Fisco e contabilità

Per Torino 1,12 miliardi e più addizionali Irpef

L’aliquota sale all’1,1% sui redditi 28-50mila euro e all’1,2% per quelli sopra

di Gianni Trovati

Partito la settimana scorsa da Napoli, il tour dei Patti governativi per salvare le città in crisi fa tappa a Torino. Dove suona la stessa musica fatta sentire al Maschio Angioino: perché analoga è la profondità dell’abisso contabile da cui risalire.

Solo in apparenza infatti i numeri con cui la nuova giunta di Stefano Lo Russo deve fare i conti sono meno pesanti di quelli napoletani. A Torino il disavanzo del 2020 si è fermato a 888 milioni, lontano dai 2,47 miliardi registrati a Napoli. Ma la «esposizione finanziaria» che nel meccanismo dei Patti misura l’entità del problema da affrontare è fatta di due voci, e al disavanzo annuale affianca il debito. E qui Torino vola a un’altezza simile a quella napoletana, con i 2,58 miliardi registrati dal consuntivo 2020.

Nasce così il maxi-assegno avviato ieri dal governo Draghi verso Palazzo di Città. Vale 1,12 miliardi in 20 anni, e concentra 471,1 milioni (il 42%) nei primi cinque anni; quelli del Pnrr e della giunta a guida Pd, nata a ottobre dallo stesso turno amministrativo che ha visto trionfare a Napoli Gaetano Manfredi.

Per costruire il Patto Manfredi si è affidato a un “papa straniero” dalla lunga esperienza politica come il veneziano Pier Paolo Baretta. A Torino invece si è scelto di giocare in casa. Il compito di rimettere in piedi il bilancio è stato affidato a Gabriella Nardelli, commercialista energica, studio in centro e ricca esperienza di conti locali maturata come revisore, amministratore di società pubbliche, docente, consulente della Corte dei conti ed esperta del consiglio nazionale dei dottori commercialisti.

La cura Lo Russo-Nardelli si è concentrata subito sulle entrate, con un’accelerazione della consegna dei carichi alla Soris, la società di riscossione, una revisione delle rateizzazioni, l’interruzione dei termini di prescrizione per vecchi crediti e un utilizzo più ampio degli strumenti deflativi.

Il recupero della capacità di riscossione è indispensabile, perché Torino viaggia più veloce di Napoli (43,2% di competenza e residui secondo i dati Rgs contro il magro 25,2% partenopeo) ma resta lontana dalla media nazionale (65,9%). Da solo però non basta. E il 25% del Patto a carico del Comune sarà finanziato anche dai circa 180mila torinesi (un terzo dei contribuenti) che dichiarano più di 28mila euro: per i redditi fino a 50mila euro l’addizionale salirà dall’8 all’11 per mille, e sopra arriverà al 12 per mille.

Per far correre in senso contrario le spese, invece, una città super-indebitata come Torino deve guardare prima di tutto agli interessi, e puntare sulla rinegoziazione dei contratti con l’impianto normativo che il governo ha ormai completato e sul taglio delle anticipazioni di tesoreria. Ma anche partecipate e personale dovranno dare una mano con una revisione organizzativa chiamata a ridurre la spesa.

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