Appalti

Gare, il Consiglio di Stato ribadisce: bando-tipo Anac vincolante per le Pa

La sentenza: chi contesta un avviso che segue il modello standard dell'Autorità deve impugnare anche quest'ultimo

di Roberto Mangani

Qualora la stazione appaltante abbia riprodotto nel disciplinare di gara le clausole contenute nel Bando tipo emanato dall'Anac, il concorrente che intenda contestare l'aggiudicazione davanti al giudice amministrativo - nonché le richiamate clausole - deve contestualmente impugnare anche il Bando tipo, in quanto atto presupposto. Si è espresso in questi termini il Consiglio di Stato, Sez. V, 16 gennaio 2023, n. 526, che nell'elaborare alcuni principi affermati in precedenza dalla giurisprudenza amministrativa, ripropone all'attenzione il tema della natura del Bando tipo e della funzione che lo stesso assolve rispetto all'attività delle stazioni appaltanti in sede di svolgimento delle procedure di gara.

Il fatto
La Fondazione Teatro alla Scala di Milano aveva indetto una procedura di gara, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per l'affidamento del servizio di pulizia dei locali. Nell'ambito dei criteri di valutazione dell'offerta tecnica vi era una clausola del disciplinare che faceva riferimento alla "qualità del piano di lavoro e delle apparecchiature utilizzate" e, nell'ambito di questo criterio, introduceva il subcriterio relativo al "numero di monte ore per tipologia di addetto in relazione al piano di lavoro e alle apparecchiature utilizzate". A seguito dell'aggiudicazione un concorrente non aggiudicatario impugnava la stessa. Tra i motivi di ricorso, quello centrale riguardava il ritenuto contrasto della clausola sopra richiamata con il principio di separazione dell'offerta tecnica dall'offerta economica.

Secondo il ricorrente, tenuto conto che il servizio di pulizia è da qualificare come servizio ad alta intensità di manodopera - il che comporta che l'elemento manodopera assume un valore centrale nell'economia del contratto - la formulazione della clausola avrebbe consentito alla commissione in sede di esame dell'offerta tecnica di effettuare una stima attendibile dell'offerta economica, anticipatamente all'apertura di quest'ultima. E ciò, appunto, in palese violazione del principio che vieta qualunque tipo di commistione tra offerta tecnica e offerta economica.

Il Tar Lombardia ha condiviso questa censura e, conseguentemente, ha annullato il disciplinare di gara e il relativo provvedimento di aggiudicazione. Alla base di questa decisione ha sviluppato un ragionamento articolato in diversi passaggi consequenziali. In primo luogo ha ricordato che il divieto di commistione tra offerta tecnica e offerta economica è un corollario dei principi di trasparenza dell'azione amministrativa e di par condicio tra i concorrenti, e risponde all'esigenza di evitare che la preventiva conoscenza di alcuni elementi dell'offerta economica ricavata dall'esame dell'offerta tecnica possa influenzare il giudizio della commissione su quest'ultima. In questa logica, il giudice amministrativo ha evidenziato come, per orientamento consolidato, il divieto di commistione operi anche in relazione all'astratta possibilità che tale commistione possa esservi, a prescindere dal fatto che si dimostri che la stessa si è in concreto verificata.

Alla luce di questi principi il Tar Lombardia ha assunto che nel caso di specie la clausola relativa alla valutazione dell'offerta tecnica inerente il monte ore della manodopera consentisse alla commissione di dedurre il costo del lavoro, cioè un elemento di natura strettamente economica. Elemento peraltro determinante in relazione al servizio oggetto di affidamento, in cui la manodopera e il relativo costo rappresentano il nucleo centrale dello stesso. Né poteva assumere rilievo la circostanza che tale clausola riproducesse puntualmente quanto previsto dal Bando tipo Anac, posto che secondo il giudice amministrativo le indicazioni in esso contenute non sono da considerarsi vincolanti per i singoli enti appaltanti, che possono discostarsene per garantire una valutazione dell'offerta tecnica maggiormente aderente alle specifiche caratteristiche dell'appalto da affidare.

La sentenza del Tar Lombardia è stata appellata dall'aggiudicatario davanti al Consiglio di Stato. Al di là delle ragioni di merito, l'appellante lamentava il mancato accoglimento da parte del giudice di primo grado dell'eccezione di inammissibilità del ricorso, che quindi veniva riproposta in sede di appello. In base a questa eccezione, il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile per la mancata impugnazione – unitamente al disciplinare di gara – anche del Bando tipo Anac, che ha valore vincolante nei confronti degli enti appaltanti e di cui la clausola del disciplinare oggetto di contestazione costituiva puntuale attuazione.

L'impugnazione del Bando tipo
Il Consiglio di Stato ha accolto l'eccezione di improcedibilità e di conseguenza riformato la sentenza di primo grado.In via preliminare il giudice di appello richiama la cornice giuridica in cui si inserisce il potere regolatorio dell'Anac. Essa si compone il primo luogo della previsione dell'articolo 213, comma 2 del D.lgs. 50/2016, secondo cui l'Anac emana linee guida, bandi tipo, capitolati tipo, contratti tipo e altri strumenti di regolazione flessibile per garantire la qualità ed efficienza delle stazioni appaltanti e fornire loro supporto garantendo l'omogeneità dei procedimenti amministrativi.P iù nello specifico, l'articolo 71 del D.lgs. 50 prevede che i bandi di gara siano redatti in conformità dei bandi tipo emanati dall'Anac, fatta salva la possibilità per le stazioni appaltanti di introdurre deroghe dandone evidenza nella delibera a contrarre e fornendo espressa motivazione. Specie in relazione a questa seconda previsione, il Consiglio di Stato evidenzia come il Bando tipo dell'Anac rappresenti un parametro dell'azione amministrativa delle stazioni appaltanti, che vincola queste ultime a uniformarsi allo stesso, salva una limitata facoltà di deroga che peraltro va espressamente motivata.

La logica conseguenza di questa affermazione è che il Bando tipo costituisce l'atto presupposto del disciplinare di gara, che sostanzialmente riproduce i suoi contenuti. Questa concatenazione di atti ha un immediato riflesso sotto il profilo processuale. È infatti necessario che chi impugna il disciplinare relativo alla specifica gara impugni anche il Bando tipo, in quanto livello di regolazione superiore all'atto immediatamente lesivo. La mancata impugnazione del Bando tipo in quanto atto presupposto comporta infatti che, anche in caso di esito favorevole del contenzioso, il ricorrente non otterrebbe alcun vantaggio pratico, in quanto l'ente appaltante, in sede di riedizione della gara, non potrebbe che conformarsi nuovamente al contenuto del Bando tipo (non impugnato). Da qui la conclusione - applicata anche al caso di specie - secondo cui la mancata impugnazione del Bando tipo farebbe venir meno la sussistenza dell'interesse a ricorrere, con il conseguente accoglimento dell'eccezione di inammissibilità del ricorso.

In realtà quest'ultima considerazione non convince del tutto. In primo luogo, l'esito positivo del ricorso ha comunque l'effetto di annullare l'intervenuta aggiudicazione, e quindi sotto questo profilo può comunque produrre un effetto utile. In secondo luogo, l'ente appaltante - anche a seguito del contenuto della sentenza – potrebbe decidere di modificare la clausola oggetto di contestazione nella successiva gara, avvalendosi della facoltà di deroga che gli è consentita e quindi sottraendosi al potere conformativo del Bando tipo.

Valore ed effetti del Bando tipo
In un passaggio della pronuncia il Consiglio di Stato richiama i dubbi sulla natura giuridica del Bando tipo, così come degli altri atti di regolazione flessibile di competenza dell'Anac. Si tratta in effetti di un tema molto discusso, così come non è pacifica la esatta definizione degli effetti che il Bando tipo ha sull'attività amministrativa degli enti appaltanti in sede di redazione dei singoli bandi di gara. Appare tuttavia indubbio che, a fronte della specifica previsione contenuta all'articolo 71 del Dls. 50 sopra ricordata, il Bando tipo crea un vincolo conformativo nei confronti delle stazioni appaltanti, derogabile solo previa espressa motivazione. La disposizione indicata è peraltro riprodotta negli stessi termini nello schema del nuovo Codice dei contratti pubblici (articolo 83, comma 3).

È evidente che si tratta di una previsione che limita in maniera significativa la discrezionalità degli enti appaltanti, incidendo sulle modalità di svolgimento dell'attività amministrativa. Limitazione che viene attenuata solo dalla facoltà che è consentita ai medesimi enti di discostarsi dalle prescrizioni del Bando tipo, derogando alle relative clausole purché ne diano espressa motivazione.Si tratta evidentemente di un compromesso tra diverse esigenze. Da un lato quella di favorire un processo di omogeneizzazione dell'attività delle stazioni appaltanti nello svolgimento delle procedure di gara, evitando comportamenti diversi e eventualmente contraddittori. Dall'altro, l'esigenza di non annullare del tutto la discrezionalità amministrativa, che deve comunque potersi esplicare senza essere totalmente azzerata dal potere regolatorio dell'Anac. Esigenze e tematiche che peraltro si ripropongono in tutti i settori dove opera un'autorità regolatoria, i cui poteri vanno esercitati nel rispetto dell'assetto complessivo dei singoli ordinamenti.

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