Imprese

Decreto Pnrr, sull'acqua alt alle mini gestioni del Sud

Le gestioni autonome comunali confluiranno nel sistema unico di ambito

di Giorgio Santilli

Decolla faticosamente la riforma delle gestioni idriche, per il governo il più ostico fra i 51 target (M2-C4-3) che vanno centrati per fine anno e inviati a Bruxelles. L’emendamento 22.6 al Dl Pnrr, approvato in nottata in commissione Bilancio della Camera, su riformulazione accettata dal ministro Cingolani, si muove in sintonia con la segnalazione fatta il 30 luglio dall’Arera (l’Autorità di regolazione competente sulle risorse idriche): prevede lo stop alle microgestioni «autonome» che si sottraggono alle gestioni uniche degli Ato e creano la frammentazione idrica, soprattutto al Sud. Queste gestioni sono quasi sempre di dimensione comunale rispetto ad Ato che hanno dimensione provinciale o regionale.

«Entro il 1° luglio 2022 - dispone la norma approvata - le gestioni del servizio idrico in forma autonoma per le quali l’ente di governo dell’ambito non si sia ancora espresso sulla ricorrenza dei requisiti per la salvaguardia di cui al comma 2 bis lett. b), confluiscono nella gestione unica individuata dal medesimo ente. Entro il 30 settembre 2022 l’ente di governo d’ambito provvede ad affidare al gestore unico tutte le gestioni non salvaguardate». È il nuovo comma 1-quinquies dell’emendamento 22.6 che introduce un comma 2-ter all’articolo 147 del Dlgs 152/2006 (codice ambiente).

In sostanza l’ente di governo dell’ambito (Regione, provincia o assemblee di comuni) avrà tempo fino al 1° luglio per decidere se una gestione può essere «salvaguardata» (e quindi restare autonoma) in base alle regole attuali che, a certe condizioni (appartenenza a comunità montane e fonti idriche pregiate), lo consentono oppure dovrà farla confluire nella gestione unica.

Con la norma varata verrà meno l’ampia area grigia di microgestioni alimentate da rendite di posizione politiche e territoriali che - a distanza di 28 anni dalla legge Galli - continua a mantenere frammentato il quadro delle gestioni soprattutto in quattro regioni del Sud: Campania, Calabria, Molise e Sicilia. Praticamente tutto il Sud considerando che Puglia e Basilicata sono servite dall’Acquedotto pugliese.

È una svolta, che il governo potrà presentare come tale a Bruxelles. Ne uscirà ridisegnata la mappa delle gestioni idriche e costituirà la premessa per portare le gestioni industriali idriche (acquedotto, depurazione e fognatura) dove non è ancora arrivata proprio per una forte resistenza ad applicare fino in fondo la legge Galli.

Il Recovery Plan evidenzia come nel Sud «l’insufficiente presenza di gestori industriali e l’ampia quota di gestione in economia, traccia un quadro del comparto idrico molto frammentato e complesso». Nel Mezzogiorno - dice ancora il Pnrr - «l’evoluzione autoctona del sistema non è percorribile senza un intervento centrale finalizzato alla sua risoluzione».

L’Arera aveva chiesto un termine perentorio per la cessazione delle gestioni autonome, richiesta ora soddisfatta dall’emendamento al decreto. L’Autorità aveva anche suggerito l’affidamento della gestione idrica nel Sud «a un soggetto societario a controllo pubblico, nel caso decorrano i termini previsti, a tutela della continuità di servizio ai cittadini». L’emendamento potrebbe essere così la prima mossa di un disegno che prevede lo sbarco al Sud dei gestori industriali del centro nord o, in caso di ulteriori resistenze, di una società pubblica che avvii la gestione industriale.

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