Urbanistica

Permessi sempre necessari se l'intervento produce un'alterazione urbanistico-edilizia dei luoghi

Su questa base il Tar Toscana qualifica come abusivi pavimento, porticato e tettoia realizzati all'esterno di un'abitazione

di Ivana Consolo

Esiste un principio guida a cui doversi attenere per capire se, le opere edilizie che abbiamo intenzione di realizzare, siano tali da incidere significativamente in termini edilizi ed urbanistici, e dunque eseguibili soltanto previa concessione di idoneo titolo?
Il Tar Puglia, con la sentenza numero 30 del 13 gennaio 2022, individua un consolidato principio giurisprudenziale, e lo applica alla vicenda che andiamo ad esaminare, che va così a costituire un valido precedente per altre situazioni similari.

Il fatto
La vicenda vede quale protagonista il proprietario di un'abitazione, circondato da un'ampia area scoperta, in parte destinata a cortile ed in parte ad orto. Si decideva di realizzare un certo numero di interventi edilizi, perlopiù incidenti proprio su tale area esterna all'immobile. L'attenzione si sofferma essenzialmente sulle seguenti opere:

- un'ampia pavimentazione della palladiana con posa di pietre naturali;
- un porticato finestrato circondante tre lati del fabbricato, con solai di differente altezza e differente fattura, comprendente un vano deposito all'interno;
- una tettoia realizzata lungo tutto il confine di proprietà, sorretta in parte da pilastrini in ferro, ed in parte da strutture in muratura ad uso deposito.

Il Comune, a seguito di apposito sopralluogo, decideva di adottare un'ordinanza di demolizione dei lavori eseguiti, ritenendoli abusivi poiché privi di permesso edilizio. Il proprietario dell'edificio, essendo convinto che per l'esecuzione delle opere contestate fosse sufficiente una semplice comunicazione di avvio lavori, si determinava a rivolgersi al Tar. Le argomentazioni addotte in ricorso, riguardano la riconducibilità di ogni singolo intervento alle opere di edilizia libera. Il ricorrente ritiene che nessuno dei lavori eseguiti, soprattutto quelli relativi all'area esterna al fabbricato, abbia alcun peculiare rilievo urbanistico-edilizio, ed argomenta altresì sulla circostanza che le opere sono state realizzate nell'interesse del figlio disabile, per abolire le barriere architettoniche presenti.

Il principio applicato dal Tar
Ad essere investito del caso è il Tar Puglia, che dopo avere considerato alcuni aspetti che rendevano il ricorso in parte meritevole di accoglimento, sofferma tutta la sua attenzione sugli interventi più consistenti: quelli relativi all'esterno del fabbricato. Secondo il Tar è anzitutto necessario ribadire un principio guida, ampiamente consolidato, che appare dirimente: «per apprezzare se un abuso edilizio necessiti o meno di permesso di costruire, occorre operare una valutazione complessiva e d'insieme dell'alterazione urbanistica ed edilizia del territorio con esso prodottasi, non essendo consentito operare una valutazione atomistica dei singoli interventi al fine di stabilire se gli stessi siano o meno assoggettati a permesso di costruire».

Posto tale principio quale criterio di valutazione, ed esclusa la possibilità di dare adeguato rilievo all'abbattimento delle barriere architettoniche, in quanto non presente l'apposita relazione tecnica prevista dalla disciplina di cui al Dm 236/1989, il Tar passa in rassegna i singoli interventi edilizi realizzati dal ricorrente.

Quanto al piazzale in pendenza, rivestito con pavimento in pietra naturale posato alla palladiana, la giurisprudenza amministrativa tende a considerare gli interventi di pavimentazione esterna (anche ove contenuti entro i limiti di permeabilità del fondo) realizzabili in regime di edilizia libera soltanto laddove presentino una entità minima, sia in termini assoluti, che in rapporto al contesto in cui si collocano ed all'edificio cui accedono. Solo in presenza di queste condizioni tali opere possono ritenersi realmente irrilevanti dal punto di vista urbanistico ed edilizio, e quindi essere sottratte al controllo operato dal Comune attraverso il titolo edilizio.

Nella fattispecie concreta in esame, l'area pavimentata esterna realizzata ha la rilevante dimensione di circa mq 150 e, pertanto, ha certamente determinato una tangibile trasformazione urbanistico-edilizia; ne consegue la sua abusività, necessitando evidentemente di permesso di costruire. In relazione alla creazione del porticato finestrato, che circonda i tre lati liberi dell'abitazione, della dimensione di circa 115 mq, con solai a diverse altezze e di diversa fattura, e con la formazione al suo interno di un vano ad uso deposito di circa 11 mq, trattasi di manufatto edilizio nuovo, per consistenza rilevante e materiali utilizzati; siamo cioè in presenza di una nuova superficie ed una nuova volumetria, che non può neppure considerarsi pertinenza. Pertanto, dato che ogni nuova opera priva del carattere della pertinenzialità necessita di un apposito permesso di costruire, il porticato in esame è chiaramente abusivo.

Quanto infine alla tettoia, anch'essa ha rilevanti dimensioni (circa mq 20) e risulta sorretta da parti in muratura ad uso deposito; pertanto anch'essa necessitava di idoneo permesso edilizio. Alla luce di quanto sopra, in riferimento alle opere su cui si è soffermata la disamina del Tar, il ricorso appare non meritevole di accoglimento. Ma ciò che maggiormente interessa in tale sentenza, è l'individuazione di un criterio generalmente valido per capire quando, l'opera edilizia, debba necessariamente essere assentita, con ciò evitando di incorrere nello spiacevole evento demolitivo.

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