Con le nuove regole di Eurostat più difficile in futuro la cessione dei crediti
Per gli investimenti in efficienza energetica la spesa andrebbe contabilizzata via via che i lavori sono svolti
«Nel caso di contributi agli investimenti erogati attraverso il credito d'imposta (ad esempio, sui costi dell'efficienza energetica), la spesa pubblica deve essere registrata nel momento in cui si verifica l'investimento che dà diritto al credito d'imposta, in quanto il credito d'imposta è maturato in quel momento. Questo potrebbe riguardare alcuni anni, perché l'investimento potrebbe essere distribuito su più anni». È forse questa l'indicazione più calzante per la cessione del Superbonus e degli altri bonus edilizi fra le 475 pagine del «Manual on Government deficit and debt» con cui ieri Eurostat ha aggiornato, dopo quattro anni, l'interpretazione delle di contabilità europea del 2010 (Esa, European System of Accounts). In Italia si attendeva con particolare interesse il capitolo sulle modalità di registrazione e classificazione dei crediti di imposta proprio per le connessioni con il tema caldissimo della cessione dei crediti edilizi, futura e pregressa. Per il futuro l'interpretazione di Eurostat lascia pochissimi margini al mantenimento di un meccanismo di cessione del credito perché i crediti di imposta in questione sembrano rientrare prevalentemente nella categoria dei crediti «pagabili» o «esigibili», in quanto con ragionevole certezza o con alta probabilità saranno comunque riscossi, anche se tenuti in vita per più anni.
Tanto più - dice il Manuale - saranno esigibili se trasferibili a soggetti terzi e se questi potranno utilizzarli per abbattere il loro debito fiscale totale. In questi casi cambia la modalità di registrazione che dovrà avvenire o subito nell'anno di maturazione del credito oppure - come nel passaggio citato - allo svolgimento concreto dei lavori. Se prendiamo, come esempio significativo, il Superbonus approvato nel 2020, con queste regole si sarebbe dovuto concentrare l'enorme spesa che ha prodotto sul 2020 oppure sul periodo 2020-2022 e non, come avvenuto, su un periodo molto più lungo, fino al 2026.La concentrazione della contabilizzazione in un anno o comunque negli anni dei lavori rende ancora più difficile la riedizione del meccanismo di cessione del credito per gli anni prossimi. La partita è, ovviamente, nelle mani del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, che però non ha mai fatto mistero della sua avversione per il meccanismo di cessione del credito, tanto più quando si dovesse tramutare immediatamente in spesa pubblica, deficit e debito. Semmai, se si dovesse pensare a un meccanismo di cessione dei crediti, dovrebbe necessariamente essere contingentato anno per anno.C'è poi tutta la partita del pregresso dove è difficile capire dal Manuale di Eurostat con quali regole si farà.
Paradossalmente, se si dovesse applicare retroattivamente la regola della registrazione immediata della spesa, il governo si troverebbe nella situazione di appesantire i deficit degli anni passati, liberando quelli dal 2023 in avanti. E questo darebbe più flessibilità nella gestione dei crediti pregressi incagliati. Se viceversa queste regole si applicheranno solo per il futuro, la situazione attuale sarebbe ferma alla interpretazione provvisoria che Eurostat aveva dato nel 2021, consentendo transitoriamente, e in attesa del Manuale, la registrazione della spesa su più anni. C'è un'ulteriore considerazione da fare. Il criterio di classificazione del credito, a differenza del passato, è molto giocato sulla probabilità che effettivamente questo credito venga poi riscosso. Non sulla certezza. Ci sono situazioni difficili, quando per esempio un'impresa rischia di fallire: il fatto che il suo credito cessi con lei lo renderebbe meno «pagabile» o «esigibile», ai fini della classificazione; viceversa se potesse essere trasferito a soggetti terzi che potrebbero riscuoterlo, la sua classificazione come «esigibile» sarebbe inevitabile.