Imprese

Cimolai sul filo del default a causa dei derivati

Le banche non hanno ancora dichiarato il «mancato pagamento»

di Morya Longo

(Foto dal sito cimolai.com: il viadotto ferroviario a Tlemcen, Algeria)
Il futuro di Cimolai, società sana con un portafoglio ordini da 800 milioni ma messa in crisi da un uso disinvolto e malato dei derivati valutari, è appeso a un filo. Un filo che le oltre 20 banche che hanno stipulato i derivati con il gruppo di Pordenone possono spezzare da un momento all'altro: dato che - a quanto risulta al Sole 24 Ore - Cimolai non sta più onorando le richieste di reintegrare le garanzie sui derivati (i cosiddetti "margin call"), le banche possono da un momento all'altro dichiarare il «failure to pay» (cioè il mancato pagamento) e/o la «early termination» (cioè la chiusura anticipata dei contratti). In entrambi i casi il gruppo Cimolai finirebbe di fatto in default. E i problemi di questa storica azienda attiva nel settore delle grandi opere, sana dal punto di vista industriale ma malata da quello finanziario, aumenterebbero. Per ora - a quanto si apprende - nessuna banca sembra però aver tirato la corda. Gli istituti stanno valutando il da farsi. Così il gruppo resta in un limbo. In attesa degli eventi.

Lavorando senza un minuto di pausa con l'advisor Lazard per predisporre la manovra finanziaria che si renderà necessaria. Le prossime mosse sono però abbastanza prevedibili. Qualora le banche decidessero di dichiarare il mancato pagamento, al gruppo di Pordenone resterebbe la strada della cosiddetta «Domanda preventiva»: di fatto potrebbe chiedere al Tribunale una protezione dai creditori, prendendo tempo e congelando la situazione debitoria sui derivati. Questo è probabile che accada, già nei prossimi giorni, dato che prima o poi le banche si esprimeranno. Successivamente si apriranno due strade: il gruppo potrebbe andare in Concordato in continuità, oppure potrebbe tentare con le banche la strada dell'accordo di riscadenziamento. Questo per tamponare la falla aperta coi derivati. Poi, con l'adisor Lazard, inizierà a lavorare per mettere a posto l'intera struttura finanziaria: a questo punto sarà necessario un aumento di capitale, che il gruppo vorrebbe sottoscritto non da fondi ma da qualche gruppo industriale internazionale con cui poi intavolare una partnership.

Questi sono ovviamente i desiderata. Saranno gli eventi delineare il destino del gruppo.Certo è che l'amaro in bocca nel quartier generale deve essere tanto. Cimolai è un gruppo sano dal punto di vista industriale. Un gruppo così è normale che utilizzi i derivati, che sono utilissimi strumenti finanziari per coprire i rischi in questo caso valutari. Il problema è che Cimolai (la colpa per ora è stata scaricata solo sull'ex direttore finanziario e sul capo della tesoreria) sembra non aver fatto i derivati in modo "sano", solo per coprire i rischi. Molti di questi contratti - secondo le indiscrezioni - sono invece stati fatti in maniera speculativa, probabilmente per coprire i buchi di derivati pregressi. Capita spesso che quando un soggetto si trova in difficoltà, cerchi di rinegoziare i derivati o di farne di nuovi: in questo modo solitamente riesce a tamponare i buchi nel breve, creandone di maggiori nel medio termine. Quando il dollaro ha iniziato a galoppare sull'euro, è saltato tutto: i derivati hanno iniziato ad andare in perdita e a Cimolai sono arrivate sempre più gravose richieste di reintegrare le garanzie. Fino a questi ultimi giorni, quando ha smesso di farlo.

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