Fisco e contabilità

Costi per incassare dalla Pa, nel risarcimento i pagamenti fuori scadenza

Rientrano nel calcolo anche quando la richiesta é inclusa in un’unica domanda

di Marina Castellaneta

Il risarcimento dei costi sostenuti dal creditore per ottenere il pagamento degli importi dovuti da una pubblica amministrazione va calcolato tenendo conto di ogni pagamento non effettuato alla scadenza prevista, anche quando la richiesta per gli importi dovuti sia inclusa in un’unica domanda presentata in via amministrativa o in sede giudiziale. Va poi esclusa una proroga automatica e stabilita in via generale che porti a uno spostamento del termine per i pagamenti nelle transazioni commerciali da 30 a 60 giorni. È la Corte di giustizia dell’Unione europea a stabilirlo con la sentenza nella causa C-585/20, che rafforza la tutela del creditore garantendo un risarcimento «il più completo possibile delle spese di recupero» sostenute.

Al centro della pronuncia, l’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 2011/7/Ue sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (recepita in Italia con Dlgs n. 192/2012), che prevede il diritto del creditore a ottenere non solo gli interessi di mora, ma anche un importo forfettario non inferiore a 40 euro. Nel caso arrivato a Lussemburgo, una società di recupero crediti, che aveva acquistato i crediti di 21 imprese fornitrici di merci e di servizi a centri medici gestiti dall’amministrazione sanitaria regionale, aveva presentato un ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo di Valladolid (Spagna) chiedendo la condanna dell’amministrazione al pagamento delle somme, maggiorate degli interessi di mora nonché dell’importo di risarcimento per le spese di recupero per ciascuna fattura non pagata, inclusi gli interessi legali. I giudici amministrativi, prima di decidere, hanno chiesto alla Corte di giustizia di chiarire se l’importo forfettario minimo di 40 euro previsto per il risarcimento per le spese di recupero debba essere versato per ciascuna fattura o per ciascuna domanda.

Scaduto il termine di pagamento nell’ambito di una transazione commerciale sia gli interessi legali sia l’importo forfettario sono automaticamente esigibili in tutti i casi in cui il creditore abbia adempiuto ai suoi obblighi legali e contrattuali. Spetta poi al creditore decidere se presentare una sola domanda per più fatture o più istanze, senza che questo possa incidere sulle condizioni di esigibilità dell’importo di 40 euro, proprio perché le modalità di recupero dei crediti insoluti sono irrilevanti. E poiché obiettivo della direttiva è disincentivare i ritardi e assicurare un risarcimento completo delle spese di recupero, l’importo per il risarcimento non può essere ridotto solo perché è presentata un’unica domanda per più crediti.

Per le scadenze di pagamento dei crediti, il termine di 30 giorni nella corresponsione del pagamento può decorrere, come previsto dalla direttiva, anche dalla data di accettazione o di verifica della conformità delle merci o dei servizi se ciò è previsto dal contratto o dalla legge, a patto che un diverso termine non sia «gravemente iniquo per il creditore». Solo per la natura particolare del contratto, in via eccezionale, il termine può essere spostato a 60 giorni.

La Corte sottolinea il carattere eccezionale della proroga anche tenendo conto del fatto che le pubbliche amministrazioni «godono di flussi di entrate più certi, prevedibili e continui rispetto alle imprese». Questo vuol dire che le pubbliche amministrazioni hanno possibilità di ottenere finanziamenti a condizioni migliori e dipendono meno delle imprese dall’instaurazione di relazioni commerciali stabili. È dunque corretto limitare le ipotesi di spostamento da 30 a 60 giorni per non creare pregiudizio alla redditività e alla competitività delle imprese.

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