Fisco e contabilità

Riscossione, ecco le nuove regole per l'albo dei concessionari

In arrivo la riforma definitiva dei soggetti abilitati all'accertamento dei tributi comunali

di Pasquale Mirto

Dopo due anni è finalmente in arrivo la riforma dell'albo dei concessionari di cui all'articolo 53 del Dlgs 446/1997, prevista dall'articolo 1, comma 805, della legge 160/2019.

Il decreto ministeriale ha completato il suo iter, dopo l'intesa sancita in Conferenza Stato-Città ed autonomie locali e dopo il parere del Consiglio di Stato dello scorso 8 marzo. Il decreto, già bollinato, aspetta ora la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Si tratta di una tappa importante perché finalmente sarà operativa la sezione separata dell'albo dei concessionari, dove dovranno iscriversi i soggetti che svolgono esclusivamente attività di supporto propedeutiche all'accertamento ed alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da questi partecipate.

Si ricorderà, che nelle more dell'emanazione del decreto ministeriale, il Mef aveva comunque ritenuto necessario, per ottenere l'affidamento dei servizi di supporto, l'iscrizione provvisoria nell'albo. Il requisito dell'iscrizione provvisoria, sebbene non espressamente previsto dalla normativa, è stato validato sia dalla giurisprudenza amministrativa sia dall'Anac, con la delibera n. 149 del 30 marzo 2022.

Si ricorda, anche, che le misure minime di capitale sociale dovranno essere adeguate entro il 31 dicembre 2024, così come previsto dal Dl 228/2021.

Tra i soggetti iscrivibili, oltre ai concessionari privati, ci sono anche le società miste, i cui soci privati sono scelti tra i soggetti già iscritti, mentre non necessitano di iscrizione le società interamente pubbliche, sebbene il decreto prevede che queste «possono richiedere di essere iscritti», come pure può essere richiesta l'iscrizione da Ader, la quale è «iscritta di diritto», senza soggiacere agli obblighi previsti a carico degli altri soggetti, ivi compreso quello relativo al capitale sociale, che invece deve essere rispettato dalle società comunali interamente pubbliche, visto che per queste non è (stranamente) prevista alcuna deroga.

L'albo è composta da due sezioni, la prima relativa ai soggetti che effettuano la gestione delle attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione dei tributi comunali (fermo restando il divieto di incasso diretto), mentre la seconda è destinata ai soggetti che effettuano esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali, fermo restando, che i soggetti iscritti nella prima sezione possono anche effettuare le attività di supporto.

L'albo è soggetto ad una revisione annuale circa il mantenimento dei requisiti necessari all'iscrizione ed è prevista la redazione di una relazione sulla gestione dell'attività svolta, che deve essere inviata anche agli enti affidanti, redatta sulla base di uno schema che dovrà essere approvato dal Direttore Generale delle finanze entro sei mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento.

Sono poi disciplinate le cause che determinano la cancellazione e la sospensione dall'albo, e le cause di decadenza dalla gestione, anche su istanza dell'ente locale affidante. Tra le cause che determinano la decadenza ci sono i casi di mancato inizio delle attività, senza giustificato motivo, l'inosservanza degli obblighi previsti nell'atto di affidamento e nel relativo capitolato, l'omessa presentazione del conto annuale della gestione, ovvero la relazione sulla gestione dell'attività svolta.

Conclusivamente, un passo importante è stato fatto, ma la normativa risulta ancora parzialmente attuata, in quanto mancano i decreti previsti dall'articolo 1, comma 806, della legge 160/2019, che sono di estrema importanza perché dovrebbe rappresentare una guida per i Comuni sia al fine di effettuare controlli sugli affidamenti sia al fine di evitare affidamenti con compensi fuori mercato. E anche perché, in qualche modo il comma 806 rappresenta un surrogato di quanto previsto nell'articolo 10 della delega fiscale (legge 23/2014), mai attuata.

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