare tre cose.

In primis, emanare linee guida per introdurre, nel piano triennale dell’offerta formativa (Ptof) di tutte le istituzioni scolastiche – dall’infanzia, al primo e secondo ciclo – azioni dedicate a rafforzare nei curricoli lo sviluppo delle competenze matematico-scientifico-tecnologiche legate agli specifici campi di esperienza e l’apprendimento delle discipline Stem.

Il secondo passo è un’opera di informazione, sensibilizzazione e formazione “a tappeto” verso le famiglie per incoraggiare la partecipazione ai percorsi di studio Stem principalmente delle studentesse, superando gli stereotipi di genere.

Terzo, occorrerà incentivare la creazione di reti di scuole e di alleanze educative per la promozione dello studio delle Stem. I numeri del resto sono impietosi. Ogni anno mancano all’appello 50mila laureati, di cui quasi la metà nelle Stem (Uniocamere-Anpal). Le donne iscritte a facoltà Stem sono appena l’8,8%, contro il 30,3% degli uomini. Risultato: la quota di laureate Stem si ferma al 17% mentre gli uomini salgono al 37% (fonte Istat).

Le piccole scuole

Passando al dimensionamento, nella manovra si scommette su un accordo Stato-Regioni. A decorrere dall’anno scolastico 2024/25, dovrà essere un decreto interministeriale (Istruzione-Mef) d’intesa con le autonomie, da adottare ogni 30 giugno, a definire i criteri per assegnare un dirigente scolastico e un direttore dei servizi generali e amministrativi (Dsga) alle scuole dando seguito nell’esigenza di rivedere la rete scolastica, anche per effetto della denatalità, previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Per effetto della previsione contenuta nel Ddl di bilancio per il 2023 il dimensionamento dovrà scattare entro il 30 novembre, ma si prevedono tutele per salvaguardare gli istituti dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche con specificità linguistiche. Qualora, però, si superi il 30 giugno, senza accordo, il contingente di presidi e Dsga e la loro distribuzione tra le Regioni arriverà con decreto Istruzione-Mef sulla base di un coefficiente già deciso, non inferiore a 900 alunni e non superiore a 1.000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle scuole statali e dell’organico di diritto dell’anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato. Anche qui, salvaguardando i plessi di montagna, nelle piccole isole e nelle aree caratterizzate da minoranze linguistiche. Per mitigare la riduzione (graduale) del numero di scuole, per i primi tre anni dovrebbe applicarsi un correttivo dell’1%, con eventuali forme di compensazione interregionale. La ratio è che un singolo territorio possa decidere di mantenere, ad esempio, il preside in una mini realtà con 200 studenti e averne uno solo in una aa 2.000-3.000 iscritti. O viceversa. Assumendosi le eventuali ricadute politiche e sociali che la scelta potrebbe determinare.

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