Il superbonus 110% chiude a 62,5 miliardi, nel 2022 quasi 264mila domande
Enea: salto di 12 punti percentuali di opere realizzate, dall’inizio il totale è a 46,6 miliardi. Lombardia prima regione con 10,8 miliardi
Il Superbonus 110% chiude la sua corsa con 360mila cantieri e 62,5 miliardi di investimenti asseverati. Sono i dati di dicembre 2022 resi noti ieri dall’Enea: un bilancio quasi definitivo della storia dell’incentivo fiscale che negli ultimi due anni ha imperversato per l’Italia. Non è ancora un bilancio definitivo perché mancano tutti quelli che hanno fatto la corsa di fine anno per rientrare nel 110% dopo il brusco altolà del decreto legge Aiuti-quater: l’Enea registra infatti, in questo Report, soltanto gli interventi che hanno già raggiunto la prima asseverazione al 30%. Potrebbero esserci quindi ancora sorprese, con queste pendenze, ma intanto il quadro diventa sempre più chiaro e i motori si fermano.
A dicembre ci sono altri 4,4 miliardi di investimenti asseverati per chiudere l’anno 2022 a 46,3 miliardi, quasi il triplo dell’anno 2021, quando il Superbonus era davvero decollato ma si era fermato a 16,2 miliardi. Quella del 2022 è stata una corsa che non ha precedenti nel mondo dell’edilizia.
Il dato di dicembre è piuttosto alto dopo il rallentamento di ottobre e novembre: è il quarto dell’anno, staccato dal risultato mostruoso di settembre (8,2 miliardi in un solo mese), ma pressoché appaiato a quelli di giugno e luglio.
I dati del Report Enea da evidenziare sono però altri due. Il primo è quello dei lavori conclusi, che balzano dal 71,3% sul totale degli investimenti asseverati di novembre all’82,3% di dicembre, grazie a un dato record di 5,2 miliardi di lavori completati a dicembre. Più alto dei 4,8 miliardi di settembre che, anche qui, era fuori scala.
In parte si tratta di un dato fisiologico perché a fine stagione tutti accelerano per chiudere la partita. Ma è anche un dato molto significativo perché racconta che i bonus edilizi incagliati non hanno fermato i lavori, come pure poteva accadere. Al contrario, li hanno accelerati.
Per semplificare possiamo dire che i crediti di imposta non riscossi o a rischio cessione non sono rimasti a carico dei condomìni e dei committenti uni o plurifamiliari, che rischiavano di vedersi bloccati i lavori, ma piuttosto sono rimasti a a carico delle imprese esecutrici che per altro ne erano i titolari. Il rischio è rimasto accollato tutto alle imprese realizzatrici.
Questa lettura è condivisa in gran parte dall’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori. «Certamente c’è un atteggiamento responsabile delle imprese - dice la presidente Federica Brancaccio - che però rischiano di restare schiacciate da questa situazione, se non si troverà al più presto una soluzione per la cessione di questi crediti. Le imprese hanno accelerato i lavori per chiudere i cantieri e maturare così tutti i crediti che erano in gioco, ma ora devono poter trasferire questi crediti o rischiano in moltissimi casi di fallire. Tanto più che con l’entrata in vigore del codice delle crisi aziendali, è sufficiente un ritardo di tre mesi nel pagamento di una rata in banca per essere segnalati».
L’altro dato invece non fa dormire sonni tranquilli al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che aveva “denunciato”, nella drammatica audizione parlamentare sulla Nadef del 10 novembre, uno scostamento di 37,8 miliardi nei conti pubblici dovuto al Superbonus, ma aveva aggiunto di fronte ai parlamentari che il dato «potrebbe subire un ulteriore incremento a fine anno considerando anche i dati al 30 settembre pubblicati da Enea». Il dato pubblicato ieri da Enea porta il costo complessivo delle detrazioni per lo Stato a 68,7 miliardi, con 12,4 miliardi più di quanto dicesse il dato di settembre cui faceva riferimento il ministro.
Nel bilancio conclusivo del Superbonus 110% non si può ignorare la ripartizione regionale degli interventi. La Lombardia stacca tutti al traguardo finale, con 10,8 miliardi di investimenti asseverati e 8,4 miliadi di lavori copletati, seguita da Veneto con 6,1 miliardi di investimenti, Lazio con 5,7 miliardi, Emilia Romagna con 5,4 miliardi e Campania con 4,2 miliardi.
Gli interventi per tipologia vedono i condomìni al 46,1% dell’investimento totale, le abitazioni unifamiliari al 38%, gli edifici con un massimo di quattro unità indipendenti il 15,9 per cento.
L’importo medio degli investimenti nei condomìni si attesta a 598,8 milioni, nelle unifamiliari a 113,7 milioni, negli edifici plurifamiliardi a 97 milioni.