Fisco e contabilità

Fitto: «La scadenza resta il 2026, nessuna apertura sui rinvii»

Il ministro: il decreto è base per percorso futuro. Meloni influenzata annulla impegni

Ministro per il Pnrr. Raffaele Fitto

di Barbara Fiammeri

Il Governo lavora per «rispettare la scadenza del 2026». Raffaele Fitto lo ripete subito dopo il via libera del Consiglio dei ministri al decreto legge che ha rivoluzionato la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Non è un’affermazione pleonastica. Siamo nelle settimane cruciali del confronto con la Commissione europea per le modifiche al Piano che dovranno essere messe a punto non oltre aprile. Nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo, la scorsa settimana, è stato dato il via libera all’uso «flessibile» dei fondi Ue esistenti per garantire «la piena mobilitazione dei finanziamenti disponibili». Significa non solo il Pnrr e Repower ma anche le risorse dei fondi di coesione che finanziano progetti con tempi di realizzazione e soprattutto di rendicontazione più lunghi. Era l’obiettivo che Giorgia Meloni si era posta fin dall’inizio del suo mandato e che mise sul tavolo già in occasione del primo incontro con Ursula von der Leyen. La premier ieri è stata nuovamente costretta dall’influenza a rimanere a casa. Il Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al decreto sul Pnrr e al nuovo provvedimento per impedire la cessione dei crediti del superbonus lo ha presieduto in videocollegamento. A Fitto, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e a quello degli Esteri Antonio Tajani è toccato il compito di illustrare in conferenza stampa le scelte del Governo.

«La flessibilità sulle risorse esistenti rappresenta una opportunità per il nostro Paese, che dobbiamo essere in grado di utilizzare con efficacia», è stato il messaggio rilanciato da Fitto. Non è un caso che il decreto sulla governance sia arrivato solo ora. Certo, c’era da mettere d’accordo i ministri (soprattutto il Mef) sul ruolo preminente assunto da Chigi e dallo stesso titolare degli Affari europei. Ma prima ancora bisognava ottenere da Bruxelles la conferma di potersi muovere a 360 gradi. Per questo Fitto, che del dossier è il titolare pressocché unico, ieri continuava a sottolineare che il decreto sul Pnrr appena licenziato va letto in parallelo con la relazione sui Fondi di coesione approvata dallo stesso Cdm e dalla quale emerge che pur essendo l’Italia uno dei principali beneficiari l’impatto è assai modesto. «A parlare sono i dati», ha sottolineato Fitto, evidenziando quanto sancito dalla relazione: su 116 miliardi della programmazione 2014-2020, gli impegni sono stati pari a 67 miliardi e i pagamenti a 36 miliardi. Servono dunque «rimedi strutturali» che per il ministro si traducono nella possibilità i «riallineare» i vari programmi perché il tema non «è solo il Pnrr» ma l’intera «politica di coesione», difendendo la nuova governance improntata - ha aggiunto Tajani - «a rendere più efficace l’azione della struttura che deve mettere in campo i soggetti».

Fitto non lo dice. Ma questo riallineamento nella gestione dei fondi consentirà probabilmente di utilizzare anche una flessibilità temporale. Il fatto - come ha ripetuto ieri - che nel confronto con la Commissione «non sta emergendo alcuna apertura» per un eventuale slittamento a dopo il 2026, data di scadenza per la realizzazione del Pnrr, non esclude che questo possa ottenersi indirettamente e parzialmente attraverso la nuova programmazione dei fondi di coesione che si conclude nel 2027 ma che soprattutto dà la possibilità di ultimare le rendicontazioni nel biennio successivo. Fondamentale però è muoversi con cautela. Irritare Bruxelles in questo momento potrebbe rivelarsi infatti assai pericoloso. Per questo il ministro aveva raccomandato prudenza sulla vicenda dei balneari. Non è stato ascoltato e allora meglio minimizzare: «Non c’è alcun nesso con il Pnrr e non si collega alla trattativa».

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