Amministratori

Prima i servizi essenziali e le priorità regionali - Calderoli: «Intesa con tutti»

Fedriga: «Sul Pnrr si rischia, emergenza democratica dall’incertezza normativa»

di Gianni Trovati

Gli «appunti di lavoro» con l’ipotesi di un trasferimento di funzioni alle Regioni in base alla spesa storica sono stati «una provocazione» per avviare la macchina. Sul fatto che prima vadano identificati i livelli essenziali delle prestazioni, cioè i servizi da garantire e finanziare in tutta Italia, c’è «un accordo unanime». E il testo della legge quadro «è in fase di riscrittura integrale, a 40 mani, e troveremo l’accordo con tutti».

Al ministro per gli Affari regionali e le Autonomie non difetta l’attenzione alla tattica. Sa che per portare a casa davvero l’autonomia differenziata, bandiera storica della “sua” Lega, quella dello scontro in maggioranza non è la via più agevole. E così dopo il Calderoli acceleratore dei primi giorni arriva il ministro ecumenico che cerca, e ha buone chance di trovare, l’accordo con le Regioni sull’autonomia differenziata dopo aver blindato in manovra la fase di definizione dei Lep nei prossimi 12 mesi. «Prima che mi arrivino le vostre proposte non chiudo il testo - ha detto Calderoli ai presidenti di regione -, che porterò prima a voi e poi al consiglio dei ministri». Nella bozza finale troverà più spazio anche il sistema di perequazione per sostenere i territori meno ricchi.

Sul tema, si sa, l’approccio degli amministratori è variegato, ed è emerso anche ieri alla prima edizione del Festival delle Regioni e delle Province autonome organizzato a Milano dalla conferenza dei presidenti. Per Attilio Fontana, padrone di casa a Palazzo Lombardia, «il momento di rivedere l’organizzazione dello Stato è arrivato». Il suo collega veneto Luca Zaia ha lanciato l’idea del «decalogo» in cui riassumere le proposte regionali attese da Calderoli. «Non ho pregiudizi - spiega da Sud Roberto Occhiuto, presidente della Calabria - ma l’autonomia deve andare di pari passo con i diritti».

L’idea alla base del Festival, ha spiegato Massimiliano Fedriga che da presidente della Conferenza delle Regioni è stato il primo promotore dell’evento, è quella di rilanciare il «ruolo centrale della collaborazione fra governo e territori». Una collaborazione mancata sul Pnrr che «è stato scritto senza le Regioni», sostiene Fedriga puntando l’indice più sulla gestazione nel Conte-2 che sulla definizione finale targata Draghi. E oggi «il Pnrr va fatto evolvere perché solleva molti rischi», accentuati da una «incertezza normativa che è oggi una vera emergenza democratica».

E proprio su semplificazioni normative, taglio della catena istituzionale e rapporto più stretto sulle regioni si basa quel ripensamento della governance del Pnrr che l’esecutivo ha messo in agenda fin da subito. «Noi non vogliamo scontri con la Ue e il raggiungimento degli obiettivi 2022 è indiscutibile, è tornato a chiarire il ministro per il Pnrr Raffaele Fitto che sta coordinando i lavori del decreto legge chiamato nei prossimi giorni a chiudere i target fin qui zoppicanti. «Ma l’orizzonte del governo è al 2026, non si esaurisce al 31 dicembre, ed è bene che oggi si faccia una valutazione complessiva sulle scadenze». Anche perché il consuntivo in arrivo sul Fondo di sviluppo e coesione «non è esaltante», anticipa il ministro. E una replica di queste performance sul Pnrr sarebbe disastrosa.

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