Fisco e contabilità

Preventivi, si può non applicare il disavanzo ripianato in misura superiore rispetto al piano di riequilibrio non ancora approvato

La Sezione Autonomie della Corte dei conti interviene sulla questione di massima

di Anna Guiducci

É possibile non applicare al bilancio di previsione degli esercizi successivi il disavanzo di amministrazione ripianato in misura superiore rispetto a quanto previsto in attuazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale non ancora approvato. Con la delibera n. 9/2023, la Sezione Autonomie della Corte dei conti interviene sulla questione di massima riguardante i rapporti tra la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e la facoltà di riduzione della quota di disavanzo da applicare al bilancio di previsione.

L'articolo 111, comma 4-bis, del Dl 18/2020 stabilisce infatti che il disavanzo di amministrazione ripianato nel corso di un esercizio per un importo superiore a quello applicato al bilancio, determinato dall'anticipo delle attività previste nel relativo piano di rientro (maggiori accertamenti e/o minoti impegni), può non essere applicato al bilancio degli esercizi successivi. Con questa norma gli enti in piano di riequilibrio pluriennale finanziario possono beneficiare del maggior ripiano del disavanzo rispetto a quello applicato al bilancio di previsione, riducendo le quote da recuperare negli esercizi successivi e liberando spazi di spesa. Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale (articolo 243-bis del Tuel), osservano i magistrati, si caratterizza per un orizzonte temporale definito, una preliminare approvazione e il monitoraggio nel corso della sua attuazione. Tale piano è dunque stabile negli obiettivi concordati, che non possono essere modificati discrezionalmente, ma è rimodulabile per l'insorgere di eventi esogeni, che possono modificare il quadro di riferimento.

Gli scostamenti rispetto alle previsioni possono essere riassorbiti, se negativi, o utilizzati, se positivi, per conseguire l'obiettivo negli anni successivi. Eventuali risultati intermedi inferiori a quelli programmati sono indicativi del potenziale fallimento del piano, ma anche la situazione opposta, pur preferibile, è indice di inesatta programmazione. In tale contesto si inquadra il Dm 7 settembre 2020, che specifica la necessità, da parte dell'ente, di «quantificare il maggiore ripiano del disavanzo», «verificare se tale maggiore ripiano è determinato dall'anticipo delle attività previste nel piano», «ridurre il disavanzo da ripianare negli esercizi successivi per un importo pari al maggiore ripiano».

É dunque indispensabile che il piano approvato dall'ente sia immediatamente applicato, senza attendere il completamento dell'istruttoria ministeriale e il vaglio della Sezione regionale. Nel quadro prospettico connotato da elementi incerti e in attesa di definizione, il piano, seppure non ancora apprezzato in sede di controllo esterno, resta l'unico punto saldo di riferimento per l'avvio di un percorso credibile di risanamento. Il vantaggio dunque, per l'ente in riequilibrio, di utilizzare le risorse liberate nel rispetto del comma 4-bis dell'articolo 111 del Dl 18/2020 può essere fruito anche se il piano si trova ancora nella fase istruttoria. Ciò in quanto, a prescindere da tale circostanza, il piano assume il compito di ricondurre l'ente in riequilibrio sin dalla sua adozione. Resta in ogni caso fermo l'onere di verificare che il maggior ripiano sia determinato dall'anticipo delle attività previste nel piano di rientro per gli anni successivi, e sia, pertanto, conseguente alla registrazione dei predetti maggiori accertamenti o dei minori impegni, già indicati in bilancio in attuazione del piano di rientro.

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