Appalti

Codice appalti verso la Gazzetta: ma servirà poco ai progetti Pnrr

La riforma conferma la corsia preferenziale dei decreti di attuazione del Recovery per gli investimenti con fondi Ue. Ricadute in cantiere soprattutto con revisione prezzi e varianti

di Mauro Salerno

Il codice appalti veleggia verso la Gazzetta Ufficiale, dove potrebbe fare capolino già nel sommario di oggi. Terminato il lavoro di limatura, il testo, approvato in via definitiva dal governo martedì 28 marzo, è destinato in queste ore alla pubblicazione, visto che l’entrata in vigore è scadenzata per il primo aprile, in modo da rispettare il cronoprogramma del Pnrr (qui anche i 38 allegati).

Questo è uno dei pochi agganci che lega il nuovo codice alla maratona degli investimenti da concludere entro il 2026, su cui il sistema Paese comincia a evidenziare più di un affanno. Con la pubblicazione il codice chiude una prima parte del suo rapporto con il Pnrr, rispettando la data limite per la sua entrata in vigore. Un altro passaggio è previsto entro giugno, quando dovranno risultare operative « tutte le leggi, regolamenti e provvedimenti attuativi (anche di diritto privato) per la revisione del sistema degli appalti pubblici». Non è un caso che la data di concreta efficacia delle novità del nuovo codice sia fissata al primo luglio e che siano in corso interlocuzioni con Bruxelles, per un'eventuale proroga.

Resta il fatto che nonostante la "vulgata" voglia che la riforma del codice sia stata disegnata soprattutto per accelerare gli investimenti del Pnrr, questo sia vero solo in parte. Perché in realtà i due binari, quelli degli investimenti ordinari e quelli delle opere finanziate da Pnrr, dal Pnc e dai fondi strutturali europei continueranno a viaggiare in parte in parallelo e in parte su binari sovrapposti, come hanno fatto negli ultimi due anni.

A stabilirlo è lo stesso codice appalti appena varato dal governo, quando in una delle norme finali (articolo 225, comma 8) precisa che anche dopo il primo luglio 2023 a guidare le procedure di affidamento e i contratti (anche suddivisi in lotti), finanziati dal Recovery (incluse le infrastrutture di supporto interconnesse pure se non finanziate con fondi Ue) saranno le norme speciali del Dl 77/2021 (Dl semplificazioni-bis) del Dl 13/2023 (Dl Pnrr-3) in fase di conversione al Senato. Una corsia preferenziale che viene lasciata aperta anche per il futuro visto che la deroga si spinge a includere «le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi» stabiliti dal Pnrr, dal Pnc e dal Piano nazionale per l'energia e il clima.

I punti di contatto ovviamente non mancheranno. E pur muovendosi in un complicatissimo dedalo normativo, si può azzardare una sintesi dicendo che sulle procedure a monte (pareri e autorizzazioni pre-gara con la corsia-superveloce da ultimo allargata a tutte le opere del Mit) continueranno ad applicarsi le norme e gli organi speciali dei decreti Pnrr. Sulle procedure di affidamento, sia sotto che soprasoglia cambierà poco o nulla (a meno di uno sprint sulla digitalizzazione) perché il nuovo codice, rendendo strutturali le deroghe varate tra 2020 e 2021 (Dl 76 e Dl 77, oltre che l'ultimo Dl 13), si muove in sostanziale continuità con quanto accaduto negli ultimi due anni. Qualche effetto più sostanziale riguarderà la fase esecutiva dei progetti che verranno appaltati dal primo luglio in poi, perché lì affiorano aspetti non regolamentati dai decreti di attuazione del Pnrr e di impatto sui cantieri. Su tutti le nuove norme su revisione prezzi e varianti. Mentre su altri aspetti, pure notevoli, come appalti integrati e composizione dei conflitti in cantiere tramite collegio consultivo tecnico, attuale (decreti Pnrr) e nuovo regime (riforma appalti) sono più o meno sovrapponibili.

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