Urbanistica

Dissesto, opere a passo di lumaca: più di 8 anni per portare a termine i lavori oltre cinque milioni

Dati Ance: oltre la metà del tempo si perde prima della gara per affidare i cantieri

di Mauro Salerno

Più di 0tto anni per progettare e concludere un cantiere di medio-grande entità (valore oltre cinque milioni di euro), con oltre la metà del tempo persa prima di mettere a gara i lavori. Dunque non tanto per eseguire l'opera o per trovare l'impresa che la realizzerà, ma per districarsi nella giungla delle autorizzazioni al progetto.

Nei giorni in cui tocca ancora fare i conti con le tragedie umane e le macerie non solo economiche causate dall'alluvione delle Marche, il tema della difesa del suolo è stato al centro di uno degli incontri programmati dall'Associazione nazionale costruttori (Ance) in vista delle elezioni di domenica. Fatto forse inevitabile, non solo per il richiamo della cronaca, ma anche per la figura del protagonista dell'appuntamento elettorale, il leader di Italia Viva Matteo Renzi che da premier aveva battezzato la nascita dell'Unità di missione contro il dissesto idrogeologico (Italiasicura), poi smantellata dal primo governo Conte. «Il primo emendamento che presenterò, anche dall'opposizione - la promessa che Renzi ha rivolto oggi alla platea di costruttori guidata dalla presidente Federica Brancaccio - sarà proprio indirizzato alla ricostituzione di quella unità di missione».

Secondo i dati dei costruttori, uno dei problemi chiave resta quello dell'atavica lentezza con cui vengono portati avanti i progetti. Anche per realizzare micro-opere di importo inferiore ai centomila euro, in Italia impieghiamo quasi tre anni (2,7 dice la tabella dell'Ance) con un dato che aumenta sempre di più in proporzione al valore delle opere, fino ad arrivare agli 8,3 anni necessari a concludere un progetto di valore superiore a cinque milioni di euro. La maggiorparte del tempo se ne va tra progetto e autorizzazioni (3,9 anni per restare alle opere oltre 5 milioni), solo un anno si perde per la gara, il resto (3,4 anni) per il cantiere. Tempi da lumaca perfino in questi calcoli medi, figuriamoci se andassimo a caccia dei casi più estremi, delle grandi opere di cui molte zone del Paese sono ancora in attesa per garantire la sicurezza di chi vi risiede. Ci sono voluti, per esempio, 17 anni a mettere in sicurezza la foce del Bisagno a Genova (lavori partiti nel 2005 e conclusi nel 2021), ma almeno questo, dopo le alluvioni del 2011 e del 2014, ora è un capitolo chiuso. Mentre i fronti aperti, come dimostra il caso del Misa nelle Marche, rimangono ancora moltissimi.

Non è questione solo di tempo, e neppure di fondi, ma soprattutto di carenza di progetti e capacità di spesa. In 20 anni la cifra stanziata dal vecchio ministero dell'ambiente (oggi Transizione ecologica) per far fronte al dissesto idrogeologico è stata di quasi 7 miliardi di per un totale di circa 6mila progetti.

Anche la Corte dei conti ha messo di recente nel mirino i maxi-piani per la difesa del suolo presentati in pompa magna al momento degli annunci, ma poi di fatto rimasti in mezzo al guado.

Il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, per esempio, approvato con il Dpcm 20 febbraio 2019, ha messo in campo 10,9 miliardi di euro per il triennio 2019-2021. Purtroppo la maggiorparte dei progetti (quando ci sono) è rimasta sulla carta. Quel piano, è l'amara constatazione dei magistrati contabili, nella delibera dello scorso ottobre che analizza gli interventi delle amministrazioni dello stato per la mitigazione del rischio idrogeologico «non ha unificato i criteri e le procedure di spesa; non ha risolto il problema dell'unità del monitoraggio, né individuato strumenti di pianificazione territoriali efficaci in grado di attuare una politica di prevenzione e manutenzione. Permane la lentezza nell'adozione sia dei processi decisionali che di quelli attuativi, spesso condizionati da lunghi processi concertativi nazionali e locali».

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