Imprese

Fondo salva opere, le controversie dei concordatari di Astaldi spettano al giudice ordinario

Il Consiglio di Stato conferma la linea del Tar sui contenziosi promossi da chi ha ricevuto la «doppia soddisfazione» (Sfp ed erogazioni del Mims, poi chieste indietro)

di Massimo Frontera

Le imprese concordatarie di Astaldi che hanno ricevuto una «doppia soddisfazione» dei loro crediti - il primo attraverso gli strumenti finanziari di partecipazione (Sfp) disposti dal tribunale, e il secondo attraverso i ristori disposti dal ministero delle Infrastrutture, a valere sul cosiddetto Fondo salva opere - dovranno rivolgersi al giudice ordinario in caso di contestazioni o impugnazioni.

L'incompetenza della giustizia amministrativa per difetto di giurisdizione è stata definitivamente sancita dal Consiglio di Stato nelle recenti sentenze pubblicate oggi, 9 giugno, (Sezione Quinta, n.4711/2022 e n.4714/2022) con le quali vengono respinti gli appelli relativi ai contenziosi promossi da alcune aziende - tra imprese edili e società di factoring - creditrici di Astaldi, le quali si sono successivamente trovate nella situazione di ricevere una "doppia soddisfazione" dei loro crediti: gli sfp del Tribunale e le erogazioni del Mims. Proprio a causa della adesione al piano concordatario - sia pure in circostanze di cui le imprese contestano la scelta volontaria - il ministero ha chiesto la restituzione delle somme precedentemente erogate (la storia, a tratti paradossale, è stata raccontata in questo articolo). Ne è appunto scaturito un contenzioso che, in alcuni limitati casi, ha messo in discussione anche i decreti attuativi del Mims relativi al Fondo salva opere. Le prime sentenze del Tar hanno confermato la legittimità dei decreti Mims (con l'assegnazione delle risorse alle varie imprese) e hanno sancito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie.

Tale linea è stata appunto confermata in appello dal Consiglio di Stato con le sentenze pubblicate oggi. «Va ribadito - si legge in un passaggio di una delle pronunce gemelle di Palazzo Spada - che la revoca è motivata con riguardo al venire meno dei presupposti condizionanti il beneficio, sopravvenuti in una fase successiva alla concessione dello stesso, pertanto attiene alla ‘fase esecutiva' del rapporto tra finanziatore e finanziato: il loro addebito, perciò, non comporta una nuova discrezionale valutazione comparativa degli interessi pubblici implicati nel rapporto di erogazione del contributo e non si risolve nell'individuazione di un sopravvenuto interesse pubblico al ritiro della relativa ammissione".

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