Urbanistica

Tlc, il Comune non può dettare limiti generalizzati alla collocazione degli impianti

Lo precisa il Consiglio di Stato precisando che agli enti locali spetta solo il corretto insediamento urbanistico e territoriale

di Giuseppe Cassano

La potestà regolamentare dei Comuni, per essere legittimamente esercitata, non deve dettare limiti generalizzati alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile, ma solo disciplinarne il corretto insediamento urbanistico e territoriale, con la possibilità di individuare alcuni siti che, per destinazione d'uso e qualità degli utenti, possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche.

È il principio stabilito dalla sentenza n. 2976/2022 con cui il Consiglio di Stato – coinvolto per la riforma della sentenza del Tar Umbria, n. 431/2020 – interviene in tema di realizzazione di un impianto di telecomunicazioni, precisando una serie di paletti in merito alla possibilità, per il Comune, di fissare limiti all'esposizione della popolazione all'elettromagnetismo.

Principio consolidato in tema di collocazione sul territorio degli impianti di telefonia mobile è quello secondo cui essa è consentita sull'intero territorio comunale; il che equivale a dire che l'introduzione di misure tipicamente proprie del governo del territorio (tra cui: distanze, altezze, localizzazioni, ecc.), per il tramite di un regolamento edilizio comunale, trova giustificazione solo se sia conforme al principio di ragionevolezza e alla natura delle competenze urbanistico-edilizie esercitate e sia sorretta da una sufficiente motivazione sulla base di risultanze acquisite attraverso un'istruttoria idonea a dimostrare la ragionevolezza della misura e la sua idoneità rispetto al fine perseguito (Cons. Stato, sez. VI, 14 febbraio 2022, n. 1050; Cons. Stato, sez. VI, 1 settembre 2021, n. 6140; T.a.r. Abruzzo, Pescara, sez. I, 3 aprile 2021, n. 197).

In altre parole, singole e specifiche destinazioni di zona (residenziale, verde, agricola, ecc.) non rivestono carattere ostativo rispetto ad impianti di interesse generale il cui presupposto è la realizzazione di una rete che dia uniforme copertura al territorio. D'altronde la localizzazione degli impianti nelle sole zone in cui ciò è espressamente consentito si porrebbe in contrasto proprio con l'esigenza di permettere la copertura del servizio sull'intero territorio (Tar. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 23 marzo 2021, n. 287).

Il legislatore, intervenendo in materia, ha ribadito il carattere di pubblica utilità di tali impianti (art. 90 D.Lgs. n. 259/2003), nonché l'assimilazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica alle opere di urbanizzazione primaria (Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 12 gennaio 2007, n. 16). Intervenuta sul tema, la Corte Costituzionale ha osservato che la scelta di inserire le infrastrutture di reti di comunicazione tra le opere di urbanizzazione primaria esprime un principio fondamentale della legislazione urbanistica, come tale di competenza dello Stato (Corte Cost., 27 luglio 2005, n. 336).

Gli approdi cui è pervenuta oggi la giurisprudenza sono nel senso che:

- è indispensabile una capillare distribuzione sul territorio delle reti di telecomunicazione (Cons. Stato, sez. III, 13 maggio 2014, n. 2455);
- tali reti sono, in linea di principio, compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica (Cons. Stato, sez. III, 15 gennaio 2014, n. 119);
- è fatto salvo il potere a contenuto pianificatorio dei Comuni di fissare, ai sensi dell'art. 8, ultimo comma, l n. 36/2001 (oggetto di modifica a mezzo del Dl n. 76/2020), criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale di tali impianti.

Con riferimento a tale ultimo punto, resta inteso che l'individuazione preventiva e a scopo cautelativo di un numero limitato di aree ritenute idonee all'installazione degli impianti di telecomunicazioni da parte del regolamento comunale non può tradursi di fatto in un divieto di carattere generale riguardante la maggior parte del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (Cons. Stato, sez. VI, 1 agosto 2017, n. 3853; Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 21 settembre 2018, n. 879).

Ad ogni modo la norma dell'art. 8 cit. deve essere oggi interpretata nel senso che la potestà regolamentare dei Comuni, per essere legittimamente esercitata, non deve dettare limiti generalizzati alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile, ma solo disciplinarne il corretto insediamento urbanistico-territoriale, con la possibilità di individuare alcuni siti che, per destinazione d'uso e qualità degli utenti, possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche.

Il Comune non può infatti prevedere limiti di carattere generale, volti a tutelare la popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici. Un regolamento comunale può validamente contenere (sempre in ordine alla collocazione degli impianti in parola nel territorio comunale) un sistema di regole poste a garanzia e tutela di zone particolari e beni di rilevanza paesaggistica, ambientale, storica, artistica; al contempo può perseguire la finalità della protezione dall'elettromagnetismo di zone cd. sensibili. La giurisprudenza ha così più volte stigmatizzato le iniziative dei comuni volte a sospendere tout court il rilascio di nuove autorizzazione alla installazione di stazioni radio base (Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 7 aprile 2010, n. 407).

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