Amministratori

Contro la crisi Covid solo il 47% dei sindaci ha peggiorato i saldi

Nel 57% degli enti i fondi extra garantiti dallo Stato hanno aumentato l’avanzo

di Emanuele Padovani

La pandemia è stata uno stress test per i Comuni. Nel corso del 2020 il Mef è intervenuto a più riprese con supporti straordinari che, come accaduto in altri Paesi, sono risultati più ampi rispetto alle perdite di gettito locale. Leggendo i rendiconti degli enti (campione pari all'83% dei Comuni italiani pesati per gli abitanti), risulta che nel 2020 le entrate tributarie sono calate di quasi 1,6 miliardi, le extra-tributarie si sono ridotte di circa 2,5 miliardi a fronte di un aumento dei trasferimenti di 6,6 miliardi. Agli enti è stata concesso di trasferire al 2021 la differenza positiva che, almeno in linea di principio, dovrebbe confluire nell’avanzo vincolato per far fronte a ulteriori necessità di copertura causate dalla pandemia.

Gli enti locali non hanno potuto utilizzare i trasferimenti straordinari, in particolare il “fondone”, per far fronte a politiche proprie di sgravi fiscali o di maggiori spese. Tuttavia la cronaca ha fornito diversi esempi in cui gli enti hanno messo a disposizione, in modo autonomo, i propri avanzi disponibili provenienti dagli anni passati per supportare le comunità locali durante il lockdown. Riduzione della Tari, sussidi alle imprese e ai privati, hanno costituito pratiche d’emergenza di alcuni enti locali interventisti. Per contro, molti amministratori hanno preferito un approccio più prudenziale, anche in considerazione della forte incertezza che ha caratterizzato il 2020. In diversi casi una politica più prudenziale ben si accompagnava con l’esigenza di rimettere in ordine i conti.

L’analisi del rendiconto 2020 rispetto al rendiconto 2019 consente di mappare quattro profili di Comuni. Il Comune attendista, ossia con avanzo d’amministrazione disponibile al termine del 2020 e crescente rispetto al 2019. È definito parsimonioso il Comune in disavanzo al termine del 2020, ma che ha migliorato la propria posizione nell’ultimo anno grazie a riduzioni di spese o aumento di entrate. Gli interventisti, quelli che hanno eroso il proprio avanzo d’amministrazione, si differenziano in due sotto-categorie: gli interventisti vulnerabili, che hanno chiuso l’esercizio 2020 con un disavanzo d’amministrazione disponibile, e quelli non vulnerabili, che hanno ulteriormente rinforzato il proprio saldo positivo.

L'analisi nazionale restituisce una rappresentazione in cui emerge la prevalenza di un atteggiamento attendista, con il 57% dei Comuni in questa categoria. A livello complessivo si è passati da un “disavanzo disponibile” di -601,4 milioni a un avanzo disponibile di 369,4 milioni, con un aumento medio ponderato (per il numero di abitanti) del 29,7%. I Comuni parsimoniosi sono concentrati al Centro-sud e al Nord-Ovest, mentre gli interventisti sono ben distribuiti, salvo che i vulnerabili sono generalmente al Centro-Sud e in alcune zone del Nord-Ovest. I Comuni più grandi sono stati meno interventisti e più parsimoniosi e la quota di enti che hanno peggiorato lo squilibrio nel 2020 si è attestata su un 2-3%.

L’analisi degli avanzi disponibili pro capite al termine del 2020 fa intravedere divari enormi fra territori provinciali: si passa da +611 euro pro capite di Aosta al “disavanzo disponibile” di -570 euro pro capite di Rieti. Ciò dovrebbe fare riflettere non solo sulle difficoltà finanziarie di molti Comuni del Centro-Sud, ma anche sulle opportunità non colte negli enti in avanzo. Queste ultime non derivano certo dalle sole scelte del 2020, ma da una generalizzata difficoltà (o una mancanza di necessità?) a utilizzare le risorse che restano parcheggiate nei bilanci degli enti, specie al Nord.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©