Urbanistica

Bonus casa, capacità di acquisto di 100 miliardi con le partite Iva

Le ultime modifiche, che consentono alle banche di vendere i crediti anche agli autonomi, aumentano di 30,3 miliardi il plafond dei potenziali compratori. Attesa per la risposta del mercato

di Dario Aquaro, Cristiano Dell'Oste e Giuseppe Latour

Sfiora i 100 miliardi di euro la capacità d'acquisto di crediti fiscali da parte di società di capitali e partite Iva individuali. È questo il potenziale annuo cui guardano le norme dei decreti Aiuti e Aiuti bis varate per far ripartire le cessioni dei bonus edilizi e del superbonus. Le stime del Sole 24 Ore del Lunedì danno una misura delle cifre in gioco e aiutano a ragionare sulle possibilità di ripresa del mercato dopo il blocco scattato nei mesi scorsi in seguito alla stretta antifrodi. La natura dello stallo è ben nota alle imprese coinvolte nei lavori, ma anche ai committenti privati e ai condomìni: oggi è quasi impossibile trovare acquirenti per crediti d'imposta legati a nuovi cantieri, sia per le responsabilità cui vanno incontro i compratori dopo le ultime interpretazioni delle Entrate (circolare 23/E del 23 giugno scorso), sia perché molte banche hanno esaurito la capienza fiscale (cioè la possibilità di incamerare crediti d'imposta per pagare i propri debiti tributari).

Platea estesa e vincoli allentati
Nel tentativo di riattivare il mercato, la legge di conversione del decreto Aiuti (in vigore dal 16 luglio scorso) ha allargato la platea dei clienti a cui le banche possono rivendere i crediti d'imposta acquistati da imprese di costruzione o privati. Nel testo precedente (in vigore dal 18 maggio) i bonus potevano essere trasferiti solo a correntisti che fossero qualificati come «clienti professionali» (di fatto, investitori istituzionali e grandi imprese). Con un potenziale d'acquisto che era stato calcolato in 48,9 miliardi di euro l'anno, esaminando la voce «debiti tributari» iscritta nei bilanci depositati presso Infocamere dalle società di capitali (si veda Il Sole 24 Ore del 25 maggio scorso). Il nuovo testo, invece, permette alle banche di trasferire i bonus edilizi ai «soggetti diversi dai consumatori o utenti»: in pratica, tutti i titolari di partita Iva individuali che abbiano un conto corrente con l'istituto. Questa chance, però, finora è rimasta sulla carta: l'Agenzia non ha ancora emanato istruzioni operative su come applicarla e le banche, dal canto loro, non hanno presentato offerte commerciali per i clienti. Semplicemente, hanno ridotto gli acquisti dei crediti d'imposta, temendo di essere chiamate a risarcire l'Erario in caso di contestazioni. Da qui l'ennesima correzione in corsa, con la conversione del decreto Aiuti bis: un emendamento limita la responsabilità degli acquirenti alle sole ipotesi di dolo o colpa grave (introducendo anche un'asseverazione "speciale" per sbloccare i vecchi crediti giacenti, si veda l'articolo a fianco).

Compensazioni ad ampio raggio
L'emendamento ha già raccolto il plauso di Ance, Abi e Confedilizia, ma non è ancora fissato in un testo di legge, perché il decreto dovrà rifare il giro delle Camere affinché sia ripristinato il tetto agli stipendi dei manager pubblici. Inoltre – come hanno già sottolineato le sigle di categoria – gli operatori attenderanno comunque che le Entrate rivedano la propria linea alla luce della nuova norma. Fin da adesso, però, si può dire qualcosa sulle cifre in ballo. Sul fronte delle società di capitali, ai 48,9 miliardi di debiti tributari in bilancio si possono sommare i 18,4 miliardi di debiti verso istituti di previdenza e sicurezza sociale. Chi acquisterà i bonus edilizi e il superbonus dalle banche potrà infatti utilizzarli per pagare in compensazione le imposte e le ritenute, ma anche i contributi (tramite modello F24). Sul fronte delle partite Iva – professionisti, autonomi e ditte individuali – i debiti previdenziali sono più difficili da stimare, ma si può calcolare un potenziale di 30,3 miliardi di debiti tributari. A questo importo si arriva considerando l'Irpef (18,7 miliardi), l'Iva (8,5) e la sostitutiva pagata dai forfettari (2,6), oltre alla cedolare secca sulle case locate (420 milioni). Ma è una stima per difetto, perché i bonus potrebbero essere usati anche per pagare altri tributi, come l'Imu o cartelle arretrate.

Le risposte del mercato
Il potenziale è così ampio che, se il sistema funzionasse al massimo, l'Erario potrebbe avere problemi di cassa (potrebbe cioè incassare troppa moneta fiscale e troppo poco denaro reale). D'altra parte, bisogna considerare che una porzione di questa capacità d'acquisto è già stata utilizzata dalle imprese che hanno praticato lo sconto in fattura trattenendo poi per sé il bonus, o da quelle che l'hanno comprato dai privati o dalle banche. Più in generale, però, la vera incognita è capire quanto sarà funzionale il nuovo meccanismo di vendita ai correntisti. I titolari di partita Iva hanno importi medi bassi, il che potrebbe rendere complesso o antieconomico l'acquisto di un bonus con tutto il set documentale a corredo. Ad esempio, se una società di capitali ha un debito tributario medio di 140mila euro, l'Irpef media delle partite Iva è poco sopra 11mila euro e la sostitutiva dei forfettari si ferma a 1.560 euro. Inoltre, dallo scorso maggio è possibile cedere solo rate per intero, senza frazionamenti. Perciò, una volta acquisita la rata, il cliente dovrà portarla tutta in compensazione entro l'anno: dovrà, quindi, essere sicuro da subito di avere la capienza fiscale necessaria.

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