Direttiva immobili, senza bonus del 110% servono lavori per 630 anni
Stima dell'Ance. Brancaccio: Serve piano di lungo periodo con aiuti alle famiglie e una politica
Il raggiungimento dell'obiettivo posto dalla bozza di direttiva Ue sull'efficienza energetica degli immobili (Epbd) «presuppone uno sforzo epocale in termini di investimenti e di filiere produttive impiegate»: in un paper appena completato, l'Associazione nazionale dei costruttori stima che servirebbero una decina di anni nelle condizioni degli ultimi due anni (con Superbonus e cessione dei crediti) per raggiungere il primo livello di obiettivo posto dalle regole Ue ma ne servirebbero 630 se invece si tornasse alle condizioni e ai ritmi di riqualificazione energetica precedente al 110%. «Non stiamo chiedendo di ripristinare il Superbonus al 110% - dice la presidente Ance, Federica Brancaccio - perché capiamo bene che c'è una condizione di sostenibilità finanziaria per il bilancio dello Stato. Ma chiediamo una politica per la riqualificazione energetica del nostro patrimonio obsoleto e degradato.
Una politica che tenga insieme l'occasione che ci danno gli obiettivi della direttiva Ue, una politica industriale stabile per il settore e aiuti inevitabili alle famiglie italiane, magari più mirati, indirizzati alle famiglie povere o agli edifici delle periferie. Ma serve un piano nazionale strutturale che duri fino al 2030, al 2040, al 2050 ed eviti contraccolpi sui valori immobiliari. Il governo deve fare una riflessione seria e poi decidere». Intervenire sul 15% del patrimonio immobiliare più energivoro italiano - che è il primo obiettivo della Epdb - «significa mettere in moto tutta la filiera delle costruzioni, in continuità con lo sforzo operato nell'ambito del Superbonus 110%». «Anche considerando il solo comparto residenziale - dice il paper Ance - l'obiettivo della direttiva comporta il miglioramento della prestazione energetica di oltre 1,8 milioni di edifici in dieci anni, ovvero circa 180mila interventi ogni anno.
Se consideriamo anche i fabbricati con destinazione non residenziale con obbligo di riqualificazione, il numero degli interventi, ogni anno, sarà pari almeno a 215mila. Si tratta di un numero in linea con quanto realizzato in media negli ultimi due anni con gli incentivi del Superbonus 110%». L'investimento necessario è di 40 miliardi annui, che diventano quasi 59 miliardi se mettiamo anche il patrimonio immobiliare non residenziale.«Per capire la dimensione di tale sfida - prosegue il Rapporto - si ricorda che prima dell'esperienza del Superbonus e della cessione del credito gli interventi su interi edifici (che l'Europa ci impone di realizzare) ammontavano a numeri insignificanti (2.900 medi annui tra il 2018 e il 2020). Con gli incentivi del 110%,che hanno visto un successo senza precedenti nella domanda da parte delle famiglie, sono stati realizzati poco meno di 100mila interventi nel 2021 e 260mila nel 2022». Per essere in linea con le previsioni della direttiva, bisogna tenere questo ritmo.
Lo scenario pre-Superbonus significherebbe, invece, non arrivare mai a raggiungere gli obiettivi, uno scenario che l'Italia non può permettersi.«Con i ritmi pre-Superbonus - dice l'Ance - la decarbonizzazione del patrimonio edilizio, fissata per il 2050, sarebbe completata in un orizzonte di 3.800 anni. Alla luce della bozza di direttiva, il primo step, fissato sul 15% degli edifici, non sarebbe raggiungibile prima di 630 anni». Serve un piano nazionale, ma serve anche un piano europeo per sostenere una simile mole di investimenti. Serve una filiera europea del valore, in termini di capacità produttiva e di forza lavoro impiegata e serve un programma che «non può che essere sostenuto da politiche di investimento comunitarie in grado di garantire risorse per gli investimenti richiesti, sotto forma di trasferimenti e prestiti per le famiglie sottoposte agli obblighi di riqualificazione». Di contro, chiude l'Ance, «si avrebbe un vantaggio in termini di un deciso alleggerimento della dipendenza europea dall'importazione di fonti energetiche».