Imprese

Edilizia sanitaria al rallentatore: ancora da spendere 10 miliardi

In oltre 30 anni su 23 miliardi impegnati solo 13,7: Regioni a velocità diverse, al via tavolo a Palazzo Chigi per sbloccare i fondi e superare i colli di bottiglia

di Barbara Gobbi

La buona notizia è che i soldi, tanti, ci sono. Risorse a bilancio ordinario, pronte da spendere per chi lo voglia e lo sappia fare. La cattiva notizia è che – come spesso accade in Italia – fino a oggi sono rimaste in buona parte nel cassetto. Stiamo parlando dell'edilizia sanitaria: tema cruciale in un paese come il nostro dove la vetustà delle strutture ospedaliere, bene pubblico essenziale, va di pari passo con quella delle scuole. Eppure, e non da ieri ma da oltre trent'anni, lo stanziamento pubblico non è certo irrilevante: oltre 23 miliardi destinati da oltre 30 anni ad accordi di programma tra lo Stato e le singole Regioni, strumenti di programmazione della spesa che a oggi risultano però sottoscritti solo per il 56,6% delle risorse da impiegare. Tredici miliardi, per la precisione 13,7 miliardi, i fondi già impegnati con gli accordi sottoscritti al 2022 – e anche in questo caso non sempre spesi - mentre quasi 10 miliardi restano ancora nel portafoglio del Mef. Quello dell'edilizia sanitaria, per cui la "madre di tutte le leggi" è la n. 67 dell'11 marzo 1988 che all'articolo 20 prescriveva un programma straordinario di investimenti in sanità, è un rompicapo che il Governo è deciso a risolvere, insieme alle Regioni. Perché – è questa la logica - ben venga la pioggia di quasi 200 miliardi da Recovery Plan – ma laddove i fondi nazionali già ci sono, è lì che bisogna attingere. Con efficienza e competenza, capacità di spesa e di programmazione e personale adeguato.

Una scommessa non da poco: se nei trentaquattro anni dal famoso "articolo 20" qualcosa evidentemente non ha funzionato, il cambio di passo per l'edilizia sanitaria dovrebbe finalmente arrivare dal nuovo Tavolo interministeriale promosso dal Cipess e coordinato da Palazzo Chigi attraverso il Dipartimento programmazione economica. Partecipano anche Mef, Salute, Regioni, Agenas, Cdp e i Dipartimenti per Affari Regionali, Coesione e Trasformazione digitale. L'obiettivo è capire dove il meccanismo s'inceppa e perché le Regioni fatichino tanto a innovare. Poi, prenderle per mano.Un primo traguardo è stato stimare – sulla base della ricognizione affidata dal Cipess alla direzione Programmazione sanitaria della Salute - l'entità complessiva delle risorse in palio, di quelle messe già a frutto e della metà ancora in giacenza. Ora tocca al lavoro di fino: sbrogliare la matassa Regione per Regione, tirare una linea e ripartire di buon trotto. «Le risorse ci sono. Con l'ultima assegnazione della legge di bilancio siamo arrivati a 34 miliardi complessivi, considerando sia l'edilizia sanitaria strettamente intesa sia le tecnologie scientifiche a supporto della sanità e altre linee di finanziamento contemplate dal programma», spiega Gabriele Pasquini, coordinatore del Tavolo per la Presidenza del Consiglio e coordinatore PPP (partenariato pubblico-privato) negli ultimi dieci anni. Intanto i soldi continuano ad arrivare: sul riparto degli ultimi due miliardi proprio nei giorni scorsi c'è stato il via libera della Conferenza Stato-Regioni.

«Il cuore del problema – prosegue Pasquini - è spendere questi soldi, e in tempi coerenti con le esigenze dei sistemi sanitari regionali. Il Tavolo lavorerà a ritmo serrato per individuare le criticità sul fronte spesa, proponendo azioni correttive. Alcuni problemi sono noti: uno su tutti la scarsa capacità delle amministrazioni di unire programmazione a progettazione, ma ci sono anche situazioni che riguardano solo una o più Regioni. L'idea è creare un processo e strumenti di accompagnamento per le Regioni e per le aziende sanitarie, una sorta di cabina di regia di supporto». La scommessa non è da poco, se a fare i conti a spanne dal 1988 non si è riusciti a spendere un miliardo l'anno - 34 miliardi in 34 anni -: entro ottobre il Tavolo produrrà un documento che metta in fila criticità e soluzioni, anche guardando alle buone pratiche delle amministrazioni che in questi anni sono riuscite a programmare e a spendere con efficienza. Come sempre accade in sanità, l'Italia è un puzzle anche sul fronte edilizia: se Emilia-Romagna, Veneto, Toscana - ma anche Bolzano che ha attuato al 100% gli accordi di programma - sono a buon punto, ci sono Regioni come Sicilia, Campania o Puglia dove resta fermo quasi un miliardo. Mentre i "giganti" Lombardia e Lazio superano il miliardo di fondi ancora in cascina.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©