Urbanistica

Permessi, illegittimo qualsiasi intervento successivo a un'opera ritenuta abusiva

Tar Lazio: quando si è in presenza di un intervento non sanato né condonato, non sono ammessi ulteriori lavori per completare le opere

di Davide Madeddu

In caso di abusi le opere si devono fermare perché ogni intervento resta abusivo e il Comune ha l'obbligo di ordinare la demolizione. Per i giudici, quando si è in presenza di un abuso non sanato né condonato, non sono ammessi ulteriori lavori o interventi per completare le opere. E sino al al momento di eventuali sanatorie, le opere devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione.
È una delle motivazioni con cui il Tar del Lazio, con la sentenza n. 4604/2023 ha respinto il ricorso di un cittadino che aveva chiesto l'intervento dei giudici amministrativi per annullare l'ordinanza di demolizione di Roma capitale.

L'uomo aveva presentato, nel tempo, due Dia. La prima per realizzare una scala (con tanto di muro di protezione a torre) che collegasse la sua casa al settimo piano con il tetto. La Dia, in seguito al sopralluogo dei tecnici, era stata annullata. Una decina di anni più tardi aveva presentato un'altra Dia per installare sulla terrazza una copertura in legno e un pannello fotovoltaico. Per l'amministrazione municipale, gli interventi, compreso il frazionamento del terrazzo e l'accorpamento delle parti frazionale all'appartamento situato al settimo piano erano in assenza di titolo.

Dopo ulteriore sopralluogo l'ordinanza di demolizione delle due opere. Quindi il ricorso al Tar. Istanza respinta. I giudici hanno evidenziato che «in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (anche ove riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche di illegittimità (rectius: abusività) dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione».

Riguardo al fatto che il proprietario dell'immobile abbia presentato, nel tempo, due Dia, i giudici ricordano che non può essere presa in considerazione la questione relativa al fatto che l'oggetto della seconda Dia riguardasse un'altra cosa, ovvero l'installazione di una tettoia fotovoltaica su una parte di terrazzo differente rispetto a quella interessata dal provvedimento di annullamento della Dia del 2003. «Osta a ciò, infatti, - scrivono - la necessaria considerazione unitaria delle opere realizzate nel corso del tempo dal ricorrente e a partire da una Dia annullata dall'amministrazione con provvedimento non tempestivamente impugnato e, pertanto, divenuto irrevocabile».

I giudici ricordano che «in materia di abusi edilizi non è prospettabile una valutazione atomistica degli interventi allorché gli stessi facciano parte di un disegno sostanzialmente unitario di realizzazione di una determinata complessiva opera, risultante priva di titolo, derivandone che i singoli abusi eseguiti vanno riguardati nella loro interezza e, proprio perché visti nel loro insieme, possono determinare quella complessiva alterazione dello stato dei luoghi che legittima la sanzione applicata e persuade della sua appropriatezza e proporzionalità rispetto a quanto realizzato».

Per i giudici è corretta la valutazione di Roma Capitale che ha considerato unitarie le opere complessivamente realizzate «a partire dagli interventi compiuti in difformità dalla Dia del 2003 e che, nel corso degli anni, hanno condotto ad un illegittimo frazionamento del terrazzo posto al piano VIII ed al suo accorpamento, mediante realizzazione di una scala di collegamento, all'appartamento sito al piano VII, il tutto accompagnato dalla realizzazione di un nuovo manufatto e, solo da ultimo, dall'impianto di una tettoia in legno per l'installazione di un impianto fotovoltaico». Interventi che «non possono non ritenersi sussumibili nell'ambito delle nuove costruzioni necessitanti di titolo abilitativo espresso, titolo occorrente peraltro anche per il frazionamento del terrazzo, trattandosi di opera per la quale la normativa vigente sia all'epoca di realizzazione dell'intervento che al momento dell'accertamento, prescriveva il rilascio del permesso di costruire, trattandosi di intervento di ristrutturazione edilizia».

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