Appalti

La stazione appaltante può non aggiudicare la gara per l'aumento del costo dei materiali di costruzione

Tar Toscana: la correttezza della decisione non può essere messa in discussione dall'introduzione degli strumenti volti a mitigare il fenomeno del caro materiali negli appalti

di Roberto Mangani

La stazione appaltante a fronte dell'eccezionale aumento del costo dei materiali di costruzione intervenuto successivamente all'indizione della procedura di gara, può legittimamente decidere di non procedere all'aggiudicazione definitiva, non dando seguito alla proposta di aggiudicazione formulata dalla commissione aggiudicatrice.
Né la correttezza di questa decisione può essere messa in discussione dall'avvenuta introduzione nel nostro ordinamento degli strumenti volti a mitigare il fenomeno del caro materiali negli appalti pubblici.
Tali strumenti operano infatti nella fase esecutiva, e come tali non possono incidere sul giudizio in merito alla sopravvenuta antieconomicità dell'opera che spetta esclusivamente all'ente appaltante nell'ambito di una valutazione discrezionale di carattere preliminare rispetto all'avvio dei lavori.
Sono queste le affermazioni operate dal Tar Toscana, Sez. I, 4 luglio 2022, n. 885, che apre un ulteriore scenario in merito agli effetti che possono derivare dal fenomeno del caro materiali sui contratti pubblici.

Il fatto.
Un ente appaltante aveva indetto una gara per l'affidamento dei lavori di realizzazione di un ponte di collegamento stradale.
La commissione giudicatrice, deputata a valutare le offerte sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, proponeva l'aggiudicazione, specificando che la proposta era condizionata all'eventuale verifica di anomalia dell'offerta, all'accertamento dei requisiti generali e alle eventuali specifiche condizioni previste nel bando di gara.

L'ente appaltante, preso atto di tale proposta e della documentazione fornita dall'impresa individuata come potenziale aggiudicataria, deliberava con apposita determina di non accogliere la proposta di aggiudicazione. Questa decisione veniva motivata in relazione al fatto che le offerte pervenute non risultavano idonee, ma soprattutto tenuto conto delle sopravvenute esigenze di interesse pubblico correlate alla non attualità del quadro economico dell'appalto e della conseguente necessità di un suo adeguamento in vista dell'indizione di una nuova gara.

La determinazione dell'ente appaltante di non procedere all'aggiudicazione veniva impugnata davanti al giudice amministrativo dal concorrente interessato. Secondo il ricorrente tale determinazione era da considerarsi illegittima, in quanto l'ente appaltante avrebbe dovuto operare diversamente, ricorrendo agli strumenti della revisione prezzi e delle compensazioni appositamente introdotti dal legislatore per far fronte all'anomalo incremento del costo dei materiali.

L'ente appaltante a sua volta da un lato eccepiva l'inammissibilità del ricorso per la mancanza in capo al ricorrente di una posizione di affidamento giuridicamente tutelabile; dall'altro contestava nel merito il contenuto del ricorso, evidenziando che la decisione assunta era adeguatamente supportata da un'istruttoria che dimostrava inequivocabilmente la sopravvenuta antieconomicità dell'opera.

La decisione di non aggiudicare.
Il giudice amministrativo è stato quindi chiamato a decidere in merito alla legittimità della decisione dell'ente appaltante di non procedere all'aggiudicazione, non dando seguito alla proposta in tal senso formulata dalla commissione giudicatrice.
Tale decisione è stata assunta a seguito di un'istruttoria in cui sono state evidenziate rilevanti criticità collegate a un sopravvenuto anomalo incremento dei costi, tale da rendere la realizzazione dell'opera non più sostenibile sotto il profilo economico – finanziario.

Questa situazione ha quindi evidenziato l'esistenza di sopravvenute esigenze di interesse pubblico correlate alla non attualità del quadro economico dell'intervento, con la conseguente necessità di indire una nuova gara sulla base di un quadro economico aggiornato. Infatti, l'anomalo incremento dei costi pone fondati dubbi in merito all'effettiva remuneratività delle offerte pervenute, con i conseguenti rischi di ritardi in fase realizzativa o addirittura di non adeguata esecuzione delle opere e di possibili contenziosi.
Dall'istruttoria svolta l'incremento dei costi è stato quantificato, sulla base delle rilevazioni ufficiali operate dagli appositi decreti ministeriali, in 5 milioni di euro aggiuntivi rispetto ai 15 milioni inizialmente stimati. Un incremento così rilevante ha quindi determinato un giudizio di sopravvenuta antieconomicità dell'opera.

Tale giudizio non può che prescindere dall'applicazione degli strumenti di compensazione recentemente introdotti dal legislatore per far fronte al fenomeno del caro materiali, poiché si pone in una fase logicamente e cronologicamente antecedente rispetto a quella in cui tali strumenti potrebbero trovare applicazione.
In particolare, gli strumenti indicati hanno carattere eccezionale, consentendo agli enti appaltanti di fronteggiare il caro materiali mantenendo gli standard di sicurezza nell'esecuzione dei lavori e garantendo la prosecuzione degli stessi e l'ultimazione dell'opera.

Rispetto alla natura eccezionale delle misure introdotte e allo loro specifica finalità, un incremento del costo dell'opera stimato in circa un terzo di quanto originariamente preventivato è tale da incidere sulle stesse ragioni di fondo che avevano indotto l'ente appaltante a decidere di realizzare l'intervento.

In sostanza, un incremento di tale portata ha come logica conseguenza che l'ente appaltante debba compiere un'adeguata verifica in merito alla sostenibilità economico finanziaria dell'intervento. E tale conseguenza appare ancora più naturale se si tiene conto che la verifica interviene in un momento procedurale in cui il relativo iter ha prodotto esclusivamente una proposta di aggiudicazione da parte della commissione giudicatrice, senza quindi che l'ente appaltante abbia ancora espresso alcuna compiuta volontà in merito all'affidamento dell'appalto.

L'insieme delle considerazioni indicate porta quindi il giudice amministrativo a concludere che il giudizio sulla perdurante sostenibilità dell'opera non poteva in alcun modo essere influenzato dall'esistenza di strumenti di compensazione di carattere eccezionale, che prevedono peraltro l'accesso a fondi limitati e che sono per loro natura destinati a far fronte a necessità impreviste e sopravvenute nella fase di esecuzione del contratto.

In sostanza, si tratta di due piani distinti, che non possono essere confusi. Da un lato c'è il giudizio di economicità dell'opera, che l'ente appaltante legittimamente - e anzi doverosamente – decide di rivalutare in conseguenza dell'eccezionale incremento dei costi, in una fase in cui non solo i lavori non sono ancora stati avviati, ma addirittura non si è neanche provveduto all'aggiudicazione definitiva. Dall'altro ci sono gli strumenti di compensazione introdotti dal legislatore, che sono di natura straordinaria e comunque sono tipici della fase esecutiva in senso proprio.

In questo contesto, appare del tutto corretto il percorso motivazionale adottato dall'ente appaltante da cui emerge la rivalutazione dell'interesse pubblico che, a fronte dell'eccezionale incremento del costo dei materiali, ha indotto lo stesso a non procedere all'aggiudicazione. La motivazione della decisione appare solida, in quanto fondata su dati oggettivi che evidenziano in maniera chiara il mutato quadro economico di riferimento, circostanza dirimente ai fini di una rinnovata valutazione dell'interesse pubblico.

Conseguentemente è anche da respingere la richiesta di risarcimento danno avanzata dal ricorrente. Non sussistono infatti i presupposti per configurare in capo all'ente appaltante una responsabilità precontrattuale, la cui sussistenza è da escludere nel caso in cui vi siano stati atti meramente preparatori e ad effetti interinali, come la semplice proposta di aggiudicazione, di per sè inidonei a consolidare in capo al concorrente situazioni giuridiche tali da far sorgere il diritto al risarcimento dei presunti danni subiti.

In sostanza non solo la proposta di aggiudicazione ma anche l'eventuale aggiudicazione provvisoria costituisce un atto endoprocedimentale che non ha effetti definitivi sulla situazione giuridica del potenziale aggiudicatario, ed anzi la possibilità che all'aggiudicazione provvisoria non faccia seguito quella definitiva costituisce evento del tutto fisiologico, di per sè inidoneo a ingenerare forme di affidamento tutelabili davanti al giudice né qualunque obbligo risarcitorio in capo all'ente appaltante.

Caro materiali e gare in corso.
La pronuncia in commento apre un nuovo scenario rispetto gli effetti del caro materiali sui contratti pubblici.
Le misure introdotte dal legislatore si riferiscono essenzialmente agli appalti in corso – attraverso il meccanismo della compensazione – e a quelli ancora da avviare, per i quali è previsto un aggiornamento dei prezziari.
Nel caso di specie si tratta invece di una procedura di gara in corso, rispetto alla quale è legittimo che il caro materiali possa influire sulla volontà stessa di proseguire il relativo iter.

Se infatti emerge che l'anomalo incremento dei prezzi rende non più conveniente la realizzazione dell'opera, legittimamente l'ente appaltante può interrompere la procedura, specie nel caso sia ancora in uno stadio preliminare, che non ha consolidato alcuna aspettativa né tanto meno una definita posizione giuridica in capo ai concorrenti.

Si tratta di un'ulteriore modalità – certamente non ottimale ma che può rispondere a esigenze pragmatiche – che gli enti appaltanti possono adottare a fronte dell'anomalo incremento del costo dei materiali, nella logica secondo cui appare preferibile non partire con una determinata iniziativa di investimento laddove si abbia già evidenza dell'insostenibilità del relativo quadro economico.

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