Nuovo codice, tetto del 30% al prezzo solo per gli appalti ad alta intensità di manodopera
Primo di due focus dedicato ad approfondire la disciplina dei criteri di aggiudicazione del Dlgs 36/2023
La disciplina dei criteri di aggiudicazione, contenuta agli articoli da 107 a 110 del Dlgs 36/2023 – che sarà esaminata in questo e in un successivo articolo - riprende nella sua impostazione di base le previsioni del Dlgs 50/2016, ma presenta alcune novità circoscritte ma significative. In termini generali si conferma l'opzione tra i due criteri del prezzo più basso e dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con una netta preferenza per quest'ultimo, che continua a essere quello di applicazione generalizzata, mentre al prezzo più basso si può ricorrere solo in ipotesi predeterminate dallo stesso legislatore.
Il criterio prescelto – nei limiti consentiti dalla normativa – va indicato dall'ente appaltante nella documentazione di gara (articolo 108, comma 4).
Sempre in termini generali, una novità è contenuta all'articolo 107, comma 2, legata alle tematiche ambientali e del lavoro. Viene infatti stabilito che l'ente appaltante può decidere di non aggiudicare la gara qualora accerti che l'offerta, ancorchè risulti la più vantaggiosa, non soddisfa gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali di diritto del lavoro. Si tratta di una previsione volta ad affermare un principio, che tuttavia lascia un significativo margine di discrezionalità in capo ai singoli enti appaltanti nella sua attuazione pratica. Seppure è presumibile che di questa facoltà verrà fatto un utilizzo molto circoscritto, resta il fatto che la disposizione apre potenzialmente uno spazio che in astratto consente di non procedere all'aggiudicazione sulla base di valutazioni che attengono al mancato adempimento di obblighi generici relativi alla materia ambientale e del lavoro.
L'offerta economicamente più vantaggiosa
Come detto, è il criterio di aggiudicazione da utilizzare in via ordinaria, essendo il ricorso al diverso criterio del prezzo più basso limitato a ipotesi predefinite dal legislatore (vedi articolo successivo). In questo contesto, non risulta pienamente comprensibile la previsione contenuta al comma 2 dell'articolo 108, presente peraltro già nel Dlgs 50. Questa previsione individua i seguenti casi in cui è espressamente stabilito che l'aggiudicazione debba avvenire "esclusivamente" sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa:
a) contratti relativi a servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera;
b) contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro;
c) contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 140.000 euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o aventi carattere innovativo;
d) affidamenti conseguenti a dialogo competitivo o partenariato per l'innovazione;
e) affidamenti di appalto integrato.
Le ultime due ipotesi rappresentano una novità, non essendo presenti nella corrispondente previsione del Dlgs 50.Come detto, la costruzione complessiva del quadro normativo pone un dubbio rispetto all'effettiva valenza di questa previsione. Se infatti la regola generale è che si ricorra in via ordinaria al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa tanto che lo stesso legislatore ha indicato in maniera tassativa i (pochi) casi in cui è possibile utilizzare il criterio del prezzo più basso, non si comprende la ratio di una disposizione che ha voluto ribadire il ricorso "esclusivo" al primo criterio in specifici casi indicati dalla stessa.In altri termini, l'utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa è già previsto in termini generali – ad eccezione di casi predefiniti - per cui ribadirne l'obbligo di utilizzo "esclusivo" in specifici casi appare superfluo e non coerente con il quadro complessivo.
L'offerta economicamente più vantaggiosa va individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, con una valutazione fondata su criteri oggettivi che fanno riferimento ad aspetti qualitativi, ambientali o sociali connessi all'oggetto dell'appalto (articolo 108, comma 4). Sotto questo profilo la formulazione del Dlgs 36/2023 – pur facendo riferimento alla medesima ratio – appare fortemente semplificata rispetto a quanto previsto dal Dlgs 50. Quest'ultimo infatti indicava in maniera puntuale i singoli elementi idonei a precostituire i criteri di valutazione, mentre il nuovo Codice si limita a richiamare aspetti di carattere generale (di tipo qualitativo, ambientale e sociale) che i singoli enti appaltanti possono poi riempire di contenuti secondo scelte proprie che hanno un maggior grado di discrezionalità.
Ma la novità più significativa è un'altra. Il Dlgs 50/2016 (articolo 95, comma 10 – bis) stabiliva un limite massimo all'elemento economico nella misura del 30%. Tale limite era funzionale a valorizzare gli elementi qualitativi dell'offerta, assicurando che gli stessi avessero un peso preponderante nella relativa valutazione. Questo limite viene meno nella nuova disciplina. Resta quindi solo il principio di carattere generale secondo cui gli elementi di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa devono essere finalizzati a valorizzare la qualità dell'offerta e devono essere tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici (articolo 108, comma 4). Ne consegue che l'elemento economico (prezzo offerto) non potrà comunque avere un ruolo preponderante, e tuttavia non vi è più un limite assoluto (30%) da rispettare obbligatoriamente nell'attribuzione del relativo peso ponderale.
Va peraltro segnalato che tale limite continua a permanere per l'affidamento dei contratti ad alta intensità di manodopera (articolo 108, comma 4, ultimo periodo). Si ricorda che per giurisprudenza costante sono considerati tali i contratti in cui il costo della manodopera è pari ad almeno il 50% del valore totale del contratto, ipotesi che si verifica per alcuni tipi di servizi e – in misura minore – di forniture, mentre nei fatti è sostanzialmente da escludere che questa condizione trovi spazio negli appalti di lavori.
Pesi ponderali e ponderazione
Il comma 7 replica le previsioni previgenti per ciò che concerne il funzionamento concreto del criterio in esame. Viene infatti ribadito che nei documenti di gara l'ente appaltante deve indicare i singoli criteri (elementi di valutazione) con la relativa ponderazione (pesi ponderali), eventualmente anche individuando una forcella in cui lo scarto tra punteggio minimo e massimo deve essere adeguato. I criteri/elementi possono essere suddivisi in subcriteri con attribuzione dei relativi subpesi o subpunteggi. La ponderazione trova espressione nella definizione di unico parametro numerico finale che identifica l'offerta più vantaggiosa, secondo una metodologia indicata nei documenti di gara (comma 8). Qualora la ponderazione non sia possibile per ragioni oggettive gli enti appaltanti possono limitarsi a indicare, sempre nella documentazione di gara, l'ordine decrescente di importanza dei singoli criteri (comma 8). È evidente che in questo caso i margini di discrezionalità in capo all'ente appaltante sono significativamente più ampi, non essendo la valutazione dei singoli elementi collegata a parametri numerici predefiniti.
È infine previsto – anche in questo caso con una disposizione che ricalca quanto già stabilito dal Dlgs 50 – che l'ente appaltante può decidere di non procedere all'aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea rispetto all'oggetto del contratto. Tale facoltà deve essere preventivamente indicata nel bando di gara e deve essere esercitata entro trenta giorni dalla conclusione della valutazione delle offerte (comma 10).
I criteri premiali
Se le precedenti previsioni si pongono in continuità con il regime precedente, il comma 7 dell'articolo 108 contiene due significative novità che delineano dei regimi preferenziali in relazione a specifiche ipotesi.
La prima riguarda la possibilità di indicare nel bando di gara criteri premiali che si muovono lungo una duplice direzione:
a) criteri idonei a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese ai fini della valutazione delle relative offerte;
b) nel caso di contratti le cui prestazioni dipendono dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, criteri idonei a favorire operatori economici con sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento.
Entrambe queste possibilità sono limitate agli affidamenti di contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria. Restano tuttavia alcuni dubbi sulla concreta operatività di queste previsioni derogatorie del regime generale, specie alla luce delle precisazioni operate nello stesso comma 7, da cui sembra emergere un'apparente contraddizione. Infatti, da un lato la finalità delle disposizioni viene identificata nella tutela della libera concorrenza e della promozione del pluralismo degli operari sul mercato. Dall'altro viene precisato che le stesse si applicano compatibilmente con il diritto comunitario e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.
È proprio quest'ultima previsione che suscita qualche perplessità. La compatibilità con i principi indicati e soprattutto con il diritto comunitario può essere astrattamente concepita – sia pure con qualche sforzo interpretativo - con riferimento ai criteri premiali a favore delle piccole e medie imprese, posto che la stessa normativa comunitaria esprime un favore nei confronti di questa tipologia di operatori economici. Molto più controversa è la questione in relazione ai criteri premiali finalizzati a favorire l'affidamento ad operatori economici aventi sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento. La previsione evoca il noto fenomeno del localismo, volto a favorire le imprese locali, anche se in una versione più raffinata rispetto al passato, in quanto ancorato al principio di prossimità delle prestazioni da eseguire. Nonostante ciò permangono molti dubbi sul fatto che l'introduzione di questi criteri premiali sia compatibile con il diritto comunitario, che per sua natura ha come finalità ultima il libero dispiegarsi della concorrenza tra tutti gli operatori su un piano di parità, senza che possa costituire elemento di favore la localizzazione geografica dell'impresa.
Il secondo regime di favore delineato sempre dal comma 7 riguarda la parità di genere. Al fine di favorirla le stazioni appaltanti devono indicare nei bandi di gara il maggior punteggio da attribuire alle imprese che attestano – anche tramite semplice autocertificazione che la stazione appaltante può successivamente verificare con qualsiasi mezzo – di essere in possesso della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46- bis del Dlgs 198/2006. Si tratta di una previsione meno cogente di quella contenuta nell'articolo 47 del Decreto legge 77/2021, che sconta peraltro un'articolazione molto più complessa e che ha dato luogo a molteplici dubbi in sede applicativa.