Amministratori

Primo via libera ai dati pubblici sulle concessioni

Voto contrario della Lega ma il decreto sulle gare per le spiagge non c’è ancora

di Carmine Fotina

Il governo, con il via libera preliminare in consiglio dei ministri, ha avviato l’iter di due decreti delegati previsti dalla legge per la concorrenza, anticipati su NT+ Enti locali & edilizia del 16 settembre. Si parte con la riforma dei servizi pubblici locali e con la mappatura delle concessioni pubbliche, ma saranno le commissioni del prossimo Parlamento, dopo il voto, a dare il parere sui provvedimenti prima che tornino in Cdm (con il nuovo governo) per l’approvazione definitiva.

Un punto, sulla questione dei balneari, va però chiarito subito. Il decreto legislativo non contiene una mappa delle concessioni ma delinea solo i criteri con cui andranno raccolte le informazioni e i principali contenuti di una mappatura che varrà per tutti i beni pubblici (e non solo le spiagge) ed è tutta ancora da costruire. Il voto contrario espresso in consiglio dei ministri dai ministri leghisti Massimo Garavaglia (Turismo), Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico, presente solo in videocollegamento) ed Erika Stefani (Disabilità), che hanno contestato il «metodo» chiedendo un rinvio al prossimo governo, appare dunque soprattutto un messaggio simbolico per mostrare ai titolari delle concessioni balneari, in piena campagna elettorale, da che parte sta il Carroccio. Ma il vero decreto legislativo che può modificare le sorti del settore è un altro, anch’esso discende da una delega al governo contenuta nella legge concorrenza ma riguarda i criteri con cui costruire le nuove gare e definire gli indennizzi per i concessionari uscenti. Provvedimento che scivola ormai verso il prossimo governo anche se in conferenza stampa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, ha detto che «nei prossimi giorni decideremo la tempistica degli altri decreti attuativi».

Dunque, ricapitolando: in Cdm è giunto per il primo esame solo il Dlgs per creare «un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici», allo scopo di promuovere la massima pubblicità e trasparenza. Forse sarebbe bastato negli anni scorsi far funzionare davvero, e bene, quanto già previsto. Il progetto Patrimonio della Pa, definito in un decreto del ministero dell’Economia (Mef) che risale addirittura al 2010, già prevede l’obbligo di comunicazione annuale al Dipartimento del Tesoro, da parte delle Pa, dei dati relativi ai beni dati in concessione. I tentativi fatti in via amministrativa dal Mef, ha detto ieri Garofoli, hanno però trovato «ostacoli legislativi» insormontabili. Non solo. Per le concessioni balneari esiste già - dal 1993 - uno specifico portale istituzionale, il Sid (Sistema informativo demanio- Portale del mare) gestito dal ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibili che proprio pochi giorni fa ha ri-pubblicato sul sito una nota che spiega come funziona lo strumento.

Per quanto riguarda il decreto legislativo in arrivo emerge come novità soprattutto l’intenzione di rendere poi pubblici i dati che saranno inoltrati dalle Pa proprietarie o titolari della gestione dei beni, riportandoli sul sito del Mef, sebbene in forma aggregata e con l’eccezione di beni destinati alla difesa nazionale e nei casi in cui ricorrano esigenze di sicurezza pubblica. Informazioni che andranno dalla modalità e durata della concessione e i rinnovi all’entità del canone concessorio. La Corte dei conti, in un rapporto sulle concessioni balneari pubblicato alla fine del 2021 con un titolo eloquente - “Gestione da entrate da canoni marittimi non efficiente” - segnalava, come media del periodo 2016-2020, che i proventi dei beni del demanio marittimo realmente riscossi non raggiungevano nemmeno 98 milioni.

Più articolato il Dlgs con il quale il governo intende esercitare la delega per la riforma dei servizi pubblici locali (si veda Il Sole-24 Ore di ieri). Nel corso della revisione annuale delle partecipazioni, gli enti dovranno giustificare il mantenimento dell’affidamento del servizio a società in house, anche in relazione ai risultati conseguiti nella gestione. «Il contratto di servizio - dispone il decreto - è stipulato decorsi 60 giorni dall’avvenuta pubblicazione della deliberazione di affidamento alla società in house sul sito dell’Osservatorio per i servizi pubblici locali».

Vengono poi fissati rigidi criteri di inconferibilità degli incarichi professionali, di amministrazione o di controllo nelle società di gestione ai componenti di organi di indirizzo politici dell’ente locale. Un successivo decreto del Mef definirà gli incentivi per favorire aggregazioni degli ambiti di servizio, preferibilmente su scala regionale. Nasce in pratica un testo unico, al quale il governo aveva iniziato a lavorare già prima dell’approvazione parlamentare della legge delega con una commissione di esperti nominata dal segretario generale di Palazzo Chigi Roberto Chieppa.

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