Regis, Cig, Dnsh, il linguaggio del diavolo che frena il Pnrr
Il diavolo, si sa, è nei dettagli, e nel Pnrr è nell’attuazione, come ormai è evidente dai pesanti ritardi nella spesa evidenziati dall’Osservatorio OReP fin dal 2021. Il decreto Pnrr 3 tenta con buone intenzioni di rimediare ai problemi accumulati, con una profonda ristrutturazione della governance e importanti semplificazioni per accelerare affidamenti ed esecuzione lavori.
L’accentramento della responsabilità politica in capo al ministro Fitto e di quella amministrativa al dipartimento per le Politiche di coesione è un importante passo avanti, ma probabilmente non basta perché appunto poi sono i dettagli che possono ostacolare, ritardare o rendere impossibile la messa a terra dei progetti.
Alcuni esempi: le linee guida di alcuni ministeri (ma non è possibile avere una linea guida unificata per tutti?) per la gestione dei fondi introducono vincoli ulteriori rispetto alla normativa generale sui contratti pubblici. Sugli affidamenti diretti, se quelli sotto soglia possono essere fatti senza richiedere più preventivi, perché alcune linee guida e risposte a Faq vanno nella direzione opposta? Tipico atteggiamento zelante che non aiuta, specie i privati già alle prese con la necessità di applicare una disciplina dei contratti pubblici che non necessita di ulteriori complessità. Bisognerebbe ispirarsi al divieto di gold plating, che purtroppo per primo il legislatore fatica a rispettare. Ottenere un Cig, indispensabile per compiere qualsiasi atto legato all’attuazione degli investimenti e vedersi riconoscere le spese effettuate dovrebbe essere la cosa più facile del mondo, ma per i soggetti privati privi di personalità giuridica è quasi impossibile, se non a costo di estenuanti tentativi. Così come è impossibile per i privati comportarsi al 100% come stazioni appaltanti, perché non lo sono e dunque non hanno gli accessi privilegiati al sistema dei controlli che hanno le Pa. Come fa un privato a controllare ad esempio i casellari giudiziari? O ad accedere al casellario informatico Anac riservato alle stazioni appaltanti? Eppure, le famose linee guida esplicitano che senza i dovuti controlli non si possono firmare i contratti.
Si deve poi tracciare tutta l’attività sulla piattaforma Regis. Forse qualcuno dovrebbe verificare se è davvero così facile. Fare un rendiconto suRegis è un’avventura che può durare giorni e dall’esito incerto, senza contare che per ogni spesa vanno allegate decine di moduli.
Gli adempimenti Dnsh sono onerosissimi e cambiano a seconda dell’investimento. Molte progettazioni sono partite con relazioni sbagliate e incomplete. Vogliamo rischiare di far saltare gli investimenti per questo?
Sulla procedura che consente alle stazioni appaltanti di richiedere le risorse per la revisione prezzi legata al costo delle materie prime, molte imprese lamentano la difficoltà di fatturare le opere eseguite, per i tempi lunghissimi del ministero delle Infrastrutture a evadere le richieste. Non sarebbe un danno enorme se le imprese potessero emettere in ogni caso fattura per scontare il credito presso le banche. Ma le Pa non accettano le fatture adducendo che, in mancanza di positivo riscontro dell’istanza, l’eventuale accettazione in mancanza di copertura determinerebbe responsabilità contabile in capo all’ente.
Si può aumentare il personale, stabilizzarlo, si possono chiamare esperti a sostenere le Pa ma se non si rimuove la sabbia dagli ingranaggi tutto sarà inutile. E forse bisognerebbe riflettere se il personale selezionato con criteri d’urgenza sia quello più qualificato a gestire partite così delicate e se la procedura sia costituzionalmente corretta.
La legge Calderoli e l’eterno ritorno del residuo fiscale
di Floriana Cerniglia (*)