Appalti

Gravi illeciti: l'esclusione per rinvio a giudizio è una facoltà, non un obbligo

Seconda puntata del focus sulle cause di esclusione. Nei raggruppamenti niente più distinzioni tra capogruppo e mandante. Le due ipotesi di estromissione o sostituzione dell'impresa in fallo

di Roberto Mangani

La disciplina delle esclusioni (di cui abbiamo cominciato a parlare in quest'altro articolo pubblicato ieri) contiene significative novità sia per ciò che concerne i raggruppamenti temporanei ma soprattutto per l'illecito professionale grave.

L'esclusione nei raggruppamenti temporanei
L'articolo 97 regolamenta l'ipotesi in cui la causa di esclusione riguardi un componente del raggruppamento temporaneo (cui sono assimilati per analogia i consorzi ordinari, i consorzi tra imprese artigiane e i consorzi stabili con riferimento alle consorziate esecutrici e a quelle che apportano i requisiti). L'articolo 97 riprende in parte quanto stabilito dal D.lgs. 50/2016, che in caso di perdita dei requisiti generali (conseguente a una causa di esclusione) prevedeva una disciplina differenziata a seconda che la stessa riguardasse l'impresa mandataria o un'impresa mandante. Il nuovo regime si pone nello stesso solco delle precedenti norme, consentendo la sostituzione o l'estromissione del componente del raggruppamento nei cui confronti sussista una causa di esclusione, dettando quindi una significativa deroga al principio dell'immodificabilità del raggruppamento temporaneo, che viene di molto ridimensionato.

La prima importante novità della nuova disciplina è che non viene operata alcuna distinzione tra impresa mandataria e impresa mandante: le regole dettate valgono indifferentemente per l'una e per l'altra. Qualunque sia il componente del raggruppamento interessato da una causa di esclusione – cui viene assimilata la diversa ipotesi della perdita dei requisiti speciali di qualificazione – il raggruppamento può rimanere in gara se procede all'estromissione o alla sostituzione dello stesso (comma 1).

L'estromissione comporta che il componente del raggruppamento non venga sostituito, il che presuppone almeno due condizioni: che il raggruppamento nel suo complesso mantenga i requisiti di qualificazione anche senza l'apporto del membro estromesso e, nel caso in cui quest'ultimo rivestisse il ruolo di mandatario, che vi sia almeno un altro componente del raggruppamento che abbia i requisiti per rivestire tale qualifica. Nel diverso caso della sostituzione il componente entrante deve invece essere in possesso dei requisiti che erano nella titolarità del componente uscente.

In base al comma 2, l'ente appaltante valuta se le misure intraprese – cioè l'estromissione o la sostituzione – possano essere considerate sufficienti e tempestivamente adottate. In realtà non sembrano esservi margini di valutazione discrezionale in capo all'ente appaltante, che deve limitarsi a verificare che il raggruppamento nel suo complesso e nei suoi singoli componenti mantenga la qualificazione necessaria per eseguire le prestazioni oggetto di affidamento. Affinchè l'estromissione o la sostituzione possano essere legittimamente operate il raggruppamento deve assolvere alcuni adempimenti procedurali, indicati al comma 1. Se la causa di esclusione si è manifestata prima della presentazione dell'offerta, il raggruppamento ne deve dare comunicazione in sede di offerta indicando anche il soggetto nei cui confronti si è prodotta. Nel contempo deve dare evidenza dell'avvenuta estromissione o sostituzione ovvero dell'impossibilità di provvedervi, evidentemente nell'ipotesi in cui tra l'avverarsi dell'evento produttivo della causa di esclusione e la presentazione dell'offerta vi sia stato un intervallo temporale troppo breve.

Se invece la causa di esclusione si è verificata dopo la presentazione dell'offerta, deve provvedere alla estromissione o sostituzione prima dell'aggiudicazione, che quindi rappresenta in ogni caso il momento ultimo entro il quale si può porre rimedio alla situazione che ha interessato il componente del raggruppamento ed evitare l'esclusione dalla gara del raggruppamento stesso.

L'illecito professionale grave
Di grande rilievo le novità dettate dall'articolo 98 in tema di illecito professionale grave. In via preliminare, va rilevato che anche in questo caso il nuovo Codice ha operato una meritoria opera di sistematizzazione rispetto al Dlgs 50. Quest'ultimo infatti prevedeva da un lato una figura autonoma di grave illecito professionale; dall'altro elencava alcune altre cause di esclusione (influenza indebita del processo decisionale, carenze nell'esecuzione di un precedente contratto, inadempimenti nei confronti dei subappaltatori) che venivano anch'esse considerate in maniera autonoma, ancorchè potessero ritenersi una declinazione dell'illecito professionale. Questa impostazione aveva creato non pochi dubbi interpretativi e aveva dato luogo a innumerevoli contenziosi, con orientamenti giurisprudenziali spesso non univoci.

Nel nuovo Codice l'impostazione cambia. Quelle che erano cause di esclusione autonome vengono riportate nell'ambito della nozione generale di illecito professionale grave, di cui costituiscono uno dei possibili elementi. Altra rilevante novità è che i fatti che possono rappresentare gli elementi fondanti dell'illecito professionale grave sono esclusivamente quelli elencati dal legislatore al comma 3, che vengono espressamente qualificati in termini di numero chiuso e tassativo (articolo 95, comma 1, lettera e).

Non vi è quindi più spazio – come accaduto in passato - per una nozione generica di grave illecito professionale, che gli enti appaltanti e i giudici potevano riempire di contenuti. Il comma 2 stabilisce che per determinare l'esclusione il grave illecito professionale deve contenere elementi tali da far venir meno – sulla base di mezzi di prova adeguati - l'affidabilità e integrità dell'operatore. I commi 3 e 6 indicano puntualmente – e tassativamente – le situazioni che possono dar luogo al grave illecito professionale e i mezzi idonei a comprovare tali situazioni.

Gli elementi costitutivi dell'illecito professionale e i mezzi di prova
Alcune delle situazioni elencate al comma 3 quali indici sintomatici dell'illecito professionale grave, di seguito riportate unitamente ai relativi mezzi di prova, erano già presenti nel regime previgente:

-t entativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio o produzione di informazioni false o fuorvianti (lettera b). Tale situazione deve essere resa evidente dall'esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti (comma 6, lettera b);

-significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto riconducibili a inadempienze particolarmente gravi e/o ripetute che abbiano causato la risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno o sanzioni equivalenti (lettera c). L'intervenuta risoluzione o condanna rappresenta il mezzo di prova di questa fattispecie (comma 6, lettera c);

- grave inadempimento nei confronti di uno o più subappaltatori (lettera d), deducibile da intervenuti provvedimenti giurisdizionali anche non definitivi (comma 6, lettera d);

-violazione del divieto di intestazione fiduciaria di cui all'articolo 17 della legge 55/90 (lettera e), accertata in via definitiva (comma 6, lettera e);

-omessa denuncia all'autorità giudiziaria dei reati di concussione e estorsione di cui l'operatore economico sia stato vittima, che deve emergere dagli indizi ricavabili dalla richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato nell'anno antecedente alla pubblicazione del bando, e che deve essere comunicata dalla Procura della repubblica all'Anac (lettera f).

Vi sono poi ulteriori situazioni idonee a configurare l'illecito professionale grave che rappresentano delle novità. In primo luogo vi è l'irrogazione di una sanzione esecutiva da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore che assuma rilevanza rispetto all'oggetto specifico dell'appalto (lettera a). In questo caso il mezzo di proba è in sé, nel senso che è costituito dall'emanazione del relativo provvedimento esecutivo (comma 6, lettera a).

Ma le novità più significative sono quelle indicate alle lettere g) ed h) del comma 3, che stanno già suscitando un acceso dibattito tra gli interpreti e gli operatori.

La prima fattispecie (lettera g) prevede che possa essere considerato illecito professionale grave la contestazione all'operatore economico – o alle persone fisiche che lo rappresentano ai sensi dell'articolo 94, comma 3 (direttore tecnico, amministratori, soci, etc.) – della commissione di uno dei reati indicati all'articolo 94, comma 1. Questa previsione va letta in stretto coordinamento con quanto stabilito al successivo comma 6, lettera g), che indica gli atti da cui si può ricavare la ritenuta commissione del reato nei seguenti termini:

- richiesta di rinvio a giudizio;
- decreto che dispone il rinvio a giudizio;
- provvedimenti cautelari personali o reali emessi dal giudice penale;
- sentenza di condanna non definitiva;
- decreto penale di condanna non irrevocabile;
- sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta (c.d. patteggiamento).

In sostanza, per i reati indicati all'articolo 94, comma 1, mentre se vi è stata una condanna con sentenza definitiva opera l'esclusione automatica, qualora possa configurarsi una possibile commissione dei reati stessi – deducibile da uno degli atti sopra elencati – può (ma non deve) intervenire l'esclusione secondo la valutazione discrezionale rimessa all'ente appaltante, che in base ai suddetti elementi può ritenere configurabile l'illecito professionale grave. Ciò che va sottolineato è che gli atti da cui dedurre la ritenuta commissione del reato risalgono dalla sentenza di condanna non definitiva fino alla semplice richiesta di rinvio a giudizio.

La seconda novità di rilevo è quella disciplinata alla lettera g) del comma 3. La fattispecie presa in considerazione è relativa alla contestata o accertata commissione dei seguenti reati: esercizio abusivo della professione; bancarotta semplice e fraudolente e resti connessi; reati tributari, delitti societari e contro l'industria e commercio; determinati reati urbanistici.

La disposizione fa anche in questo caso riferimento a reati non solo accertati ma anche solo contestati. La stessa va letta in coordinamento con il successivo comma 6, lettera h), che individua quali mezzi di prova idonei a configurare l'illecito professionale grave i seguenti atti:

- sentenza di condanna definitiva;
- decreto penale di condanna irrevocabile;
- condanna non definitiva;
- provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale.

Anche in questo caso quindi non è necessario un provvedimento definitivo per determinare l'eventuale esclusione per illecito professionale grave, anche se non si arriva a ipotizzare – come nel caso precedente – la sufficienza della semplice richiesta di rinvio a giudizio o del decreto che lo dispone. Come detto in entrambi i casi (lettre g) e h) è rimessa all'ente appaltante la valutazione discrezionale se i provvedimenti emanati siano idonei a configurare l'illecito professionale grave, in quanto incidenti sull'affidabilità e integrità del concorrente (comma 7). L'eventuale provvedimento di esclusione deve contenere adeguata motivazione su tutti i profili (sufficienza degli elementi, idoneità a incidere sull'affidabilità del concorrente, adeguati mezzi di prova) (comma 8).

Le due ipotesi da ultimo esaminate – e in particolare quella della lettera g) per la quale viene ritenuto elemento sufficiente anche la semplice richiesta di rinvio a giudizio – rappresentano novità che stanno già facendo molto discutere. La principale obiezione critica che viene mossa è che si può procedere all'esclusione anche senza che vi sia un provvedimento definitivo di condanna, quindi senza un accertamento inequivocabile in merito alla commissione del reato. Al riguardo è stato anche posto un tema di compatibilità con la disciplina comunitaria, che prevede che i reati siano stati accertati con sentenza definitiva per determinare l'esclusione. Ma questa considerazione non appare decisiva. La stessa direttiva 2014/24 prevede infatti all'articolo 57, comma 4, lettera c) l'ipotesi di esclusione determinata dalla commissione di gravi illeciti professionali, senza dare alcuna indicazione specifica in merito alla configurazione degli stessi e ai mezzi di prova idonei a dimostrarli, limitandosi a stabilire che tali mezzi devono essere adeguati. Non sembra quindi esservi una immediata incompatibilità tra norma nazionale e direttiva comunitaria, poiché l'ipotesi dell'illecito professionale grave è cosa diversa dall'accertamento dei reati indicati con sentenza definitiva, che determina l'esclusione automatica.

Ciò detto, il tema è oggettivamente controverso. Da un lato si pone la legittima istanza degli operatori economici a vedersi comminata una sanzione grave come l'esclusione dalle gare solo a fronte di un provvedimento che abbia i caratteri della definitività e che quindi accerti in maniera inequivocabile l'avvenuta commissione del reato. Dall'altro non si può sottovalutare l'altra esigenza, anch'essa legittima, di evitare che partecipino alle gare operatori per i quali sussistano elementi circostanziati che, ancorchè non ancora cristallizzati in sentenze di condanna definitiva o provvedimenti analoghi, facciano ragionevolmente presumere che gli stessi abbiano posto in essere gravi comportamenti criminosi.

Il punto di equilibrio tra queste due opposte esigenze è rappresentato dalla facoltatività dell'esclusione. Quest'ultima non opera in maniera automatica, ma solo a valle di una valutazione discrezionale dell'ente appaltante che abbia ritenuto rilevanti gli elementi indicati al fine di incidere sull'affidabilità e integrità del concorrente. Ed è su questa valutazione che si incentra il sistema delineato dal legislatore, nonché sul conseguente controllo eventualmente demandato al giudice amministrativo in merito al corretto e legittimo uso di tale discrezionalità.

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