Appalti

Concessioni autostradali/1. Nel contratto con Aspi capitale remunerato al 10,21%

di Maurizio Caprino e Simone Filippetti

Se qualcuno cercava la conferma che le autostrade siano una miniera d'oro, le oltre 200 pagine dell'Allegato E, il Piano finanziario (con stime fatte nel 2012 fino alla scadenza ) dimostra come i caselli italiani siano un grosso creatore di ricchezza. Forse nemmeno tanto per quel tasso di remunerazione del capitale (Wacc) che arriva a un robusto 10,21%, quanto per il tesoretto che gli azionisti si ritroveranno in tasca a fine concessione. Un Wacc al 10,21% impressiona il pubblico, ma in realtà è un dato molto tecnico che sarebbe da valutare in rapporto alla concorrenza europea e al fatto che teoricamente le autostrade italiane - che spesso si snodano in montagna - sono più costose da mantenere. Più significativo è il fatto che a fine concessione, i soci di Aspi - la Atlantia dei Benetton (e Black Rock, fondo GIC di Singapore, Fondazione Crt più piccoli investitori), i tedeschi di Allianz e il fondo cinese Silk Road Fund - avranno incassato una montagna di cedole: 14 miliardi in 25 anni.

La convenzione del 2012 stimava che Aspi avrebbe dato ai soci un assegno da 560 milioni l'anno. Oltre al maxi-assegno, spalmato negli anni, ci sarà un altro forziere ad attendere al traguardo gli azionisti: nel 2038 (questi allegati non tengono ancora conto della proroga condizionata al 2042 concessa dalla Ue) Aspi avrà in cassa quasi 9 miliardi. Sono il frutto di una doppia curva: fabbisogno in calo e flussi di cassa in aumento. Man mano che la concessione si avvicina alla sua naturale scadenza i debiti saranno rimborsati dall'immenso polmone finanziario che sono i pedaggi, liberando liquidità. A inizio della convenzione, sei anni fa, Aspi era gravata da circa 10 miliardi di debiti: nel tempo l'esposizione si ridurrà a 845 milioni nel 2032, ultimo anno di posizione finanziaria netta negativa. Da lì in poi, i debiti diventeranno cassa. Ancor prima, invece, Aspi si emanciperà dal fabbisogno: era di 3,5 miliardi nel 2012, ma dal 2025 (quando sarà sceso a 1,6 miliardi) sarà totalmente spesato in autofinanziamento. Negli ultimi 13 anni di concessione, i flussi di cassa non solo ripagheranno costi, debiti e oneri, ma ci sarà un avanzo.

La curva dei profitti è emblematica: gli utili, che erano 644 milioni, dovrebbero toccare il picco nel 2035 con un faraonico 1,4 miliardi (quanto oggi fa l'intera Atlantia), per poi scendere verso la fine della concessione per arrivare a un “misero” 285 milioni l'ultimo anno. In tutto fa un maxi-tesoro da 23 miliardi: è quanta ricchezza le autostrade italiane gestite da Aspi avranno creato in 26 anni dopo aver spesato investimenti e manutenzione (rispettivamente 10,3 e 7,5 miliardi). Il dato che tutto riassume è il 27% di rendimento (ipotizzato all'epoca come IRR) dell'investimento. Ma non è il guadagno di Benetton & soci, bensì il rendimento per lo Stato, calcolato sui 2 miliardi di capitale che l'Iri versò negli anni 50 e che l'ex istituto ha già di fatto incassato quando nel 1999 privatizzò la società per 8 miliardi. I Benetton comunque possiedono tramite Atlantia anche quote di altre concessionarie. Sul fronte investimenti, l'unico capitolo in cui la convenzione (allegato E) è sfavorevole ad Aspi pare la Variante di Valico (assieme ad altri potenziamenti minori): nessuna remunerazione aggiuntiva.

Forse anche questo portò tre anni fa l'ad Giovanni Castellucci a lamentare in audizione al Senato errori di progettazione e imprevisti di realizzazione che hanno raddoppiato i costi a 7 miliardi. Per il resto, la convenzione pare favorire Aspi. Lo si vede, per esempio, sugli impegni a rispettare nuove normative: da un lato c'è una remunerazione aggiuntiva per un'operazione “facile” come l'installazione di barriere antirumore, dall'altro non ci sono penali per i mancati adeguamenti sulla sicurezza delle gallerie lunghe più di 500 metri, ben più qualificante e complessa da realizzare (tanto che l'attuazione programma tarda). Sono previste molte riqualificazioni (per esempio, su barriere di sicurezza e aree di servizio), ma senza criteri stringenti su come effettuarle. I costi vanno poi valutati considerando che non di rado sono solo nominali: negli appalti in house, cioè assegnati alla controllata Pavimental, questa poi subappalta con ribassi che arrivano al 30% e oltre. Dunque, per questi appalti la spesa realmente sostenuta dal gruppo è il 70% di quanto figura nei conti. Difficile quantificare gli effetti: le leggi sulle quote assegnabili in house sono cambiate più volte con emendamenti e contrasti tra governi italiani e autorità europee. A conferma che l'in house è cruciale.

Primo atto aggiuntivo alla convenzione Mit-Autostrade del 2007 (sottoscritto il 24 dicembre 2013)

Primo atto aggiuntivo alla convenzione Mit-Autostrade del 2007 (sottoscritto il 24 dicembre 2013) - Allegato E Piano Finanziario

Primo atto aggiuntivo alla convenzione Mit-Autostrade del 2007 (sottoscritto il 24 dicembre 2013) - Allegato K Lista delle opere

Convenzione Autostrade-Mit, secondo Atto aggiuntivo, sottoscritta il 22 febbraio 2018. Con gli allegati (aggiornati) su Piano finanziario (allegato E1) e Lista delle opere (allegato K1)

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