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Fari, caserme, forti: rinascono 142 beni

Chissà se l’espressione «federalismo culturale» dirà qualcosa alle centinaia di giovani che la notte di San Silvestro si accampano sotto il Faro di Punta Palascia per essere i primi a vedere l’alba del nuovo anno. Ma se la torre ottocentesca di Otranto (Lecce), destinata a ospitare gli alloggi della Marina militare, è stata restituita alla collettività, lo deve a quel percorso di trasferimento, dal centro alla periferia, dei “gioielli” statali avviato nel 2010 e che ha interessato 142 beni. Per un valore “di libro” di 600 milioni. Che pare destinato a crescere per gli investimenti (in alcuni casi milionari), realizzati o programmati dagli enti locali impegnati nella valorizzazione. A volte in tandem con i privati. Numeri anche questi da tenere presenti quando si parla di dismissioni immobiliari come il governo gialloverde ha iniziato a fare immaginando di portare a casa 18 miliardi.

La mappa dei beni

Avviato dal decreto legislativo 85/2010 insieme al federalismo demaniale ordinario, quello culturale ha incontrato da subito un maggiore interesse degli enti locali. Complice una situazione di partenza più appetibile visto che si tratta di immobili di pregio storico-artistico. Il territorio più interessato si è rivelato il Veneto con 26 trasferimenti, davanti alla Liguria (25) e all’Emilia Romagna (22). Quelli arrivati al traguardo finora sono 11. Tra cui spiccano, oltre al faro di Punta Palascia: il Castello Aragonese di Otranto che oggi è un museo, la casa di Boccaccio a Certaldo (Firenze) e quella del Cucò a Teglio (Sondrio) che ospitano due biblioteche, le ex Scuderie reali di Villa Favorita che contribuiscono a dare lustro al “miglio d’oro” di Ercolano (Napoli).
Il quadro che emerge dai restanti 131 beni, per cui è in corso la valorizzazione, è abbastanza variegato. Per alcuni cespiti (l’ex Castello Abbaziale Sant’Ambrogio di Torino o i teatri Testoni a Bologna e La Pergola a Firenze) la conclusione del progetto è alle porte e le attività - ricettiva per i primi e culturali per i secondi - sono già possibili. Per altri è consentito un utilizzo almeno parziale (Palazzo Farnese a Piacenza o la Torre ex Stazione Vedetta di Diamante). In rari casi, invece, siamo ancora alle prime battute. O perché il Comune non ha ancora i fondi, come per l’ex riformatorio Filangieri di Napoli, chiuso da 20 anni. O perché lo stabile è inagibile per le conseguenze post-sisma, come l’ex stazione ferroviaria di Capigliano (L’Aquila).

Gli altri programmi in corso

Un altro filone di riconversione di beni statali inutilizzati è quello attivato dal Demanio e dalla Difesa. Il primo intervento, insieme ai Beni culturali e agli enti locali , è stato ribattezzato “Cammini e percorsi” perché si propone di valorizzare gli immobili dimessi che si trovano lungo cammini e ciclovie. Il tema di fondo è quello del turismo lento.
Sono già stati chiusi due bandi e altrettanti sono previsti per il prossimo anno. Al momento sono stati messi a gara 46 beni gestiti dal Demanio: 11 sono stati aggiudicati in concessione gratuita (durata del contratto nove anni) e quattro in concessione di valorizzazione (affitto per 50 anni, a fronte del pagamento di un canone, che per i beni assegnati è di complessivi 60mila euro l’anno).
C’è, poi, il filone dei fari della Marina militare messi a gara da Difesa servizi Spa. A oggi sono stati resi disponibili 19 fari , di cui 10 aggiudicati, mentre per 4 l’iter è in via di perfezionamento. I fari già in concessione (contratto di 19 anni) assicurano allo Stato un canone di 450mila euro l’anno, a cui bisogna aggiungere un risparmio per la Difesa, in termini di manuntenzione, di un altro mezzo milione circa. Due fari - Capofaro sull’isola di Salina e Punta Fenaio al Giglio - sono già stati riconvertiti in strutture turistiche e hanno aperto. In stand by, invece, il progetto di Anas di cessione delle case cantoniere dismesse, da trasformare in punti di ristoro e accoglienza lungo le rotte del turismo lento.

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