Il CommentoAmministratori

Comuni e Città metropolitane, urge tornare a un contesto di ordinarietà gestoria

di Ettore Jorio

La Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 11/2022 sulla relazione 2019-2021, ha fotografato l'ancora preoccupante situazione finanziaria in cui versa il sistema degli enti locali. Ciononostante, un miglioramento dovuto alle sovvenzioni statali per affrontare la pandemia, che ne hanno anestetizzato i soliti "dolori" di cassa. Il giudice contabile ha sollecitato un ineludibile intervento riparatore, da effettuarsi in contemporaneità con l'attuazione del Pnrr, pena il suo flop, sia delle condizioni ordinarie di cassa che sul piano organizzativo, senza il quale tanti comuni diverranno soggetti (in)attuatori degli investimenti programmati. Non solo. Ha prescritto un più approfondito esame da parte dei futuri decisori nazionali delle condizioni dei bilanci degli enti locali di tre importanti regioni del Sud - la Campania, la Sicilia e la Calabria che rappresentano circa il 19% della popolazione nazionale - con conseguente puntuale e costante monitoraggio dell'andamento dei conti.

Le attuali condizioni, se non risolte, genereranno fallimenti seriali nella Pa locale e impediranno, di fatto, alla stessa di godere dei benefici del Recovery Fund. Ciò anche perché il sistema locale non possiede la «intellighenzia» tecnica giusta per sostenere efficientemente gli adempimenti relativi, anche in riferimento alle più imminenti scadenze e al godimento delle risorse per stati di avanzamento. Al riguardo, il sistema di reclutamento dei cosiddetti esperti è stata una cura peggiore della malattia.

Andando per ordine, è tutto (o quasi) il sistema autonomistico locale a trovarsi in uno stato ordinario di sovraffaticamento finanziario e di inadeguatezza strutturale per affrontare la scalata ai quattrini del Pnrr, peraltro rivendicati a fronte peraltro di programmi non propriamente produttivi del cambiamento.

Tutto questo mette in dubbio la loro capacità a esprimersi al massimo nel loro ruolo di soggetto attuatore. Ciò nonostante le deroghe favorevoli anche per gli enti locali in default e predissestati per colmare i bisogni di assunzioni di personale. Non solo. Per quanto riguarda la gestione in conto capitale, quelle riguardanti la concessione d'iscrivere in bilancio i finanziamenti statali ed europei, anche in esercizio provvisorio o nella gestione provvisoria, e di accertare le entrate da risorse Pnrr e Pnc sulla base relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali della delibera di riparto. Ciò senza attendere l'impegno dell'amministrazione erogante (Dl 77/2021, articolo 5).

E ancora, altre deroghe: in tema di affidamento ed elaborazione della progettazione, ma soprattutto in relazione all'ottenimento, nella qualità, di anticipazione di cassa dal Mef (Dl 77/2021, articolo 15, comma 4-bis) e di utilizzazione delle quote vincolate non impegnate, confluite in avanzo di amministrazione, anche per gli enti in disavanzo (Dl 77/2021, articolo 15, comma 3).

A ben vedere, tante le potestas straordinarie attribuite ma, purtroppo, a fronte di una organizzazione impropria che non consente di sfruttarle al meglio.

Prescindendo dalle difficoltà del sistema autonomistico locale che metteranno a rischio il buon andamento delle procedure del Pnrr, sarà compito del prossimo Governo mettere mano, subito e radicalmente, alla difficoltà strutturale del sistema delle istituzioni locali. In un tale percorso necessiterà una riforma degna di questo nome che faccia cessare il ruolo di soccorso emergenziale esercitato da decenni dello Stato sugli enti locali, trasformatosi in bancomat «per non lasciare morire». Per farla occorrerà , in primis, cancellare dall'ordinamento l'esistenza delle Province, rappresentative di una inutile zavorra istituzionale.

In proposito, nessuna esitazione, anche per dare le necessarie certezze al buon esito del Pnrr, cui la anzidetta riforma è strettamente funzionale, anche per assicurare il personale che dia vita alle strutture finanziate dall'Europa solo nella parte in conto capitale.

Insomma, urge un ritorno a un contesto di ordinarietà gestoria dei Comuni e Città metropolitane che divenga finalmente garante dell'offerta primaria dei servizi alle rispettive comunità.

La Corte dei conti, com'è suo solito istituzionale, affronta con la dovuta crudezza costruttiva la realtà locale delle tre regioni più inguaiate, già componenti lo zoccolo duro del Regno delle due Sicilie. Lo fa perché ne rileva uno stato di compromissione totale, determinato da un'inimmaginabile presenza di enti locali in asfissia causati da disavanzi di amministrazione da paura. Ne rileva, al 2021 (con peggioramento ad oggi) centinaia dissestati più volte e con procedure di riequilibrio pluriennali in naturale incremento (predissesti), molte delle quali vissute in condizioni di malattia terminale.