Urbanistica

Superbonus: redditi, proprietà e seconde case, nuovi paletti su unifamiliari e 90%

Per i lavori avviati a partire dal primo gennaio 2023 andranno rispettati requisiti molto selettivi

di Giorgio Gavelli

Nel 2023 il superbonus per le villette e le unità autonome ed indipendenti (in base alla definizione del comma 1-bis dell’articolo 119 del decreto Rilancio) può consentire la detrazione del 90%, ma con requisiti molto stringenti e non sempre ancora ben definiti.

La possibilità concessa dall’articolo 9, comma 1 del Dl n. 176/2022 (Aiuti-quater, in corso di conversione) non si sovrappone alla coda del 110% (spese sostenute sino al 31 marzo prossimo) per chi è riuscito a centrare l’obiettivo di aver effettuato lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo alla data del 30 settembre scorso, per il semplice motivo che il primo dei requisiti da rispettare per il 90% è che l’intervento sia “avviato” a partire dal 1° gennaio 2023.

Si tratta, quindi, di soggetti che al 30 giugno 2022 (data limite per il 110% nelle unifamiliari, che non hanno rispettato l’obiettivo di cui sopra), non avendo neppure avviato i lavori, stavano progettando l’intervento ipotizzando di poter fruire solo dei bonus minori. In queste ipotesi ora è opportuno fare una verifica sulla spettanza della detrazione 90% (peraltro solo per le spese sostenute nel 2023), ma rispettando una serie molto selettiva di nuovi requisiti.

L’agevolazione è riservata alle «persone fisiche di cui al comma 9, lettera b)» dell’articolo 119, vale a dire «al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni» e che operano in contesti unifamiliari (altrimenti scattano le regole sui condomìni). Inoltre, il contribuente deve essere titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare su cui vengono eseguiti i lavori, il che taglia fuori tutti i soggetti che, ordinariamente, sono ammessi ai bonus pur in assenza di tale condizione (locatari, comodatari, familiari conviventi). Ma non basta, perché l’unità immobiliare deve anche essere «adibita ad abitazione principale», per cui niente seconde case.

Tuttavia, né la norma né la relazione accompagnatoria spiegano quando questa destinazione assume rilevanza: prima dei lavori? Al termine di essi? In entrambi i momenti? Riteniamo che non possa essere richiesta una continuità integrale, poiché ciò escluderebbe tutti quegli interventi di demolizione con ricostruzione (o, comunque, con ristrutturazione pesante) che costringono il proprietario a cambiare temporaneamente residenza. Se assumerà rilevanza la situazione al termine dell’intervento, sarebbe opportuno chiarire sin da subito per quanto tempo il requisito della destinazione debba essere rispettato.

Compare, per la prima volta, anche il requisito reddituale, che nella maggior parte dei casi farà sì che, da un lato, chi ha le disponibilità economiche per l’intervento non ne abbia la legittimità e, dall’altro, chi potrebbe per legge fruirne, preferirà non imbarcarsi in questa avventura. Viene richiesto un reddito di riferimento (che la relazione ed il comma 8-bis1 dell’articolo 119 collocano temporalmente nell’anno precedente all’intervento, e quindi nel 2022) non superiore a 15mila euro, determinato ricorrendo al nuovo “quoziente familiare”, ossia sulla base del comma 8-bis1 e della tabella allegata. La stessa Relazione chiarisce che:

1 si tratta di reddito complessivo familiare;

2 la presenza nel nucleo familiare del coniuge (o del soggetto legato al contribuente da unione civile o del convivente) incide sul numero di “parti”, da inserire al denominatore del rapporto, a prescindere dalla circostanza che il medesimo, nel 2022, sia stato o meno a carico fiscale del contribuente che beneficia dell’agevolazione (anzi, potrebbe essere il contribuente a carico del coniuge);

3 analogamente, si tiene conto dei familiari a carico presenti nel nucleo familiare del contribuente che sostiene la spesa a prescindere dalla circostanza che, nell’anno precedente quello di sostenimento, siano stati a carico di quest’ultimo o del coniuge o di entrambi;

4 ai fini della determinazione del reddito di riferimento si tiene conto anche dei figli di età inferiore a 21 anni per i quali, nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa, ricorrevano i requisiti reddituali di cui al comma 2 dell’articolo 12 Tuir, ma non hanno dato luogo alla detrazione fiscale per carichi di famiglia per l’avvio dell’assegno unico. A questi fini, quindi, essi sono considerati al pari dei figli per i quali è spettata detta detrazione.

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