Amministratori

Al via la stagione del nuovo «giornalismo pubblico» anche in enti locali e sanità

di Sergio Talamo

Dopo Funzioni centrali e Istruzione, anche i contratti collettivi dei comparti Funzioni locali (470mila lavoratori degli Enti territoriali) e Sanità (540mila lavoratori di aziende sanitarie e ospedaliere del Ssn, policlinici universitari, Arpa, istituti zooprofilattici sperimentali e altri istituti di cura) hanno rilanciato le funzioni comunicative pubbliche.
I contratti, stipulati nel febbraio scorso, dedicano alla materia due specifici articoli: il 18bis per le Funzioni locali e il 13 per la Sanità.
In entrambi i casi, è prevista l’«istituzione di nuovi profili per le attività di comunicazione e informazione». Un passo avanti che incontra però un ostacolo: la Federazione nazionale della Stampa, sindacato unitario dei giornalisti, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Roma la parte del Ccnl Enti locali relativa ai profili giornalistici, perché «tali profili sono stati definiti unilateralmente dall'Aran, senza consentire alla Fnsi di intervenire nella trattativa». Il sindacato si richiama sia alle norme di legge della 150/2000 sia ad una sentenza del 2006 in cui lo stesso Tribunale di Roma aveva riconosciuto «la piena legittimità della Fnsi a partecipare alle trattative sindacali del pubblico impiego, per la parte riguardante i profili dei giornalisti». Fnsi aggiunge di essere «sempre pronta al dialogo con l’Aran», considerato che «la definizione dei profili professionali è un passaggio essenziale e irrinunciabile (...) anche alla luce degli obblighi di pubblicità e trasparenza degli atti e di informazione nei confronti dei cittadini che gravano sulle Pubbliche amministrazioni».

L’approfondimento
Come si può notare, anche in questo ‘incidente di percorso’ viene ribadito che il quadro in cui si è prodotta la svolta dei profili, attesa da molti anni, è la Pubblica amministrazione segnata dalla Trasparenza totale e dalla digitalizzazione. In essa il cittadino acquista nuovi e potenti diritti, fra cui spiccano l’accesso ad ogni atto o documento pubblico, che secondo il Dlgs n. 97 del 2016 (Freedom of informaction act italiano) gli deve essere garantito indipendentemente da ogni legittimazione soggettiva o oggettiva, nonché il diritto ad essere riconosciuto attraverso la propria identità digitale, ad usufruire di servizi on line e a verificare anche da remoto lo stato delle proprie pratiche. Un set di diritti che trova ispirazione in principi più ampi, come il controllo civico sulla qualità dei servizi e la piena partecipazione alle decisioni pubbliche: nelle sue linee guida, l’Anac definisce la Trasparenza totale «condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali e dell’amministrazione aperta». A tale impostazione si collegano molti altri provvedimenti legati alla Riforma della Pa - legge n. 124 del 2015 –, fra cui le linee guida sulle consultazioni pubbliche, la legge sulla Performance «partecipata» dai cittadini e le varie raccomandazioni Agid su siti e servizi on line, in cui si può leggere, ad esempio, che «il cittadino deve essere posto al centro della progettazione di un servizio (...) coinvolto in tutte le fasi dello sviluppo», e che «occorre progettare servizi pensando che verranno fruiti mediante dispositivi mobili». Indicazioni che rimandano ad un’altra questione chiave della nuova comunicazione, l’uso professionale dei social media nei rapporti fra Pa e cittadini.
E proprio i social sono una delle novità assolute dei nuovi profili, che nelle funzioni attribuite dai nuovi contratti alla comunicazione pubblica sembrano «anticipare» una profonda revisione della legge n. 150 del 2000, dimostrando così forte apertura al quadro normativo della Pa riformata. Il cambio di passo, nato dall’impulso dato dalla Ministra Marianna Madia, è anche il frutto del lavoro delle due organizzazioni che hanno principalmente contribuito al nuovo disegno: da un lato la stessa Federazione della stampa, che, d’intesa con l’Ordine dei giornalisti, ha presentato all’Aran una piattaforma molto ampia e del tutto rinnovata rispetto agli schemi della legge n. 150 del 2000; dall’altro l’associazione PAsocial, promotrice di un nuovo modello organizzativo, «l’Ufficio comunicazione stampa e servizi al cittadino», una sorta di newsroom che abbatte le anacronistiche barriere fra comunicazione e informazione (modello, peraltro, ripreso dall’articolo 59 del Ccnl Istruzione, che istituisce l’ “Area Informazione e Comunicazione”). Fra le funzioni dei nuovi profili, oltre all’uso dei social, si può rintracciare uno skill professionale della ‘comunicazione trasparente’ fino a ieri impensabile. Accanto a mansioni tradizionali come media relations e comunicazione interna, si indicano infatti la gestione dell’accesso civico, le consultazioni pubbliche, la gestione degli eventi e l’uso evoluto della comunicazione web. Tutte attività da realizzare «in relazione ai fabbisogni dell’utenza», secondo una visione che, in gergo aziendale, si chiama «comunicazione customer oriented».
Nei profili delle Funzioni centrali e dell’Istruzione erano anche previsti dei rimandi a «code contrattuali», da collocarsi «nell’ambito dei lavori della commissione di cui all’articolo 12 – (articolo 43 per il Ccnl Istruzione, ndr), anche in relazione alle modalità specifiche di adesione alle casse previdenziali e di assistenza dei giornalisti, alla definizione dei percorsi formativi, ad eventuali e specifiche modalità di articolazione dell’orario di lavoro». È proprio l’assenza di questi rimandi nel contratto Enti locali (ed anche in quello Sanità) ad aver provocato l’iniziativa giudiziaria della Fnsi.

Conclusioni

A parte la questione di chi deve sedere al tavolo della trattativa, va detto che se l’impianto dei nuovi profili comunicativi è punto di partenza per un rilancio organico della comunicazione pubblica, le nuove norme non possono essere considerate risolutive. La loro articolazione risente in modo esplicito della legislazione vigente, e infatti ripropone una divisione fra comunicazione e informazione che non trova più alcun riscontro nella realtà della comunicazione pubblica e neppure nelle esigenze delle Pa. In una fase di così profondo mutamento normativo e anche culturale, le Amministrazioni hanno la necessità di essere contagiate nella loro interezza dalla forma mentis della trasparenza e del servizio al cittadino. E tale necessità non può che essere garantita da un presidio professionale unitario e compatto, sia pure nell’articolazione delle differenti funzioni (media relations e informazione social multimediale, gestione dell’accesso civico generalizzato, consultazioni pubbliche e citizen satisfaction legate alle carte dei servizi ed alla performance, gestione eventi e comunicazione interna). La separazione delle funzioni, già polverosa nel 2000, 18 anni dopo risulta del tutto irrealistica e controproducente. Non a caso, nella distribuzione delle funzioni, i contratti collettivi si muovono in modo piuttosto irrazionale, attribuendo ad esempio i social al ‘comunicatore’ e l’accesso civico ‘all’informatore’ ... una chiara spia della difficoltà di separare funzioni che oggi già sono, ma soprattutto vanno normativamente concepite e gestite in modo unitario. Significativo, in questa prospettiva, il percorso che le associazioni dei giornalisti stanno compiendo, di apertura della categoria a tutti i nuovi comunicatori pubblici. È un altro passo verso la «legge 151», così come viene spesso chiamata la normativa che riformerà la 150/2000.

Ma anche in questa fase di passaggio, i nuovi profili hanno suscitato reazioni positive, in una comunità professionale che negli ultimi due decenni ha spesso operato in condizioni di marginalità se non di vero e proprio «volontariato istituzionale». L’Anci, per bocca di Umberto Di Primio, vicepresidente e Sindaco di Chieti, plaude alla «valorizzazione di professionisti quali gli avvocati e i giornalisti degli Enti». Per il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, «le molteplici attività di comunicazione della Pubblica amministrazione e gli obblighi di trasparenza, pubblicità, diffusione degli atti e comunicazione con i cittadini imposti dal Foia, possono rappresentare un'occasione per creare nuovi sbocchi professionali in un quadro di regole certe e definite». Ed anche dal territorio le attese sono elevate: «Il riconoscimento del profilo professionale – dice Gabriele Palamara, responsabile dell’Ufficio relazioni con il pubblico e comunicazione istituzionale dell’Agenzia tutela salute di Bergamo, una best practice della nuova comunicazione social e di servizio - rappresenta una svolta importantissima per tutti coloro che operano nel settore comunicazione in Sanità, perché permette l'ingresso e il riconoscimento di nuove figure con un inquadramento chiaro ed esaustivo, e riconosce il lavoro svolto da operatori ogni giorno al servizio di cittadini e colleghi. Dalla terra di nessuno si procede finalmente verso confini definiti».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©