Urbanistica

Roma, no del Tar a motivazioni generiche per bocciare la gelateria in zona tutelata

Per i giudici le ragioni di una decisione dell'amministrazione devono essere palesate e esaustive

di Davide Madeddu

Le ragioni di una decisione dell'amministrazione pubblica devono essere palesate ed esaustive. E non ci si può limitare a enunciazioni generiche. È una delle motivazioni con cui la Sezione seconda ter del Tar del Lazio, con la sentenza numero 7372/2022 ha accolto il ricorso della titolare di un negozio di alimentari contro la decisione di Roma Capitale che aveva respinto la richiesta di concessione in deroga per aprire una gelateria artigianale di vicinato.

La vicenda ha origine quando l'esercente di un'attività di somministrazione alimenti e bevande, produzione e vendita di gelato artigianale e commercio al dettaglio di generi alimentari, presenta la Scia per l'apertura di un laboratorio artigianale gelateria e apertura di esercizio di vicinato. Poco meno di due mesi dopo (è giugno 2014), Roma Capitale notifica un provvedimento di inefficacia delle Scia in quanto la strada dove sorge l'attività «rientra tra le vie e piazze "tutelate" (come da Delibera del consiglio Comunale n. 36/2006, poi n. 35/2010), nelle quali è possibile svolgere solo attività tutelate, tra le quali non rientra il laboratorio artigiano di gelateria».

Non solo, «la stessa amministrazione, nel provvedimento di inefficacia, specifica che per il caso in cui si intenda esercitare la vendita artigianale di un prodotto certificato e non omologabile a quello commerciale, con elementi qualificanti, si può ricorrere alla deroga ex DCC 86/2009, inoltrando apposita domanda alla Commissione istituita presso il Dipartimento Attività Economiche e Produttive». Nel 2015 c'è una sentenza del Tar del Lazio che conferma il provvedimento «indicando, in sostanza, la necessità di presentare un'istanza di autorizzazione "in deroga"». Nel maggio 2015 c'è la presentazione dell'istanza e l'avvio del procedimento con la trasmissione degli atti alla Commissione competente. Per l'amministrazione, che respinge l'istanza l'istanza di autorizzazione sono ritenuti «non sussistenti gli elevati standard qualitativi necessari per la deroga».

Quindi ricorso al Tar denunciando, tra le altre cose, «la violazione del principio di libertà di iniziativa economica e di stabilimento», «difetto di istruttoria, carenza di motivazione ed eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti». Per la ricorrente, come sottolineano i magistrati «la Commissione non ha fissato alcun criterio prima dell'esame dell'istanza (avendo per contro fissato dei criteri soltanto una volta che l'istanza era stata presentata e persino integrata) e che ha dunque proceduto sulla base di valutazioni vaghe e generiche che, per quanto connotate da discrezionalità tecnica, non possono sfociare in valutazioni illogiche e contraddittorie, prive peraltro di attinenza alla fattispecie concreta». Non solo. «La ricorrente ha altresì denunciato che l'Amministrazione capitolina non ha prospettato eventuali soluzioni alternative o prescrizioni specifiche che permettessero di avviare l'attività, che non ha esaminato le integrazioni presentate e che ha dato illegittimamente rilievo alla circostanza che l'attività fosse già in essere».

Per i giudici, secondo i quali il «ricorso è fondato e merita accoglimento» è «evidente che la ricorrente avrebbe dovuto essere edotta (se non prima, quantomeno) nel corso del procedimento dei criteri così stabiliti dalla Commissione ai fini della valutazione». Perché «soltanto in questa maniera, infatti, l'istante per l'autorizzazione in deroga avrebbe potuto effettivamente godere delle garanzie partecipative previste dalla legge». I giudici sottolineano poi che «per quanto non sia naturalmente possibile definire uno schema rigido, fisso ed immutabile di corredo motivazionale, atteso che la profondità dell'impianto varia in ragione del variare degli effetti dell'atto, dei suoi destinatari, dell'incidenza dell'interesse pubblico perseguito sugli interessi privati et similia, è sempre invece necessario che siano palesate le ragioni giustificatrici della decisione racchiusa nel provvedimento impugnato, non potendo la motivazione esaurirsi in mere enunciazioni generiche». Ricorso accolto, spese a carico del soccombente.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©