Appalti

Per l'esclusione dalla gara rilevano anche le condanne del sindaco supplente della società concorrente

di Ilenia Filippetti

La stazione appaltante deve essere sempre certa che, ove si realizzi il passaggio da sindaco supplente a sindaco effettivo, la società concorrente possa sempre assicurare che tutti i propri organi siano immuni dalle cause di esclusione di cui all’articolo 80 del Codice dei contratti pubblici. È questo il principio affermato dal Tar Lazio, Roma, con la sentenza n. 8309 del 23 luglio 2018.

Il caso
La società V. impugna la propria esclusione, disposta da Consip, per la violazione della lex specialis relativa alla gara per la fornitura di veicoli per la tutela del territorio nella parte in cui, mediante il richiamo ai Comunicati del Presidente dell’Anac del 26 ottobre 2016 e dell’8 novembre 2017, la stazione appaltante vi aveva indicato anche i membri del Collegio sindacale tra i soggetti rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 80, comma 3, del Dlgs n. 50/2016.
L’esclusione si fondava, in particolare, sulla condanna a 1 anno e 6 mesi di reclusione riportata dal Sindaco supplente della Società per i reati di corruzione previsti dagli articoli 319 e 320 c.p. («corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio» e «corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio»), integranti l’assenza di requisiti di moralità stabiliti dall’articolo 80, comma 1, del Dlgs n. 50/2016.
Con la pronuncia in rassegna il Tar Lazio dichiara il ricorso privo di fondamento.

La decisione
La sentenza in rassegna rileva che la prima questione rilevante è quella relativa alla rilevanza o meno dell’assenza dei requisiti morali in capo ad un componente del Collegio sindacale di un concorrente ad una procedura di gara. Ai sensi della legge di gara, infatti, il concorrente avrebbe dovuto autodichiarare il possesso di tutti i requisiti di onorabilità richiesti dal bando  ed il relativo disciplinare precisava che la dichiarazione sull’assenza della causa di esclusione di cui all’articolo 80, comma 1, del Dlgs n. 50/2016 avrebbe dovuto essere resa dal legale rappresentante dai soggetti indicati nel Comunicato del Presidente dell’Anac del 26 ottobre 2016: con tale comunicato, l’Autorità anticorruzione ha infatti ricordato che nell’ordinamento italiano vi sono i seguenti sistemi di amministrazione e controllo delle società di capitali disciplinati dal codice civile, ovverosia: i) il sistema cosiddetto tradizionale di cui agli articoli 2380-bis e seguenti del codice civile, articolato su un Consiglio di amministrazione e su un Collegio sindacale; ii) il sistema cosiddetto dualistico di cui agli articoli 2409-octies e seguenti del codice civile, articolato sul Consiglio di gestione e Consiglio di sorveglianza; iii) il sistema cosiddetto monistico di cui all’articolo 2409-sexiesdecies, comma 1 del codice civile, articolato sul Consiglio di amministrazione e un Comitato per il controllo sulla gestione. L’Anac ha poi affermato che la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 80, comma 1, deve essere verificata: a) in capo ai membri del Consiglio di amministrazione con legale rappresentanza, nelle società con sistema di amministrazione tradizionale e monistico; b) in capo ai membri del Collegio sindacale, nelle società con sistema di amministrazione tradizionale; c) in capo ai membri del Comitato per il controllo sulla gestione, nelle società con sistema di amministrazione monistico; d) in capo ai membri del Consiglio di gestione e a quelli del Consiglio di sorveglianza, nelle società con sistema di amministrazione dualistico.
Nella fattispecie concreta, nell’attribuire rilievo alla condanna subita dal sindaco supplente della società ricorrente, la stazione appaltante aveva fatto diretta applicazione del predetto Comunicato del Presidente dell’Anac quanto all’individuazione degli organi rispetto ai quali la concorrente avrebbe dovuto rendere le dichiarazioni sulla sussistenza dei requisiti, compresi quindi i componenti del Collegio sindacale. La Società ricorrente (e per essa il soggetto munito dei relativi poteri), in sede di presentazione dell’offerta unitamente a tutta la documentazione a corredo, aveva reso la dichiarazione conformemente a quanto prescritto dal disciplinare, utilizzando il modello di Dgue allegato alla lex specialis di gara. In quel momento sussistevano, in capo alla ricorrente e a tutti i soggetti individuati nell’articolo 80 del Dlgs n. 50/2016, i requisiti di partecipazione previsti sempre dal menzionato articolo 80, e la violazione delle previsioni del disciplinare, assunta a presupposto dell’esclusione, si è concretizzata successivamente, ovverosia quando è divenuta irrevocabile la sentenza di condanna del richiamato Sindaco supplente. Tale irrevocabilità era stata comunicata da V. a Consip ed era pertanto assurta a presupposto dell’esclusione dalla gara.
La società ricorrente ha, tuttavia, censurato il contrasto con l’articolo 80 del Dlgs. n. 50/2016 e con l’articolo 57 della direttiva 2014/24/UE.
Nella pronuncia in rassegna viene evidenziato, per quanto concerne i soggetti ai quali fare riferimento nella dichiarazione da rendere, che l’articolo 80 del Dlgs n. 50/2016, dopo aver indicato, tra i motivi di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto o concessione la condanna con (…) sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale (…) per uno dei seguenti reati: delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli (…) 319 (…) 320 del codice penale (…)”, al comma 3, stabilisce: «l’esclusione di cui ai commi 1 e 2 va disposta se la sentenza o il decreto ovvero la misura interdittiva sono stati emessi nei confronti (…) dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio» (ossia diverso da società in nome collettivo e società in accomandita semplice).
Tale disposizione ricalca il dato letterale dell’articolo 57 della direttiva 24/2014/UE.
La pronuncia in esame rileva pertanto che l’esclusione disposta da Consip non si pone in contrasto né col principio di parità di trattamento né con l’obbligo di trasparenza né con i principi europei di libera concorrenza, in quanto il Collegio sindacale rientra tra gli organi di vigilanza i cui componenti devono essere immuni dalle cause ostative indicate ex lege, individuati dalla direttiva europea n. 24/2014/UE.

La figura del sindaco supplente
La ricorrente aveva anche eccepito che il soggetto colpito dalla condanna era non già un sindaco effettivo ma un sindaco supplente, che mai aveva esercitato i poteri all’interno della Società stessa.
Il Tar procede pertanto all’inquadramento della figura del Sindaco supplente, rilevando, in primo luogo, che l’articolo 2397 del codice civile individua la composizione del Collegio sindacale, prevedendo che «il collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci. Devono inoltre essere nominati due sindaci supplenti». La nomina del Collegio sindacale è unica, comprendendo sia i membri effettivi sia quelli supplenti. In altre parole, deve essere assicurata la presenza anche dei due sindaci supplenti, i quali immediatamente devono essere in grado, a loro volta, di svolgere le loro funzioni, in caso di subentro a quelli effettivi. Il subentro del sindaco supplente è automatico, ogni qualvolta si verifichi una delle cause nominative di cessazione dalla carica del sindaco effettivo previste nel menzionato articolo 2401 del codice civile. Mentre rispetto ai componenti effettivi del Collegio sindacale i due momenti dell’attribuzione della carica e del funzionamento coincidono, rispetto ai Sindaci supplenti si assiste ad una scissione, poiché in un primo momento viene loro conferita la titolarità del potere in astratto e, nell’ipotesi in cui si verifichi in concreto una delle cause contemplate all’articolo 2401 c.c., essi esercitano automaticamente anche la funzione propria dell’organo. Ciò che rileva ai fini del possesso dei requisiti morali è, quindi, non tanto lo svolgimento della funzione in concreto, che è mancante nella figura del sindaco supplente ed interviene automaticamente ove si verifichi una delle cause che faccia cessare uno dei sindaci effettivi, quanto piuttosto l’attribuzione della carica, ovverosia la titolarità del potere in astratto, che sussiste sin dalla nomina a sindaco supplente. La stazione appaltante deve quindi essere certa che, ove si realizzi l’evento che comporta il passaggio da Sindaco supplente a Sindaco effettivo, con conseguente automatico svolgimento delle funzioni connesse con la carica, la Società concorrente assicuri comunque che i propri organi siano immuni da cause di esclusione.

Le misure dissociative e le misure interne per prevenire i reati corruttivi.
La ricorrente eccepiva, da ultimo, che la stazione appaltante non avrebbe adeguatamente valutato: i) le misure dissociative che la stessa ricorrente aveva posto in essere; ii) le misure interne alla medesima società, atte a prevenire la commissione di reati corruttivi. In particolare, la ricorrente rileva che «i reati cui si riferisce la condanna del sindaco supplente sono stati commessi a favore di tutt’altro soggetto», e che, in ogni caso, lo stesso si sarebbe dimesso dalla carica di sindaco supplente ed infine che, non appena venuta a conoscenza della intervenuta sentenza di condanna, gli avrebbe contestato la responsabilità per la mancata segnalazione della sentenza, preannunciando azioni legali per il risarcimento dei danni che avrebbe subito.
Secondo il Tar Lazio, tuttavia, la dissociazione dalla condotta del sindaco è ammessa dal Codice dei contratti pubblici soltanto con riguardo ai soggetti cessati da ogni incarico nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando di gara, ma mai con riferimento a quelli in carica al momento di presentazione della domanda di partecipazione, con la conseguenza che, in quest'ultimo caso, non può attribuirsi rilevanza alla dedotta dissociazione della ricorrente dalla condotta del sindaco supplente.
La società V. invocava inoltre, al fine di far risultare illegittima la contestata sua esclusione dalla gara, la circostanza di aver adottato misure di self cleaning, mediante l’adozione del Codice etico, lamentando la mancata applicazione nei suoi riguardi dell’articolo 80, comma 7, del Dlgs n. 50/2016.
Le misure di self cleaning rappresentano una conseguenza di precedenti condotte illecite e, in quanto tali, rispondono alla finalità di mantenere l’operatore economico sul mercato, e non sono state quindi pensate per la diversa esigenza di sanare l’illiceità di condotte pregresse (sul punto si veda Tar Lazio, Roma, n. 2394/2018).
La valutazione circa l’idoneità di tali misure di self cleaning a prevenire ulteriori reati o illeciti è inoltre rimessa alla stazione appaltante.
Nella specie - sottolinea il Giudice amministrativo - le misure organizzative cui si fa riferimento nel ricorso sono invece preesistenti alla condanna del sindaco supplente e, per quanto concerne l’azione di responsabilità nei confronti di quest'ultimo, essa è stata proposta dalla società ricorrente solo dopo che ne era stata disposta l’esclusione dalla gara in esame, ragione per cui tale misura non poteva essere invocata a sostegno dell’illegittimità dell’estromissione dalla procedura.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 4178/2018

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