Il CommentoPersonale

L'Ocse all'Italia: Recovery impossibile senza riforma della Pa

A livello globale attenzione alla forte crescita delle diseguaglianze

di Gianluca Di Donfrancesco e Gianni Trovati

Il Recovery Plan è la leva per far invertire la rotta a un’Italia che la stagnazione ventennale prima e la crisi del Covid poi hanno impoverito (-26% di reddito pro capite rispetto ai Paesi più sviluppati), imballato (-17% di produttività) e lacerato in crescenti disuguaglianze territoriali, anagrafiche e di genere. Ma la leva rischia di restare bloccata senza una riforma della Pubblica amministrazione incisiva, in grado di raddrizzare un federalismo disordinato che complica le procedure, confonde le responsabilità e moltiplica i costi per gli investitori.

Nel suo Going for Growth 2021, presentato ieri, l’Ocse entra nel cuore dell’agenda del governo Draghi, che nelle prossime due settimane presenterà il Recovery Plan finale e i decreti su governance e semplificazioni chiamati a costruire le condizioni per attuarlo. Sul piano generale, il rapporto mette in guardia dall’aumento delle diseguaglianze globali, sottolinea i costi della corsa ai “paradisi fiscali” e la necessità di alzare il prezzo delle emissioni inquinanti.

Riformare la Pa

Ma è la riforma della Pa il centro del capitolo italiano del rapporto, che per il resto conferma la promozione del reddito di cittadinanza, l’esigenza di riordinare le spese fiscali e l’opportunità di reintrodurre una tassazione sulla prima casa (sul punto le istituzioni internazionali sono un coro).

Migliorare l’efficienza della Pa, argomenta l’Ocse, serve sia a «rafforzare l’impatto delle riforme» sia a «potenziare la risposta del settore privato alle misure di rilancio». Per non fermarsi ai princìpi, il rapporto dettaglia gli obiettivi: una tempistica prefissata per le procedure amministrative, un ordine di priorità burocratica fondato sui costi per cittadini e imprese, e una geografia chiara di regole e responsabilità fra i livelli di governo. D’accordo il ministro della Pa Brunetta: «Non ci sono più alibi», dice.

La crisi globale

«La pandemia è un doloroso promemoria del fatto che il nostro modello di crescita era spesso insostenibile e ha lasciato molte persone indietro», ha affermato il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurría, nella conferenza stampa di presentazione del report, insieme al ministro dell’Economia, Daniele Franco (l’Italia è presidente di turno del G20).

La crisi economica e sociale innescata dal Covid-19 è stata esacerbata e resa più costosa da difficoltà che si trascinano da tempo, a cominciare dalla bassa crescita della produttività. La pandemia ha messo a nudo le fragilità strutturali dei sistemi sanitari, impreparati ad affrontare l’emergenza dopo anni di risparmi, e i buchi nelle reti di assistenza sociale, che hanno esposto molti al rischio povertà.

L’Ocse sottolinea la necessità di orientare gli investimenti per la ripresa verso modelli economici più sostenibili. Il calo delle emissioni di anidride carbonica, causato dal blocco delle attività economiche e sociali e dalla recessione, «ha avuto vita breve». A dicembre 2020, le emissioni erano già del 2% più alte rispetto a dicembre 2019. Gurría ha affermato che c’è bisogno di «una grossa tassa sulle emissioni di anidride carbonica» per frenarle, spiegando che le quotazioni attuali sono troppo basse.

L’Ocse ha poi rinnovato l’invito a raggiungere un accordo sulla tassazione internazionale delle aziende, per contenere pratiche di erosione degli imponibili e di «spostamento dei profitti» che costano agli Stati «tra 100 e 240 miliardi di dollari di entrate perse all’anno, pari al 4-10% del gettito mondiale derivante dalle imposte sugli utili d’impresa». Il negoziato sulla tassazione delle multinazionali è stato rilanciato all’interno del G20 dagli Stati Uniti, con la proposta di una minimum tax globale.