Amministratori

Concorrenza, il governo accelera su servizi locali e concessioni

Previsto il primo sì ai decreti attuativi, poi la palla al prossimo esecutivo. Vincoli all’in-house, pubblicazione preventiva della scelta

di Gianni Trovati e Stefano Pozzoli

Il governo Draghi prova a mantenere la rotta sull’attuazione della legge sulla concorrenza, riforma qualificante per i fondi del Pnrr. E a 10 giorni dalle elezioni porta in consiglio dei ministri i primi due decreti legislativi chiamati a tradurre in pratica la norma quadro. Ma la mossa agita l’ex maggioranza.

Nella riunione di oggi è atteso l’esame dei provvedimenti sulla riforma dei servizi locali e sulla mappatura delle concessioni. Non entra in questo primo giro il testo sui balneari, che insieme ai taxi solleva i temi più spinosi per i partiti, e in particolare per il centrodestra. La scelta dei temi da cui partire non è quindi casuale. Ma tanta cautela non basta. Il testo sulle concessioni, per quanto piuttosto timido perché getta solo le premesse del monitoraggio, è sufficiente a far minacciare le dimissioni del ministro del Turismo Massimo Garavaglia: «Non è il momento - dice -, se si fa me ne vado».

Procedura e strategia

Nell’ottica rilanciata a più riprese da Draghi, però, il lavoro sui provvedimenti non si può fermare per due ragioni principali:  nella clessidra del Pnrr la sabbia continua a scorrere, e l’approvazione preliminare dei decreti è una tappa di quel  passaggio di testimone il più possibile «completo e trasparente» annunciato dal premier.

L’approdo in consiglio dei due provvedimenti non è comunque garanzia della loro approvazione né di tenuta dei contenuti. Dopo il primo passo a Palazzo Chigi i decreti andranno alle commissioni parlamentari, prima di tornare in consiglio dei ministri per il via libera finale. Di questi passaggi si occuperà il nuovo Parlamento e, verosimilmente, il futuro governo.

Il testo sui servizi pubblici, spiega la bozza,applicherà le nuove regole a tutte le attività «di interesse economico generale». Le sue disposizioni «prevalgono sulle normative di settore e le integrano in quanto espressione di principi generali» (articolo 4). Ne restano però esclusi la distribuzione di energia elettrica e gas (sempre articolo 4) e, curiosamente, le funivie (articolo 35).

Contro l’in house

Il primo bersaglio del decreto è rappresentato dagli affidamenti in house. Per i servizi non a rete, si limita a cinque anni la durata dell’affidamento, fatte salve deroghe motivate dall’esigenza di «assicurare l’ammortamento degli investimenti, secondo quanto asseverato nel piano economico-finanziario». L’asseverazione, però, riguarda i servizi a rete, per cui occorrerà un chiarimento sul punto.

In tutti i settori, nel corso della revisione annuale delle partecipazioni (la «razionalizzazione periodica» ex articolo 20 del Testo unico) gli enti dovranno giustificare il mantenimento dell’affidamento del servizio a società in house, anche in relazione ai risultati conseguiti nella gestione. Nel passaggio parlamentare della delega era naufragata la previsione di una comunicazione preventiva al mercato dell’affidamento in house. Ma il decreto torna a proporre qualcosa di analogo quando spiega che «il contratto di servizio è stipulato decorsi 60 giorni dall’avvenuta pubblicazione della deliberazione di affidamento alla società in house sul sito dell’Osservatorio per i servizi pubblici locali».

Addio alle aziende speciali

Tra le altre novità è da segnalare la fine della possibilità di adottare la forma dell’azienda speciale nei servizi a rete. Le aziende speciali sopravvivono però negli altri settori (articolo 14).

Si mantiene il principio che i Comuni possano individuare i servizi di interesse generale utili al territorio, al contrario di quanto poteva sembrare dalla legge delega. Si cerca però di incentivare le aggregazioni, attribuendo a Città metropolitane, Province e Comuni capoluogo un ruolo di motore. In linea gli accordi comunitari è rafforzata la distinzione tra funzioni di regolazione e gestione nell’assetto organizzativo degli enti locali, interpretandola anche in senso di nuovi criteri di inconferibilità e incompatibilità tra chi esercita l’una o l’altra funzione (articolo 6). Vengono poi attribuite alla presidenza del Consiglio le competenze regolatorie nei servizi non a rete, ad oggi di fatto proprie dei soli enti locali.

Per tutti i servizi saranno individuati indicatori di qualità che serviranno ai Comuni per predefinire «condizioni, principi, obiettivi e standard della gestione».

Concessioni sotto esame

Al monitoraggio delle concessioni, spiega invece l’altro decreto oggi in consiglio dei ministri, provvederà un nuovo cervellone elettronico («Siconbep») al ministero dell’Economia, che chiederà a tutte le Pa proprietarie o titolari della gestione dei beni in concessione di comunicare periodicamente tutti i dati chiave, dalle modalità di assegnazione della concessione alla durata, i rinnovi (allo stesso soggetto, a società controllate o collegate), fino naturalmente all’«entità del canone» corredata da «ogni dato utile a verificare la proficuità dell’utilizzo economico del bene». Mancano però tempi e modi del monitoraggio. L’obiettivo è di riportare i canoni a un livello più vantaggioso per lo Stato che oggi spesso è a un passo dal regalare beni pubblici, contando anche sull’opinione pubblica perché i dati saranno pubblicati in forma aggregata sul sito del Mef. Nella strategia del governo il tutto dovrebbe aiutare a scardinare anche le resistenze sulle concessioni balneari: sempre che questa strategia sopravviva alle elezioni.

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