Urbanistica

Decadenza del permesso di costruire, il Comune deve provare lo sforamento dei termini per l'inizio lavori

Nei titoli autorizzativi che prevedono demolizione e ricostruzione l'attività demolitoria è correttamente configurabile come inizio delle opere

di Domenico Carola

Per i permessi di costruire che prevedono demolizione e ricostruzione, l'attività demolitoria è correttamente configurabile come inizio lavori, rispetto al quale l'onere di provare che non sia stato rispettato il termine (di un anno), entro cui dichiarare l'avvio delle opere, per non incorrere nella decadenza del titolo autorizzativo, ricade sul Comune.

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4033/2022 nella quale è tornato sulla decadenza del permesso di costruire per mancato inizio dei lavori soffermandosi anche sull'onere della prova.

La vicenda
I titolari di una richiesta di permesso di costruire rilasciato da un Comune il 30 giugno 2015, il 7 giugno 2016 hanno dichiarato all'ente che il 13 giugno 2016 avrebbero iniziato i lavori. Successivamente, il 15 maggio 2018 i titolari dell'autorizzazione hanno chiesto al Comune una proroga dell'efficacia del titolo edilizio che gli è stata concessa il 12 giugno 2019. Dopo sei mesi il Comune ha ordinato la sospensione dei lavori avviando contestualmente la procedura di revoca del titolo autorizzativo per mancato inizio dei lavori.

All'esito di un sopraluogo della polizia municipale e dopo l'interlocuzione con gli interessati il Comune ha emanato un provvedimento di decadenza del permesso di costruire, al quale i titolari del permesso si sono opposti ricorrendo al Tar Calabria. I giudici amministrativi nel rigettare il ricorso hanno rilevato la mancanza di prova dell'inizio dei lavori entro il termine annuale dal rilascio del permesso di costruire e respinto la presunta violazione del principio del legittimo affidamento.

Contro la sentenza del Tar i ricorrenti hanno presentato un appello al Consiglio di Stato sostenuto da diversi motivi. Secondo gli appellanti il Tar ha erroneamente posto a loro carico l'onere della prova dell'inizio lavori, essendo invece compito dell'amministrazione accertare l'effettivo stato dei lavori; non ha dato corretta valenza probatoria alla relazione del direttore dei lavori, perché si riferiva a opere compiute in data successiva alla scadenza del termine per la presentazione dell'inizio lavori.

La decisione
Il Consiglio di Stato ha richiamato innanzitutto l'articolo 15 comma 2 del Dpr 380/2001 secondo cui: "il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi questi termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari".

I giudici di Palazzo Spada hanno poi ripercorso i principi enunciati dalla propria giurisprudenza in tema di effettività dell'inizio dei lavori edilizi da desumersi in base a interventi concreti affinché non sia eluso il termine per l'avvio dell'edificazione mediante lavori fittizi o meramente simbolici e, soprattutto, ha ribadito che "l'onere della prova del mancato compimento dei lavori edili autorizzati con il permesso grava sull'amministrazione".

Dopo aver osservato che il titolo edilizio oggetto del giudizio consisteva nella "demolizione con ricostruzione del Piano Terra e ampliamento con sopraelevazione al piano primo di un fabbricato per civile abitazione", i giudici amministrativi applicando i principi richiamati hanno ritenuto condivisibile e meritevole di accoglimento la censura degli appellanti secondo cui "i rilievi contenuti nell'unico verbale di sopralluogo compiuto dall'amministrazione non legittimano la declaratoria di decadenza per inattività del permesso a costruire, ma semmai il contrario, e questo perché attestano l'esistenza di un'attività edilizia avanzata che comprende sia la già compiuta demolizione del preesistente edificio che l'ultimazione dell'intera fondazione del nuovo fabbricato e del massetto di pavimentazione".

Fondamentale, a riguardo, dunque la demolizione del preesistente edificio, non adeguatamente considerata dal Tar, secondo il Collegio, infatti, "l'attività di demolizione di un edificio che presenta una certa consistenza edilizia si pone come manifestazione, effettiva e concreta, della volontà di esercitare il jus aedificandi autorizzato con il permesso di costruire e costituisce, dunque, un fatto idoneo ad impedire la decadenza prevista dall'articolo 15, comma 2, del Dpr 380/2001".

La demolizione dell'edificio preesistente, dunque, suffragata dalle risultanze satellitari confortate dal sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale, ha costituito per il Consiglio di Stato la riprova dell'intento di voler esercitare lo jus aedificandi autorizzato, volontà che è risultata rafforzata anche dalla realizzazione delle fondamenta del nuovo edificio. Il Collegio ha ravvisato anche una contraddittorietà tra la revoca del titolo edilizio e la precedente concessione della proroga da parte del Comune.

Accolto l'appello il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento di revoca del titolo edilizio perché l'onere di fornire la prova della sussistenza dei presupposti per adottare il provvedimento di decadenza deve gravare sul Comune, che avrebbe dovuto assolverlo con maggiore puntualità, in considerazione, da un lato, dello specifico contenuto autorizzatorio del permesso di costruire, che riguardava non soltanto un'attività di edificazione, ma anche un'attività di demolizione di un precedente manufatto; dall'altro, in considerazione dell'avvenuto rilascio della proroga del permesso di costruire, nella quale è stato dato atto dell'avvenuto avvio dei lavori, richiamandosi alla relazione del direttore dei lavori, rispetto alla quale non è stata rilevata alcuna inesattezza né dichiarazione mendace.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©