Imprese

L'industria della ceramica frena, inflazione e superbonus gelano i conti di fine anno

Stime Prometeia: nel 2022 produzione stabile ( +0,7%), ma si riducono i margini

di Giovanna Mancini

Guardi, sul 2023 fare previsioni è difficilissimo. Io stesso, nella mia azienda, non ho ancora chiuso il budget: non è più come fino al 2019, quando potevamo fare delle proiezioni attendibili, sulla base dei pregressi e degli andamenti storici. Oggi le incertezze sono troppe e le cose cambiano da un momento all’altro». Giovanni Savorani, presidente di Confindustria Ceramica, ha appena finito di commentare i dati emersi nell’ultimo Osservatorio previsionale per l’industria delle piastrelle in ceramica, realizzato da Prometeia e relativo al 2022. Dati che descrivono chiaramente un rallentamento del mercato nel corso dell’anno, a causa non tanto dell’inevitabile flessione dopo un 2021 da record, quanto di un contesto internazionale dominato dalle conseguenze ancora tangibili della pandemia (in Asia e in particolare in Cina) e della guerra tra Russia e Ucraina. A livello globale, i consumi di piastrelle si sono ridotti quest’anno del 3,1% in termini di volumi (15.539 milioni di metri quadrati complessivi), con significative differenze regionali: la domanda in Cina è crollata del 7,9%, nelle Americhe è rimasta stabile, mentre in Europa occidentale è cresciuta del 3,1%.

Tutto questo si è riflesso inevitabilmente sulla nostra industria nazionale (circa 140 imprese per 6,2 miliardi di euro di ricavi nel 2021, di cui 5,2 miliardi venduti all’estero), che sebbene abbia raggiunto risultati in linea o migliori dei principali competitor e su tutti i mercati, ha visto «la dinamica dei mercati appiattirsi progressivamente», spiega Savorani. Dopo una partenza sprint nel primo trimestre, con crescita a doppia cifra sul primo trimestre del 2021, il 2022 dovrebbe chiudersi secondo le stime di Prometeia con una sostanziale stabilità. Le vendite complessive dovrebbero attestarsi a circa 458 milioni di metri quadrati (+0,7% rispetto al 2021), con 364 milioni di mq diretti all’estero (+0,2%) e oltre 93 milioni assorbiti dal mercato domestico (+2,6%), ancora sostenuto dagli incentivi all’edilizia. «Cresce l’incidenza complessiva del nostro Paese – osserva Savorani – ed è un aspetto significativo, se si considera che venivamo da 15 anni di diminuzioni continue, sebbene certamente questi valori siano ancora un po’ forzati da misure come quella del Superbonus». Crescono anche le quote di alcuni mercati extra-comunitari, come l’area del Golfo e l’Estremo Oriente, mentre risultano le vendite verso l’Europa Occidentale, i Balcani e l’America Latina; in flessione invece l’Europa orientale e l’area Nafta.

Il quadro, sebbene di sostanziale tenuta, preoccupa gli imprenditori, perché di fatto nella seconda parte dell’anno gli effetti della guerra – in particolare il costo del gas che mette a dura prova la competitività internazionale di aziende fortemente energivore come quelle della ceramica – hanno annullato i risultati della prima metà. La crescita di inizio anno è andata progressivamente riducendosi, fino ad arrivare in territorio negativo nell’ultimo trimestre. «L’andamento sostenuto della domanda nella prima parte dell’anno ci consentirà di chiudere i bilanci con una crescita nei fatturati, ma non possiamo rallegrarci – dice ancora il presidente –. L’impressionante aumento nei costi di tutti i fattori produttivi mette a rischio la nostra competitività e ha determinato una riduzione dei margini delle imprese».

Il timore è che questo quadro possa peggiorare ulteriormente nel 2023. Molto dipenderà dall’evoluzione della guerra in Ucraina, ma anche dalle decisioni politiche del nostro governo, osserva Savorani. Il presidente mette l’accento sull’urgenza di dare attuazione a misure strutturali, come la proposta di destinare una quota crescente di metano nazionale a favore dei settori gasivori, come appunto la ceramica. Lo scorso anno la bolletta del gas è aumentata da 250 milioni di euro a circa un miliardo: «Quest’anno rischiamo di superare i 2 miliardi di euro», afferma il presidente. Alcune aziende hanno deciso di prolungare la pausa natalizia fino al 15 gennaio, in modo da ridurre la produzione nel periodo più freddo dell’anno ed evitare al tempo stesso di ricorrere alla cassa integrazione, usando invece le ferie. «È anche una scelta etica – osserva Savorani – per lasciare una maggiore quantità di gas alle abitazioni ora che la domanda non è particolarmente forte, nella speranza che nel corso del 2023 ci siano una ripresa del mercato e una stabilizzazione degli effetti energetici».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©