Fisco e contabilità

Progetti deboli e ministeri lenti, da Corte dei conti allarme sul Pnrr

Nella relazione annuale del collegio del controllo concomitante il punto sugli inciampi nell’attuazione del Piano. Tra i nodi i ritardi nella selezione dei finanziamenti e i buchi del sistema Regis

di Manuela Perrone e Gianni Trovati

Una «generale inadeguatezza programmatoria» complica fin dai primi passi il cammino degli investimenti del Pnrr. Che poi inciampano su «ritardi nella selezione dei progetti da ammettere a finanziamento». Nella tappa successiva si manifesta inoltre la cronica «incapacità dell’amministrazione pubblica di impiegare le risorse stanziate». È ricca la lista degli ostacoli all’attuazione del Pnrr messi in fila dalla relazione annuale del collegio del controllo concomitante della Corte dei conti, che nella delibera 6/2023 condensa i risultati delle verifiche in corso d’opera sugli investimenti del Piano effettuati nell’ultimo anno.

La tempistica degli esami attivati dalla magistratura contabile è l’aspetto chiave di questa forma di controllo, che non agisce ex post con un meccanismo incompatibile con la fitta agenda del Piano, ma interviene in modo, appunto, «concomitante», per individuare in tempo reale errori e possibili contromisure. I problemi emergono lungo tutta la filiera degli interventi e mescolano, in misura quasi uguale, responsabilità centrali e locali.

La radiografia è a tutto campo e ha riguardato fin qui 38 interventi (32 Pnrr e 6 del Piano nazionale complementare) su un totale di 225 approvati dal governo, per un valore di 52,7 miliardi sui 222 complessivi.

La debolezza progettuale aggravata dalla «estrema eterogeneità» degli interventi e dalla «assenza di elementi sulla congruità del dimensionamento finanziario» ha coinvolto tutti, ministeri ed enti territoriali che hanno fatto la corsa a inserire i propri piani all’interno del calderone del Pnrr. I «ritardi nella selezione dei progetti da finanziare» sono invece soprattutto un problema delle amministrazioni centrali, titolari degli interventi del Piano, e spesso si sono rivelati tali da «comportare la necessità di una revisione del cronoprogramma».

Gli slittamenti sono intervenuti per esempio negli investimenti su edilizia scolastica e sport nelle scuole, ma anche in quelli per l’accessibilità di musei, biblioteche e archivi. E, sottolinea la Corte, le lentezze domestiche sono gravi perché erodono lo «spazio di tempo» per fronteggiare le eventuali criticità successive ed evitare il rischio di sforare le scadenze europee.

Nove le dimensioni esaminate: digitalizzazione Pa e innovazione, istruzione, ricerca, cultura, turismo, mobilità e logistica, transizione ecologica, lavoro e inclusione sociale, salute. Con un “baco” traversale che riguarda Regis, il cervellone elettronico chiamato a gestire la massa dei dati di ogni intervento del Piano. È «un potente strumento informativo, insieme gestionale e documentale», scrive la Corte, ma spesso fiaccato dalla «mancanza di documentazione fondamentale» o da un «disallineamento» tra le informazioni pubblicate dalle amministrazioni titolari e dai soggetti attuatori.

Questa e altre delle criticità rilevate dalla Corte dei conti sono al centro del decreto Pnrr, che ieri ha ottenuto il parere favorevole della conferenza Unificata. Un via libera sofferto, quello degli enti territoriali. Le Regioni, per esempio, per bocca del presidente della conferenza, Massimiliano Fedriga, «condividono l’idea che siano necessarie correzioni al Pnrr», ma chiedono «un ruolo di maggior rilievo» nella governance. Le Province sollecitano «il rafforzamento per la gestione, il monitoraggio e la rendicontazione degli interventi, che devono essere più collegati agli enti locali». Mentre i Comuni tornano a insistere sull’esigenza di un allargamento più deciso delle possibilità di assunzione.

Sul punto ieri, rispondendo al Question Time alla Camera, il ministro per il Pnrr, Raffaele Fitto, ha ricordato le regole del nuovo decreto che «contribuiranno a ridurre in modo tangibile queste problematicità» e ha assicurato sia la disponibilità del governo ad accogliere «emendamenti miglioramenti» al Dl sia «impegno e disponibilità» nel confronto con i Comuni alle prese con «una sfida che segnerà il futuro del Paese».

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