Personale

Scuola, quel paradosso di cattedre vuote e record di precari

Nonostante le sette procedure assunzionali messe in campo dai Governi precedenti nel settembre scorso

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

La scuola italiana non finisce mai di riservare sorprese. Specie se si parla di insegnanti. L’ultima risale a qualche settimana fa. Nonostante le sette procedure assunzionali messe in campo dai Governi precedenti nel settembre scorso si è riusciti a coprire stabilmente sì e no un terzo delle cattedre scoperte (il 28,6%, che diventano il 41% includendo i titolari di un contratto a tempo determinato da confermare in ruolo nel settembre prossimo). Con il risultato che anche nell’anno scolastico in corso abbiamo sfondato il muro dei 200mila supplenti (217mila, per la precisione). In pratica, più di un insegnante su quattro di quelli che attualmente albergano nelle classi italiane è a tempo. Gli interventi di stabilizzazione/assunzione messi in campo dalla Buona Scuola in poi non sono bastati a ridurre l’esercito dei precari della scuola che al momento conta 1,9 milioni di inclusioni nelle “famigerate” graduatorie, che siano a esaurimento (Gae) o provinciali per le supplenze (Gps, a loro volte divise in prima e seconda fascia). Un plotone che si riduce a 500mila se ci limitiamo a considerare i soggetti con almeno tre anni di servizio alle spalle negli ultimi 11 (i cosiddetti “storici”) oppure 138mila se circoscriviamo la platea ai prof già abilitati. Proprio queste ultime due categorie sono quelle che guardano con più apprensione al Pnrr e al nuovo sistema di abilitazione/reclutamento delineato al suo interno. Sulla carta il nostro Paese dovrebbe assumere 70mila insegnanti da qui al 2024 entrando finalmente nell’era dei concorsi annuali. Più concretamente, come emerso anche ieri durante un nuovo incontro con i sindacati, si sta ragionando su due step: intanto procedere con una prima selezione riservata ai precari storici. Poi scatterebbero i concorsi ordinari per le restanti cattedre. L’intera materia è oggetto di approfondimento con l’Europa. In caso di via libera si partirebbe in primavera, con l’obiettivo anche di far decollare (in autunno) il nuovo sistema di abilitazione (laurea + 60 Cfu).

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