Il CommentoAmministratori

Autonomia, ineludibile esigenza di una perequazione che funzioni

di Ettore Jorio

Tre recentissimi eventi fanno meglio sperare sugli esiti che avrà il Ddl Calderoli nei lavori parlamentari.

Il primo. Il richiamo alle ineludibili esigenze di perequazione fatto dalla premier Meloni nel suo esordio al question time alla Camera.

Il secondo. La conclusione della replica del capogruppo leghista nella quale lo stesso ha rappresentato la necessità di dovere tenere conto degli indici di deprivazione socio-economica nella determinazione dei fabbisogni standard da soddisfare per eliminare i disequilibri tra il Nord e il Sud del Paese (così come di quelli vissuti in alcune aree povere settentrionali).

Il terzo. La seppure parziale condivisione delle richieste dell'Anci da parte di Calderoli prima di portare il testo del suo Ddl nel Consiglio dei Ministri di ieri. Tra questi ultimi, il perfezionamento delle intese in base all'articolo 116, comma 3, della Costituzione condizionato «all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio» (si veda Nt+ Enti locali & edilizia del 14 marzo).

Di certo, l'anzidetta versione dell'atto pre-legislativo godrà degli effetti positivi della nutrizione degli emendamenti che perverranno in Parlamento soprattutto in tema di perequazione.

In proposito, fanno ben sperare a che l'ipotesi legislativa venga arricchita nel corso dell'iter parlamentare dell'elemento più importante a che il tutto possa funzionare: la perequazione. Un sostantivo che, proprio per essere l'argomento mancante, assume più rilievo critico nel percorso indicato dal Ddl Calderoli. Infatti, fatta eccezione nel titolo dell'articolo 9 dello stesso (Misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale), di perequazione nulla. E dire che il combinato disposto che si genererà - una volta divenuta legge quadro dello Stato - con le previsioni insite nella legge di bilancio per il 2023 (commi 791-802), relative alla definizione dei Lep e alla determinazione dei costi/fabbisogni standard, senza una perequazione che funzioni resterà tutto lettera morta in termini di esigibilità uniforme dei diritti civili e sociali.

Bene ha fatto il capogruppo Molinari a sollecitare, difatti, il Governo per una soluzione in tal senso.

La perequazione, lo si sa, è pretesa in tal senso dalla Costituzione. Ciò al fine di assicurare quel valore aggiunto economico alle Regioni e ai Comuni (rectius, enti locali), da sommare al loro gettito fiscale, qualora insufficiente, per garantire rispettivamente i Lep e le funzioni fondamentali municipali, di cui una da erogare mediante Lep (servizi assistenziali).

In relazione a questo meccanismo, nel dibattito a due Meloni/Molinari ha invero suonato male la sottolineatura sulla perequazione orizzontale, quasi come se fosse una delle due modalità solidaristiche sancite dalla Costituzione. Così non è.

Il riferimento era, ovviamente, al sistema incardinato nel 2011 con la costituzione del Fondo di solidarietà comunale alimentato dalle imposte "municipali", tale da rendere il sistema autonomistico locale indipendente dallo Stato. Con questo, si è venuta a generare una sorta di schizofrenia nella valutazione della categoria dello strumento perequativo, previsto nell'articolo 119, comma 4, della Costituzione, che ha determinato in questi dodici anni un grande equivoco nella finanza locale, quasi a svolgere la funzione di anestetico sui doveri legislativi sul tema del federalismo fiscale

Invero, il problema ha avuto origine dalla lettera non affatto esaustiva in materia della legge delega attuativa dell'anzidetto articolo 119. La legge 42/2009 non ha infatti categorizzato bene la natura del fondo perequativo ancorché fosse all'epoca esaurientemente chiaro che lo stesso dovesse essere esclusivamente verticale, nel senso che dovesse essere lo Stato a sussidiare gli enti infra-statali, sia in termini di esercizio corrente che straordinariamente. Ciò allo scopo di offrire le garanzie di corretto esercizio sia dei Lep che delle funzioni fondamentali degli enti locali, da esercitarsi attraverso vecchie e sopravvenute attività amministrative, determinanti i quantum necessari, venuti rispettivamente fuori dalla applicazione metodologica dei costi e dei fabbisogni standard (Lep) e dei fabbisogni standard secchi (Dlgs 216/2010).

Del resto, questa impostazione è stata materializzata dal legislatore delegato dalla legge 42/2009, che ha sancito in senso assolutamente verticale il funzionamento del fondo perequativo sia degli enti locali (Dlgs 23/2011) che delle Regioni a statuto ordinario (Dlgs 68/2011). Supporre il contrario si farebbe pertanto un torto alla "geometria" costituzionale.