Urbanistica

Strade green, pronti i criteri ambientali minimi del Mite per lavori e manutenzioni

Lo ha detto Renato Grimaldi (direzione Economia circolare del ministero), intervenendo al seminario «Le strade al bivio della transizione ecologica»

di Giorgio Santilli

Sono in arrivo i criteri ambientali minimi (Cam) per lavori e manutenzioni stradali, «strumenti cogenti per affrontare la transizione ecologica», in particolare, nei bandi di gara pubblici: il Mite ha inviato uno schema di decreto alla cabina di regia con l’obiettivo di chiudere. Ne ha dato notizia Renato Grimaldi (direzione Economia circolare del Mite), intervenendo al seminario «Le strade al bivio della transizione ecologica», organizzato dalla Fondazione sviluppo sostenibile.

La tesi della Fondazione - esposta con una ricerca presentata da Massimilano Bienati - è che la transizione ecologica può viaggiare anche sulle strade: pavimentazioni stradali con prestazioni elevate, maggiore durata di vita, alti tassi di riciclo riducono il fabbisogno energetico, le emissioni di gas serra e il consumo di risorse naturali. «Il contributo del settore delle pavimentazioni stradali al raggiungimento degli obiettivi climatici -ha detto il presidente della Fondazione, Edo Ronchi- può venire da un rinnovato approccio di gestione nell’ottica di ciclo di vita della pavimentazione stessa, dalla progettazione, alla scelta dei materiali, alla realizzazione dei lavori, che favorisca la circolarità delle risorse e riduca le emissioni di gas serra. Una gestione orientata al ciclo di vita – ha aggiunto Ronchi- consente di ottimizzare le risorse economiche degli enti e delle amministrazioni pubbliche preposte alla gestione e garantisce una maggiore sicurezza per gli utenti».

La ricerca propone un percorso per l’elaborazione di linee guida nazionali che introducano un approccio innovativo, green e circolare alla manutenzione dei 670 mila km di pavimentazioni stradali della rete viaria nazionale. «Le tecnologie ci sono, bisogna favorirne l’uso», ha detto Bienati, ricordando che il completo riciclo dei conglomerati bituminosi a temperature ridotte, genera un risparmio fino al 40% delle emissioni di Co2 rispetto a lavori eseguiti con i metodi a caldo. Oggi però meno del 20% dei conglomerati posati in opera in Italia sono prodotti a basse temperature o con bitumi modificati e solo il 25% dei 9,5 milioni di tonnellate di conglomerato bituminoso da recupero generato ogni anno da operazioni di manutenzione viene riciclato per la posa in opera, contro l’82% della Germania e il 70% della Francia.

Massima disponibilità arriva dal settore industriale del bitume. Il presidente di Siteb, Michele Turrini, ha ricordato che ogni anno in Italia dalla nomrla emanutenzione del manto stradale si producono 10-11 milioni di tonnellate di fresato d’asfalto, un aggregato che proviene dalla demolizione della pavimentazione stradale. Nonostante i passi avanti dalla nromativa e l’innovazione prodotta dalle imprese, solo una parte di questo materiale viene effettivamente riutilizzato e «c’è il rischio concreto che i vantaggi prodotti dal decreto 69/18 siano presti vanificati». Servono, per altro, alcuni chiarimenti proprio su quel decreto.

Fra le proposte avanzate dalla ricerca il riutilizzo di conglomerato bituminoso da recupero, l’efficienza energetica nella produzione e stesa dei conglomerati bituminosi, le tecnologie con bitumi e conglomerati modificati e polimeri da riciclo, la programmazione delle manutenzioni e prevenzione dei dissesti, l’adeguamento delle norme tecniche alla disponibilità di tecnologie innovative e circolari, le valutazioni di costo ciclo di vita a supporto delle decisioni di spesa, formazione continua e condivisione di conoscenze.

Aperto il confronto anche il Consiglio superiore dei Lavori pubblici: il presidente Massimo Sessa ha auspicato l’emanazione di norme nazionali che evitino la frammentazione di norme regionali e ha chiesto incentivi alle imprese per affrontare la fase di transizione. Incentivi che può fornire, in termini di garanzie green, la Sace, identificata dall’articolo 64 del decreto semplificazioni come attuatore del Green New Deal italiano.

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